Capitalismo Umanistico: l’uomo al centro. Il caso Cucinelli

Il restauro di un borgo, la creazione di una scuola, il recupero di un’area dismessa con la crezione di tre parchi, una scuola di arti e mestieri, un bonus cultura. Cosa hanno a che fare queste iniziative, e molte altre, con un brand del lusso con crescite a due zeri anche negli anni della crisi?

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Brunello Cucinelli è stato definito il fautore del capitalismo umanistico. Il modello di gestione delle “umane risorse”, come le nomina nel suo sito sono raccontate in questo articolo dove La storia personale e le iniziative con cui ha voluto dare concretezza e solidità alla sua visione sono presentate attraverso il racconto di come l’attenzione per la persona, la passione per la conoscenza e la cultura, l’amore per i mestieri artigiani, l’interesse verso la formazione delle giovani generazioni, abbiano creato un mix di bellezza e efficienza, che hanno portato questa azienda del lusso a grandi risultati e ad una notorietà ormai a livello mondiale, rimanendo di proprietà italiana.

Il restauro di un borgo, la creazione di una scuola, il recupero di un’area dismessa con la crezione di tre parchi, una scuola di arti e mestieri, un bonus cultura. Cosa hanno a che fare queste iniziative, e molte altre, con un brand del lusso con crescite a due zeri anche negli anni della crisi?

Molto più di quanto si possa immaginare e porta la firma di Brunello Cucinelli. La sua storia imprenditoriale è molto simile a quella di molti altri imprenditori in Italia, visionari e coraggiosi. Di origini umili, senza una particolare predisposizione per gli studi, riesce ad affermarsi nel mondo del cashmire lanciando un’idea che oggi può sembrare banale, ma che non lo era affatto negli anni 70, quando comincia a colorare la preziosa materia prima come nessuno aveva fatto prima.

Non è però questo che rende degno di attenzione Brunello Cucinelli, quanto la filosofia cui è improntata tutta la sua impresa e che spiega la notizia che in questi giorni è apparsa sui giornali: la distribuzione dei bonus cultura ai propri dipendenti. Appassionato di filosofia e di misticismo ha voluto nel suo consiglio di amministrazione un abate benedettino per garantire che le politiche gestionali dell’azienda rispettino la centralità della persona che alla base del pensiero dell’imprenditore. Se Richard Bransom ha suscitato scalpore qualche mese fa dichiarando di voler eliminare la timbratura, Cucinelli lo ha già fatto da tempo e ha imposto il divieto di fermarsi oltre l’orario di lavoro e rispondere al telefonate o alle e- mail.

Convinto che “La bellezza salverà” il mondo, celebre frase di Dostoewskij che campeggia nelle prime pagine del sito dell’impresa, ha voluto insediare la propria impresa nel borgo medievale di Solomeo che ha provveduto a restaurare completamente. Lo ha dotato di un “Foro delle Arti” composto da un teatro, di un anfiteatro e del giardino dei filosofi dove si tengono concerti e iniziative culturali.

Inoltre ha fondato una scuola, “La scuola dei mestieri” dove vengono insegnati Rammmendo e Rimaglio, Taglio e Confezione, Sartoria e Arti murarie, “per restituire la propria nobiltà ai mestieri, e riconoscere il giusto compenso relativamente alla qualità di questo speciale tipo di lavoro in pratica una sorta di neo-rinascimento dei valori nobili dei mestieri, che restituisca ai giovani la fiducia nel futuro” si legge nella presentazione della scuola. I giovani accedono ai corsi tramite concorso e vengono pagati 700 euro al mese.

I giovani e la dignità del lavoro sono al centro quindi della filosofia imprenditoriale di Cucinelli che si dimostra in controtendenza anche per quanto riguarda la lettura della realtà imprenditoriale italiana. Non è affatto d’accordo con chi continua a sostenere che non sa fare sistema e che l’unico modo di sopravvivere sia vendere agli stranieri, come hanno fatto molte famose griffe del made in Italy. Secondo Brunello Cucinelli i motivi che spingono alla vendita sono diversi “Il primo motivo di solito coincide con un cambio generazionale” dichiara in un’intervista rilasciata a Repubblica.it . “Poi c’è che chi sostiene, come i Loro Piana, che entrare in un grande gruppo apra più strade. Io non condivido ma questo non significa che sia così, perché ci sono mille strade diverse per arrivare. Infine c’è chi è stanco perché il modo di lavorare dell’ultimo ventennio è disumano sotto il profilo della fatica e ti consuma. Una volta al massimo andavi a Parigi e non avevi cambi di fuso orario, ora giri il mondo e i confini si allargano sempre più. Noi esportiamo in 59 Paesi e spero che entro dieci anni saremo in 75 Paesi e tra vent’anni in 90. Ma per fare questo ci vogliono i manager e i partner giusti ed anche per questo ho scelto di quotare l’azienda in Borsa”.

Il capitalismo umanistico di Brunello Cucinelli è oggetto di studi e anche di qualche critica che ritiene che sia un modello che non potrà sostenersi a lungo con i margini, più bassi dei quelli dei competitori e i prezzi,alti, dei capi che si vendono. A questo l’imprenditore risponde che il tutto risponde alla stessa logica: mettere l’uomo al centro e fare del capitale non un fine, ma un mezzo per lasciare il mondo che ci è stato dato in custodia, migliore e più bello di come lo abbiamo trovato.

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