Le migliori academy aziendali: format e metodologie

La varietà e il corretto bilanciamento dei format, in un’ottica blended, sono determinanti per potenziare l’efficacia della proposta formativa. Quali sono le metodologie più utilizzate e quali le innovazioni che si impongono nel panorama italiano e internazionale? Quanto è forte l’impatto del digitale nell’offerta formativa delle organizzazioni? Come cambiano alla luce del digitale le metodologie più tradizionali? Gli esempi delle Academy aziendali Enav e Aruba.

format e metodologie

I moduli formativi messi in campo dall’Academy aziendale e le metodologie utilizzate nella progettazione e nell’erogazione dei corsi sono un indicatore chiave e, al tempo stesso, una leva di sviluppo fondamentale. Se è vero che l’obiettivo di ogni Academy è quello di realizzare le migliori soluzioni per facilitare l’apprendimento, appare evidente che contenuti e target differenti richiedano linguaggi, format e mix differenziati: un impianto formativo poco variegato e prevalentemente monomediale risulterà scarsamente adattivo e poco inclusivo, e rischia di tagliare fuori fette importanti della popolazione aziendale, in termini di coinvolgimento ed efficacia formativa. Al contrario un’offerta blended, ovvero varia e diversificata, permetterà di intercettare le diverse esigenze, i differenti stili di apprendimento e i differenti contesti di utilizzo dei contenuti formativi. Abbiamo raccolto le testimonianze di Fabio Olivetti, Head of Training centre Enav, e Italo Piroddi, Head of Aruba Academy.

L’esperienza di Enav

Enav è uno dei più importanti service provider per la fornitura di assistenza alla navigazione aerea, con aeroporti e centri radar in tutto il paese. La formazione dei controllori di volo è ovviamente uno degli aspetti più importanti dell’attività. Ecco cosa ci ha raccontato Fabio Olivetti, Head of Training centre.

Dott. Olivetti, come funziona la formazione in Enav?

«Il Training centre di Forlì è il luogo deputato all’addestramento iniziale dei controllori del traffico aereo e delle altre figure professionali che supportano l’assistenza alla navigazione aerea.

A Forlì avviene tutta la prima parte di training: qui i partecipanti alla formazione hanno la possibilità di addestrarsi in ambienti di simulazione.

Il fiore all’occhiello del Training Centre è proprio l’ambiente simulato. All’interno della struttura infatti ci sono sale di simulazione radar e torri di controllo dove vengono riprodotte tutte le condizioni operative. È essenziale che la formazione si svolga in un contesto capace di riprodurre le stesse condizioni della realtà, ma in cui l’eventuale errore – compiuto in ambiente sintetico – sia ancora un elemento utile per approfondire il giusto processo decisionale che, in ambiente operativo, dovrà essere a “errore zero”.

Vengono quindi simulate tutte le condizioni e le criticità possibili, dagli eventi meteorologici avversi, alle emergenze in volo, in scenari di traffico via via più densi e complessi».

Quali sono i principali metodi adottati nell’ambiente formativo?

«I diversi moduli prevedono l’apprendimento esperienziale, con una sperimentazione attiva e la revisione di teorie e concetti, e l’analisi e discussione di alcuni casi studio, mixando formazione in e-learning – ad esempio per alcune fasi teoriche riferite agli aspetti regolamentari generali – e formazione in presenza, con briefing e sessioni di tecnica operativa preparatorie alla simulazione sulle competenze e le procedure da applicare durante le performance in ambiente sintetico. La formazione prevede infine l’utilizzo di un simulatore di torre di controllo e di un simulatore radar.

È intuibile come questo tipo di formazione necessiti di una certificazione da parte di organi di controllo nazionali e internazionali, ed Enav vanta certificazioni da realtà come Trainair Plus ed Enac».

Alla formazione appena descritta segue poi un training on the job…

«Esatto, la seconda parte del training è on the job, all’interno della struttura dove poi di fatto il controllore andrà ad operare. In questa fase, l’addestrando opera in contesti reali e non più simulati, ma ancora, ovviamente, affiancato da un istruttore in grado non solo di guidarlo e formarlo, ma anche di intervenire in caso di necessità. L’istruttore non è un docente, ma un controllore che a sua volta ha accumulato anni di esperienza e la capacità di trasferire competenze, attraverso uno specifico corso Instructor, in un’ottica di condivisione knowledge sharing».

