Investigatore privato in azienda: si può?

Sempre più aziende scelgono di incaricare un investigatore privato per verificare il presunto comportamento illegittimo di un lavoratore. Ma quando è lecito farlo e a quali condizioni?

investigatore privato in azienda: si può?

Troppe pause non giustificate durante l’orario di lavoro possono compromettere il rapporto fiduciario con il datore e giustificare il licenziamento? E un’azienda può avvalersi di un professionista esterno per provare a confermare dei sospetti? La Cassazione è tornata di recente sul tema caldo dei controlli difensivi: in quali casi un’azienda può ricorrere a un investigatore privato per monitorare i comportamenti dei dipendenti? E fino a che punto è lecito? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Sergio Alberto Codella, giuslavorista e partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati.

Detective privato in azienda: cosa dice la Cassazione

Il tema legato alla possibilità o meno per le aziende di ricorrere ad un detective privato per scoprire comportamenti illeciti da parte dei propri dipendenti non è un tema nuovo: negli ultimi tempi, a tornare sulla questione, è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8707 del 2 aprile 2025. Una decisione che ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente addetto al ritiro porta a porta di rifiuti urbani che, nel corso del suo orario lavorativo, si assentava per “troppo” frequenti pause caffè.

Per accertare il comportamento scorretto, il datore di lavoro si è affidato a un investigatore privato che ha redatto una relazione utile a confermare i comportamenti illeciti del lavoratore e che è stata il presupposto per l’avvio della procedura disciplinare che ha avuto come esito il licenziamento del dipendente, ritenuto proporzionato e legittimo dalla Suprema Corte.

Il punto centrale della decisione riguarda la legittimità del controllo, che viene considerato ammissibile se volto a tutelare il “patrimonio aziendale” e condotto nel rispetto della normativa vigente. “Mi capita spesso che un’azienda mi contatti perché ha il sospetto che un proprio dipendente stia commettendo attività illecita a suo danno come, ad esempio, lo svolgimento di attività in concorrenza oppure la sottrazione di know how aziendale. In questi casi, se ci sono elementi concreti, è possibile incaricare un investigatore privato per verificare i comportamenti del lavoratore” spiega l’avvocato Sergio Alberto Codella,  partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati, che aggiunge: “La giurisprudenza, che in passato era più prudente, oggi è molto più aperta in tal senso. A patto che il controllo investigativo non sconfini nella vigilanza sull’attività lavorativa in senso stretto, che vi sia un sospetto di attività illecite, che possano configurarsi ipotesi penalmente rilevanti o fraudolente e che sia in pericolo il ‘patrimonio aziendale’, l’investigazione privata è considerata legittima”.

In quali casi le aziende possono affidarsi a un investigatore privato 

Tra i motivi per cui un datore di lavoro potrebbe voler verificare la condotta di un dipendente, non solo il sospetto di pause non giustificate: tra gli esempi emblematici, l’abuso dei permessi ex lege 104 utilizzati per attività personali e diverse da quelle che è l’assistenza al familiare disabile, oppure le assenze per malattia che nascondono comportamenti tutt’altro che compatibili con la sua guarigione o convalescenza o, addirittura, che sono del tutto incompatibili con lo stato di malattia stesso. “Anche se un dipendente rispetta le fasce di reperibilità, non può svolgere attività incompatibili con la patologia di cui assume essere affetto o che possa rallentare il suo recupero psicofisico. Se un dipendente è assente per un’influenza , ma invece di stare a casa a riposare va a giocare a ‘calcetto’, anche in orari serali, è possibile documentarlo” spiega Codella.

Oppure, ancora, il caso delle timbrature digitali che non corrispondono alla reale presenza sul luogo di lavoro: “Con le timbrature telematiche, dichiarare la propria presenza è formalmente facile. Ma chi garantisce che il lavoratore stia davvero lavorando soprattutto per professioni che si svolgono sul territorio ed al di fuori dell’azienda? Non è sempre possibile attivare controlli automatici e diretti per questioni di privacy, mentre un investigatore privato, se incaricato con una finalità difensiva e nei limiti di legge, può verificare la veridicità delle dichiarazioni”.

Nel tempo, la giurisprudenza ha tracciato una distinzione tra due modalità di controllo che un datore di lavoro può esercitare: da un lato ci sono i controlli legati all’esecuzione dell’attività lavorativa vera e propria, che avvengono tramite la catena gerarchica interna, nel rispetto delle regole dello Statuto dei lavoratori. Dall’altro, esistono i cosiddetti controlli difensivi sul patrimonio aziendale in senso ampio (anche per l’immagine aziendale): interventi mirati ad accertare comportamenti illeciti o gravi violazioni del rapporto fiduciario. In questi casi, soprattutto se le condotte sospette si svolgono fuori dall’orario di lavoro, può entrare in gioco anche una figura esterna come l’investigatore privato.

Naturalmente, non si tratta di un’azione libera da vincoli: “Ovviamente ci deve essere un sospetto, soprattutto se si parla di una condotta che possa, almeno astrattamente, configurare un reato come la truffa oppure l’appropriazione indebita”.

Il valore della prova: quanto pesa davvero la relazione dell’investigatore?

Un altro nodo centrale riguarda il valore legale della relazione prodotta da un investigatore privato. È sufficiente a giustificare un licenziamento? “​​ Se il report viene utilizzato come prova all’interno di un processo diventa difficile, per il lavoratore che ha adottato le condotte illecite, smentire una relazione veritiera sottoscritta da un investigatore privato autorizzato. Ha un valore probatorio che comunque non è decisivo, ma sicuramente determinante” puntualizza Codella.

Prove ovviamente oggettive, che differiscono dalla parola di colleghi o datori che potrebbero rivelarsi “più” di parte: “Una testimonianza resa da un collega può essere ritenuta non imparziale, mentre una relazione redatta da un investigatore privato ha, nella sostanza, un diverso peso probatorio. Non è risolutiva da sola, ma certamente può incidere in maniera significativa all’interno di un procedimento”. 

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