Rispondere all’incertezza formandosi nel coaching: la ricetta di Emcc

Il presidente della sezione italiana, Alessandro Pegoraro, chiarisce i vantaggi di questa nuova disciplina per le aziende e i dipendenti: “Fondere in un unico approccio le tecniche e i temi che provengono dalle aree di sviluppo del personale. Dal livello individuale si sta già passando a quello organizzativo”

pegoraro

«Non è vero che la gente non vuole cambiare, semplicemente le persone non vogliono qualcuno che gli dica cosa fare. Ecco, il coaching si occupa di questo, prova a risolvere queste incertezze». Alessandro Pegoraro è presidente di Emcc Italia, tra le principali associazioni di categoria a livello globale che si occupa di sviluppare e di promuovere la cultura del coaching, del mentoring e, più recentemente, della supervision, promuovendo la crescita di una pratica professionale di qualità.

Pegoraro, quali novità introduce la vostra realtà?

«Emcc nasce negli anni Novanta ed è sbarcata in Italia più recentemente, nel 2014. È un progetto che ho trovato da subito affascinante perché si tratta di fondere in un unico approccio professioni simili ma diverse. Le professioni simili ma diverse sono quelle dell’accompagnamento e dello sviluppo personale: parliamo quindi della formazione, del coaching, del mentoring e anche della supervisione».
Le sette mission di Emcc sono: diffondere la conoscenza, cultura ed etica del mentoring e del coaching; contribuire al riconoscimento come professioni del mentoring, del coaching (individuale e di team) e della supervisione; attivare l’esercizio delle professioni (mentoring, coaching, supervision) secondo linee guida di programmi di formazione e standard sviluppati da Emcc Global, in aderenza a quelli internazionali in uso; potenziare lo sviluppo professionale di mentor, coach e supervisor; favorire lo sviluppo della relazione tra clienti e associati; accrescere la consapevolezza sulle metodologie messe in atto; promuovere lo sviluppo dei soci attraverso il loro coinvolgimento attivo nell’associazione.

Quando nasce il coaching e quali sono i suoi obiettivi?

«Il coaching è stato portato avanti della varie “correnti” che lo formano e la sua idea è quella di combinarle in un unico approccio. Nato tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, sta crescendo molto perché si è formato come una disciplina per lo sviluppo personale e sta diventando sempre più una disciplina di sviluppo organizzativo. Ritengo che nel nostro sistema economico il coaching stia trovando un ruolo emergente non perché abbia la presunzione di trovare delle risposte all’incertezza, ma perché cerca di ritagliarsi un ruolo nel potenziamento delle competenze che devono rispondere alle incertezze. Per questo motivo da disciplina individuale è diventato organizzativo: noi per esempio formiamo gruppi promiscui e li facciamo ragionare su una serie di temi funzionali allo sviluppo di un’azienda. L’importante è lavorare oltre i “silos”».

Voi non offrite corsi ma avete delle scuole accreditate

«Noi facciamo anche di più, perché la formazione del coach viene demandata alle scuole, ma oltre a quello in forma gratuita offriamo delle sessioni di stimolo culturale. Ma soprattutto cerchiamo di stare molto tempo insieme ai nostri associati. Puntiamo a mettere insieme le persone per fare scaturire progetti. Recentemente per esempio stiamo offrendo dei corsi pro bono in collaborazione con la Cna di Como: dei nostri colleghi svolgono tre sessioni regalate agli artigiani».

Quante scuole sono accredita con Emcc? Si rivolgono a voi perlopiù lavoratori in autonomia o sono le aziende a cercarvi?

«Attualmente vantiamo la collaborazione con cinque scuole e abbiamo 180 associati in Italia. Quando ho iniziato, essenzialmente erano le aziende a mandarci i dipendenti, mentre negli ultimi 2-3 anni sono anche tanti professionisti a volersi dedicare al coaching. L’ultimo periodo è stato molto complesso e quindi c’è una richiesta di riconversione formativa su temi nuovi».

Qual è il valore aggiunto che un professionista o un’azienda trova nel coaching?

«È una risposta complessa, perché per esempio io in questo momento sto seguendo quattro progetti con finalità diverse. Il vero valore è che aiuta le persone a trovare una strada, sia personale che condivisa. In modo strano, ma allo stesso tempo coerente, è andato crescendo con il tema dell’incertezza: credo perché ci si rivolge a una disciplina – e non una scienza – che ti aiuta a convivere in modo attivo con l’incertezza stessa».

Quali sono i parametri o le caratteristiche che deve avere un corso di coaching?

«Noi consigliamo fortemente percorsi di coaching che abbiano degli accreditation. Emcc valorizza di più persone che abbiano una certificazione indipendente, anche perché nel nostro settore esistono ovviamente delle certificazioni e dei diplomi ma si tratta di una realtà complessa». Per Emcc Italia le otto competenze fondamentali che devono formare la professionalità di tutti gli associati, a garanzia di uno standard qualitativo univoco per tutti gli appartenenti all’associazione, sono: conoscenza e consapevolezza di sé; impegno per l’auto-sviluppo; gestione del contratto; costruzione della relazione con il cliente; apporto di conoscenze e metodi d’apprendimento; orientamento all’azione e ai risultati; uso di modelli e tecniche; valutazione.

La pandemia come ha influito nel vostro settore?

«L’epidemia ha sicuramente spinto molto di più le aziende a occuparsi di questi temi, ma allo stesso tempo sta rallentando dei progetti a causa delle difficoltà economiche che stanno affrontando. In Italia si stanno per esempio affermando anche formule innovative come lo shadow coaching. Possiamo dire che la pandemia ha privato di risorse ma allo stesso tempo ha acceso i riflettori sulla gestione delle risorse aziendali».

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