L’esempio di Aruba

Aruba Spa è la prima società italiana per i servizi IT di data center, web hosting, e-mail, PEC e registrazioni domini; i suoi servizi sono rivolti a privati (Aruba.it), partner IT (Aruba Business), aziende e PA (Aruba Enterprise). Aruba.it Academy è la scuola del gruppo Aruba che sviluppa e certifica le competenze relative al know-how interno e opera per formare personale e mantenerlo costantemente aggiornato e preparato rispetto alle competenze chiave di ogni ruolo. Ne abbiamo parlato con Italo Piroddi, Head of Aruba Academy.

Dott. Piroddi, come è organizzata la vostra Academy?

«La scuola parte dalla fase di onboarding e si estende alle necessità di skilling, reskilling e upskilling interno, anche per colmare i gap rilevati durante l’anno o nel piano formativo annuale (soft skills e hard skills); prevede infine anche corsi per partner e clienti Enterprise».

Il percorso formativo è diviso in 5 fasi: il piano di inserimento per i neo-assunti, i piani formativi annuali che nascono dalle esigenze strategiche di inizio anno, l’adempimento degli obblighi formativi (compliance, salute e sicurezza, policy aziendali), l’educazione ai valori e agli strumenti aziendali, e infine l’addestramento su sistemi, tecnologie e infrastrutture attraverso programmi ufficiali in ambienti sia fisici che virtuali».

Prevedete qualcosa di specifico per i neo-assunti?

«La sfida dell’Academy è fare in modo che tutti i neo-assunti siano subito formati alla realtà Aruba, che conoscano i processi e i prodotti. Per questo è stato strutturato un Welcome digital pack diviso in 4 macroaree: Aruba people, che riguarda storia, valori, mission, organizzazione aziendale e linee guida del brand; il modulo di Procedure, tool e informazioni HR; Compliance e sicurezza, perché la formazione sulla sicurezza in Aruba è una filosofia, ed è sempre esperienziale; e infine l’area dedicata agli Strumenti di lavoro. A integrazione di questo processo formativo viene proposto un training tecnico specialistico su

area aziendale di appartenenza con un tutor ufficiale dell’Academy o con il proprio capo area, per un approfondimento su processi, procedure, strumenti e tool, in un percorso mirato sulla propria mansione con un approfondimento su hosting e domini, cloud e data center e trust services.

Nel dna di Aruba è, ovviamente, l’erogazione digitale della formazione: il digital, o il blended, aiutano a rendere più efficaci i processi di sviluppo».

Quali sono gli obiettivi che vi siete dati?

«Gli obiettivi principali del nostro metodo formativo sono tre: attivare processi cognitivi basati sull’esperienza, curare il fattore tempo e permettere la sperimentazione. Per raggiungere questi obiettivi, il piano formativo si basa su quello che chiamiamo modello PEC:

  • P sta per preparazione: in modalità asincrona, tramite la fruizione di una media library digitale;
  • E per esperienza: in modalità sincrona, in un’aula virtuale, si fanno esercitazioni, laboratori e si analizzano casi studio;
  • C sta per consolidamento: tornando in modalità asincrona e alla library digitale, si fanno test e si consolida l’apprendimento, tramite laboratori virtuali ma anche attraverso il training on the job».

L’analisi

I due esempi di academy aziendale analizzati hanno confermato come la volontà di realizzare proposte formative utili, efficaci e ingaggianti raggiunga i migliori risultati giocando sul fattore “varietà”, intesa come molteplicità, facendo ampio uso di un mix ben costruito e bilanciato di metodi e strumenti e dinamiche formative differenti tra loro. Dobbiamo necessariamente porci una domanda: “la differenziazione, in formazione, è un valore in sé?”. La risposta sembrerebbe proprio essere “sì”, a patto che non ci si limiti a mixare in modo improvvisato o sulla base del puro estro creativo, ma che la combinazione di format e metodologie sia frutto di una progettazione mirata e ragionata che tenga conto di quattro fattori chiave: il contesto, il target, i contenuti da veicolare, gli obiettivi formativi.

Appare inoltre evidente come la varietà di format richieda una crescente competenza dei progettisti, che devono imparare a utilizzare differenti metodologie e soprattutto a pensare ai momenti formativi sempre meno come situazioni erogative e unidirezionali (dal docente al discente) ma sempre più a situazioni interattive, pratiche, esperienziali con destinatari quindi attivi e partecipi in ambienti che approssimano sempre più il reale contesto di utilizzo della conoscenza trasmessa.

Il formatore diventa learning coach, capace non solo di organizzare i contenuti quanto di progettare modalità di fruizione sempre più efficaci e diversificate.

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