Flessibilità e crescita professionale, le sfide per il recruiting

L’analisi di Mauro Ghilardi, Chief People and Transformation Officer di A2A, sull’attrattività delle organizzazioni nei contesti fortemente competitivi: «La difficoltà a trovare personale, in tutti i ruoli, è il problema principale di tutti. Dobbiamo recuperare i tanti Neet che non sono disponibili sul mercato del lavoro e lavorare per aumentare la percentuale di donne negli ambiti STEM».

Mauro Ghilardi

«Il principale ostacolo alla realizzazione dei piani d’impresa è la difficoltà a trovare personale». Parola di Mauro Ghilardi, Chief People and Transformation Officer di A2A, una delle principali società multiservizi d’Italia con oltre 13 mila addetti e attività prevalentemente concentrate in Lombardia, una delle aree più competitive per assicurarsi i migliori talenti sul mercato del lavoro. Ma la difficoltà riguarda tutte le figure professionali, anche quelle con competenze di base. Tanto che A2A ha varato un programma di supporto al reperimento di manodopera alle imprese fornitrici di servizi.

Ghilardi, ci può dare una fotografia del contesto nel quale vi trovate ad operare? Come vi state muovendo sul recruiting?

«Intanto qualche numero: assumiamo ogni anno circa 600-700 persone tra impiegati e quadri, molti di più se consideriamo anche gli operativi. Facciamo una grande attività di scouting nelle università ma c’è una grande competizione tra aziende nella ricerca di personale. Il territorio nel quale operiamo prevalentemente, la Lombardia, è molto competitivo da questo punto di vista: c’è molta offerta di lavoro e poco personale disponibile, poi la nostra organizzazione per turni crea una maggiore difficoltà nel recruiting. In questo contesto, la maggiore criticità riguarda l’assunzione di giovani e tra questi di giovani donne…vorremmo arrivare al 50 e 50. Oggi siamo intorno al 40 nei  ruoli professionali. Quello delle donne è un tema di sistema: le ragazze iscritte ai corsi di ingegneria, dai quali prevalentemente attingiamo, sono il 10-12% del totale…».

Come vi state muovendo per ovviare al problema?

«Con una importante attività di promozione nelle scuole superiori e sul territorio, per creare consapevolezza, soprattutto nelle ragazze, delle opportunità che offrono le facoltà STEM. Se consideriamo le superiori, le scuole per periti, la situazione è ancora peggiore: la percentuale di ragazze iscritte è a single digit».

Con la catena dei fornitori come vanno le cose?

«Quella è l’altra grande complessità che stiamo affrontando. I rischi di attuazione del nostro piano d’impresa non vengono solo dalla nostra capacità di assumere, siamo comunque un brand molto attrattivo, ma soprattutto da quella dei nostri fornitori, per i ruoli operativi. Li stiamo supportando nell’accesso ai rapporti con le scuole di formazione professionale e nella formazione professionale, e li stimoliamo ad avere un atteggiamento proattivo per creare per tempo le condizioni migliori».

Questa difficoltà c’è sempre stata o è aumentata nell’ultimo periodo?

«Negli ultimi due o tre anni vediamo maggiore difficoltà, data soprattutto dal fatto che tutti, noi compresi, stanno investendo in infrastrutture anche grazie ai fondi del Pnrr. C’è una grandissima richiesta di queste competenze».

C’è una specificità del vostro comparto o si tratta di un tema generale, che riguarda tutti i settori economici?

«È assolutamente un tema generale. Parlando con colleghi che operano in settori diversi, concordiamo tutti sul fatto che il vero rischio nell’esecuzione dei piani d’impresa è la carenza di personale e non solo di quello qualificato. Tutti sono alla ricerca di personale….la vera sfida è come recuperare quei 2\3 milioni di ragazzi che non studiano e non lavorano e non sono disponibili sul mercato del lavoro. Preciso che non è una situazione direttamente dipendente dal tanto discusso reddito di cittadinanza».

Quali sono le azioni che state mettendo in campo per rendervi attrattivi in questo mercato altamente competitivo?

«Tre anni fa, con la nuova consiliatura e con l’attuale team di direzione, abbiamo definito il nostro ambito di marca, definendoci una Life Company,  perchè ci occupiamo di elementi essenziali per la vita: acqua, energia, terra, aria….una definizione che non ha nulla di  costruito o forzato…sono effettivamente le cose che facciamo e che tocchiamo con il nostro lavoro. Crediamo nel risparmio delle risorse e nella sostenibilità e all’interno di questo filone abbiamo rafforzato la nostra brand identity: chi viene a lavorare con noi si occuperà di vita, di terra, di ambiente, di cura delle risorse naturali. Ai giovani offriamo un purpose molto attrattivo: con noi possono fare la propria parte per la cura del pianeta. Sono tantissimi i giovani, soprattutto millennials e Greta generation, che cercano uno scopo nel lavoro e noi siamo in grado di rispondere a queste aspettative. Devo dire che i riscontri che stiamo avendo sono molto positivi. Oltre a questo lavoriamo molto con Università, Politecnici  e centri di ricerca».

Cosa chiede chi viene a lavorare da voi…oltre a uno stipendio dignitoso?

«Tutti chiedono flessibilità in termini di remote working:  ormai è una condizione di accesso per ogni figura, dal dirigente all’apprendista.  Su questo abbiamo una risposta all’altezza, visto che abbiamo un’organizzazione molto flessibile e moderna: è nostro il primo accordo in Italia sul calcolo mensile, e non settimanale, della percentuale di smart working. È una possibilità che diamo alle persone di potersi organizzare al meglio ed è molto apprezzata. La seconda richiesta che ci fanno è la possibilità di crescita professionale, importante per la retention delle persone che lavorano con noi. Quanto agli stipendi: operiamo in un settore in cui, storicamente, gli stipendi sono competitivi rispetto ad altri comparti. Abbiamo una percentuale di turnover abbastanza bassa ma in crescita rispetto a qualche anno fa, dovuta sopratutto  alla forte dinamicità del mercato del lavoro».

Tornando ai giovani che non studiano e non sono in formazione…

«Siamo attivi in diverse iniziative. La principale è quella del consorzio Elis, di cui siamo parte insieme a tante grandi aziende italiane. La missione dell’attuale board è proprio quella di lavorare sui Neet. Stiamo anche potenziando le nostre relazioni con le cooperative sociali, soprattutto nel bresciano, per offrire opportunità lavorative a persone svantaggiate o da reinserire. Quello dei Neet è un tema dell’intero Paese, noi cerchiamo di fare la nostra parte».

Ultima domanda: l’energia è al centro della cronaca da mesi, dai rincari alla transizione fino agli extraprofitti… Lei ha notato cambiamenti rispetto all’attrattività della vostra industry?

«Niente di significativo. Al netto di narrazioni distorte, fatico a immaginare A2A come una realtà con lo sguardo al passato o legata alle fonti fossili. Non estraiamo gas o petrolio e siamo uno dei principali produttori di energia da fonti rinnovabili in Italia».

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