Enterprise agility e PMI, la chiave è nella formazione

Parlare di enterprise agility non è sempre così semplice: se l’agilità è un dato acquisito per le grandi aziende, non lo è per le PMI, che spesso non possiedono le risorse per investire in figure dedicate all’agile management. Com’è possibile introdurre un approccio agile al lavoro anche nelle realtà più piccole? Ne abbiamo parlato con Huub Commandeur, Managing Director di eLearningBuildUp, che di questi temi ha discusso anche nel corso dell’evento Moodle2Grow che si è tenuto il 26 maggio a Milano.

Huub Commandeur

Le PMI essendo più leggere – e avendo la necessità di non appesantire la struttura –, potrebbero risultare più veloci dall’introduzione di un approccio agile, mentre il contrario le penalizzerebbe in modo competitivo, a patto di operare su programmi di reskilling che introducano alcuni temi specifici che portino progettualità, empowerment e digital mindset.

«Nelle PMI è proprio la formazione a fare la differenza – afferma Huub Commandeur di eLearningBuildUp, impresa focalizzata sulla realizzazione di interventi di formazione agile per le aziende che vogliano introdurre nuovi metodi di lavoro e rendere le organizzazioni più agili per poter affrontare le nuove sfide delle trasformazioni digitali –. Ma si deve partire dal management: spesso, infatti, si tratta di aziende padronali dove c’è ancora un “capo che comanda”; è quindi fondamentale cambiare il mindset di fondo, rivoluzionare lo stile di management: il manager deve imparare a lasciare maggior autonomia al proprio team».

Che caratteristiche ha un’agile enterprise?

«Sicuramente si fonda su una maggior flessibilità nella gestione delle persone, ma anche su un approccio nuovo del manager, che si mette in gioco per primo: la grande difficoltà, in fase di trasformazione di un’azienda, è proprio quella di riuscire a portare il manager in aula; il “capo” tende spesso a “mandare i suoi uomini” ai corsi ma a non esporsi in prima persona. Serve quindi capacità di adattamento al cambiamento continuo e a volte inaspettato, tipico di questo periodo VUCA (acronimo di Volatility, Uncertainty Complexity, Ambiguity, ndr.): anzi, l’agilità serve proprio per sopravvivere in un mondo sempre più complesso. In un team agile, ognuno può esprimersi liberamente senza paura di giudizi, in maniera costruttiva; questo favorisce uno scambio aperto tra i diversi livelli, che si riverbera in una crescita per tutti, sia in ambito formativo sia aziendale: per raggiungere questo obiettivo, però, i manager devono abbandonare il mindset “command & control” e il vincere il fattore culturale che li vuole “distanti” dai collaboratori».

Attraverso quali passi si introduce l’agilità?

«Come prima cosa bisogna capire la realtà dell’azienda e la cultura che le sta dietro, poi è necessario trasmettere awareness, ovvero la consapevolezza dei principi dell’agile management. Per esempio, in aziende con un reparto IT strutturato, spesso è proprio attraverso questo dipartimento che entrano i primi elementi “agile” ma nelle PMI ciò non accade, per questo insisto sull’importanza che il cambiamento parta dall’alto, dai vertici.

L’HR in alcuni casi potrebbe assumersi il ruolo trainante agevolando il passaggio a pratiche agile, ma in molte PMI si tratta di un ruolo ancora non considerato strategico, benché sia la figura che pensa al futuro dell’azienda, alla sua evoluzione, a come tenere i talenti e ad acquisirne di nuovi.

Una volta individuata la figura trainante, bisogna mettere a punto un percorso di formazione agile e magari blended, studiato su misura e che preveda corsi in aula, altri a distanza e moduli di e-learning: ovvero formazione sui principi agili erogata in modo agile. Finita la formazione, sarà utile un percorso di coaching a sostegno di quanto appreso, per riuscire davvero a passare dalla teoria alla pratica. Quando il manager ha recepito e fatto propri i concetti del cambiamento, li potrà trasmettere anche al resto dell’azienda».

Come cambia il modo di lavorare in una PMI che applica l’agile management?

«Per esempio, bisogna incentivare le persone in modo diverso, responsabilizzandole e dando loro autonomia; l’ideale è creare piccoli team che abbiano obiettivi da raggiungere in maniera indipendente senza il controllo continuo del manager, favorendo la condivisione tra le diverse aree. Un altro scoglio è quello del ritorno in presenza a tempo pieno, che ancora riporta a un approccio padronale e rischia di far perdere all’azienda talenti preziosi, soprattutto tra i più giovani, già formati in una dimensione agile».

Come si arricchiscono i ruoli con l’introduzione di un modo di lavorare agile?

«In una realtà agile, dove ogni individuo può esprimersi liberamente, il know-how viene condiviso senza inutili “gelosie” – e senza la paura di non essere più indispensabili – , e ognuno può lasciare fluire il proprio talento, si ha una crescita sia personale sia professionale dei lavoratori. Noi, come eLearningBuildUp, vogliamo aiutare le PMI a diventare più agili, sviluppando il necessario livello di awareness all’interno di tutta l’azienda attraverso percorsi formativi interattivi e coinvolgenti fruibili in modalità blended (quindi, in presenza, a distanza in videoconferenza e in eLearning, anche con moduli continuativi di microlearning)».

error

Condividi Hr Link