Formare manager del futuro, le Università rispondono alla sfida

Sviluppare le soft skill, promuovere esperienze all’estero, far entrare gli studenti nei contesti aziendali: così le università italiane rispondono alla domanda del mercato del lavoro. Giovanni Fiori, prorettore alle Relazioni Corporate dell’Università LUISS – Guido Carli, racconta l’esperienza dell’ateneo romano

formare manager del futuro

Skill gap, mismatch di competenze, talent shortage sono parole che abbiamo imparato a conoscere: in un mercato del lavoro in costante cambiamento tante aziende faticano a trovare talenti in gradi di misurarsi con la richiesta di profili sempre più qualificati. Un problema ancor più sentito in Italia, come ha certificato l’Ocse nel suo rapporto sulla “Strategia per le competenze dell’Ocse”: il nostro è l’unico Paese del G7 in cui la quota dei lavoratori laureati impiegati in mansioni esecutive e di routine è più alta rispetto a quella di laureati impegnati in ruoli direzionali. Per colmare questo gap il ruolo delle Università nel formare manager del futuro e plasmare la futura generazione di professionisti diventa fondamentale.

«La sfida è quella di riuscire a preparare nuovi manager capaci di affrontare le sfide del mercato moderno, in particolare dell’internazionalizzazione e delle esigenze di innovazione. Per formare manager capaci e in grado di soddisfare la domanda delle imprese, lavorare sulle competenze, pur restando fondamentale, non è più sufficiente», spiega Giovanni Fiori, Prorettore alle Relazioni Corporate dell’Università LUISS – Guido Carli. «Il mondo del lavoro chiede professionisti con un alto grado di preparazione, certo, ma anche con un bagaglio di soft skill: servono capacità di relazione, capacità di adattamento a contesti differenti, cosmopolitismo, attitudine al problem solving, curiostà, capacità di lavorare in team e di farsi ascoltare. E non è finita. Chi esce dall’Università deve avere già bene in mente come funziona un’azienda, a partire dai meccanismi interni e finendo con i rapporti con gli stakeholder».

Sono temi, questi, che chi forma i manager di domani ha già affrontato e si è preparato a risolvere. Alcune università italiane, come la Luiss, hanno affiancato alla formazione canonica percorsi per facilitare l’incontro e la conoscenza tra studenti e imprese, per sviluppare le soft skill, per preparare i giovani ai mercati internazionali. «Sul fronte delle soft skill e della formazione “umana” dei nostri studenti abbiamo puntato anche sul volontariato, un’esperienza che offre la possibilità di mettersi da subito alla prova con la realtà e sperimentare sul campo le competenze acquisite», spiega Fiori «In quest’ottica abbiamo ideato VolontariaMENTE un progetto che offre la possibilità agli studenti di partecipare ai progetti di diverse associazioni italiane internazionali».

Per stimolare lo sviluppo delle cosiddette “capacità trasversali”, sempre più richieste e valutate nei processi di selezione, la Luiss ha messo in campo inoltre una serie di opportunità di “training”, che vanno da laboratori creativi e concreti di arti e mestieri a quelli di problem solving, fino alla leadership experience (http://www.luiss.it/studenti/soft-skills-and-training-opportunities/soft-skills-senza-cfu). Anche la gamification fa parte del gioco. Da qualche anno l’ateneo romano organizza Game Changer, una competizione basata sul lavoro di squadra, in cui gli studenti si mettono alla prova con esercitazioni creative e i vincitori hanno l’occasione di prendere parte a programmi di mentoring o di shadowing, per capire da vicino come lavora un manager affiancando le figure professionali di spicco delle aziende partner dell’iniziativa.

Con un occhio al mondo del lavoro, sempre più globalizzato, l’Ateneo ha inoltre  attivato oltre 200 accordi di scambio e più di 35 programmi di doppia laurea, percorsi di mobilità strutturata in 46 paesi. Sono più di 1.100 gli studenti Luiss che ogni anno sono impegnati in percorsi di studio in tutto il mondo e più di 650 quelli ospitati nell’università tramite un programma di mobilità. «L’esperienza all’estero e il confronto con altre realtà è imprescindibile per chi vuole ricoprire ruoli di rilievo, sia in aziende straniere che in quelle italiane», chiosa Fiori.

In quest’ottica sono nati anche il programma di internship con la Nato, o i Luiss Brussels days, durante i quali studenti e neolaureati incontrano rappresentanti delle istituzioni europee, organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative e imprese che operano nelle capitale europea.

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