Come cambia il senso del lavoro: l’intervista a Paolo Iacci

Come cambia il senso del lavoro e il suo significato è il tema su cui abbiamo chiesto l’autorevole contributo di Paolo Iacci

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Volevamo infatti farci spiegare da lui, che di lavoro e soprattutto dell’evoluzione del suo senso si è sempre occupato, come è cambiato nel corso della storia il concetto ed il valore del lavoro nella società, ma soprattutto nella vita delle persone.

Un tema quanto mai attuale e drammatico che richiede  di essere trattato al di fuori delle facile retoriche e luoghi comuni da cui  è spesso circondato.

“Se abbiamo andiamo molto indietro nel tempo il lavoro, dice Iacci, inteso come lavoro fisico, è il lavoro degli schiavi. Il lavoro intellettuale è il lavoro degli uomini liberi.”

 

Il riscatto del senso del lavoro

Chi davvero riscatta per la prima volta il lavoro, a metà del 500 dopo Cristo, è San Benedetto. Con l’ora et labora il lavoro acquista la stessa dignità della preghiera, consentendo l’affermazione dell’uomo, ma anche la sua liberazione e riscatto. Da quel momento in poi il lavoro diventa strumento per elevare  l’uomo dal mero stato di schiavo, di strumento, a quello di individuo libero, in grado di scegliere. Un vero è proprio rivolgimento e salto di paradigma rispetto all’epoca precedente.

 

Il significato del lavoro dagli anni 50 ad oggi

Questa importante attribuzione di valore si conserva sino quasi ai giorni nostri.

Dagli anni 50 sino a qualche anno fa il lavoro è stato anche il mezzo di sostentamento, oltre che  momento di passaggio dall’adolescenza all’adultità, alla socialità pubblica.

Senza lavoro non c’è socialità.  Ed è proprio su questa coniugazione che è venuta meno, che si appuntano le riflessioni che riguardano i nostri giorni.

In primo luogo si è operata una ristrutturazione di significato negli anni in cui l’aspirazione verso l’elevazione nella scala sociale era una delle priorità.

Studiare diventa lo strumento di riscatto dalla fatica del lavoro manuale, da un passato di indigenza e sottomissione a chi già aveva studiato.

“Se non studi ti mando a lavorare” è una delle minacce ricorrenti con cui gli studenti meno solerti si sono sentiti spronare verso l’ottenimento dell’agognato diploma, più tardi della laurea.

 

Come cambia il senso del lavoro oggi

“Con l’età post moderna abbiamo operato una scissione tra lavoro e produzione di ricchezza” continua Iacci.

Se la ricchezza si produce tramite la speculazione, anche sul piano antropologico il lavoro  diventa nuovamente  quello degli schiavi. Il lavoro nobile, perché profittevole, diventa  l’ozio “speculativo”.

“Il lavoro torna all’era prebendettina.  I messaggi che noi riceviamo dai media vanno  in questo senso: i nuovi idoli dei giovani non lavorano e non studiano.”

Donnarumma, che diserta gli esami di maturità per andare in vacanza, variamente idolatrato o insultato, ma comunque al centro di un dibattito che ne ha esaltato e amplificato il comportamento: questa rischia di essere  la rappresentazione “gossippara” di ciò che sta avvenendo.

Se abbiamo ridotto la formazione in funzione del lavoro non vale la pena formarsi, i NEET ne sono la logica conseguenza.

 

Dalla libertà grazie al lavoro alla libertà dal lavoro

Quindi, in sintesi, come  cambia il senso del lavoro oggi, chiediamo a Paolo Iacci.

“Attraverso i secoli il mutamento del significato non è mai stato così repentino e antropologicamente così implicante come in questi ultimi anni.”

Alla stessa velocità con cui sta mutando la società, altrettanto sta succedendo al lavoro e soprattutto alla sua collocazione nell’arco esistenziale e strutturale dell’individuo.

La felicità cui l’uomo può aspirare non è più attraverso  il lavoro bensì  malgrado il lavoro, nonostante il lavoro….che non c’è e, spesso, neanche si cerca più.

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