Formazione e capitale umano, quale ruolo per i finanziamenti pubblici

Quali sono il ruolo e la rilevanza dei finanziamenti pubblici nel sostenere programmi di sviluppo del capitale umano? Quali opportunità si aprono grazie al Fondo Nuove Competenze e a quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Che impatto e portata hanno i finanziamenti regionali? Ecco quanto è emerso nell’ultima edizione del Salone della Formazione dalla tavola rotonda dedicata al tema dei finanziamenti, cui hanno preso parte Mariano Intini, consulente Fondi paritetici interprofessionali, Fondo Nuove Competenze e PNRR, Stefania Fedeli, Training Funding Senior di TackTMI, e Massimo Giorgi, promozione e sviluppo di FonArCom.

Una tavola rotonda di esperti, quella che si è tenuta all’interno del Salone della Formazione a fine settembre dedicata a fare chiarezza sui finanziamento pubblici e su come utilizzarli per scopi formativi; erano infatti presenti Mariano Intini, Consulente Fondi Paritetici Interprofessionali, Fondo Nuove Competenze, PNRR, Stefania Fedeli, Training Funding Senior, TackTMI e Massimo Giorgi, Promozione e Sviluppo, FonArCom, “moderati” da Francesca Iaia Bertinotti, Sales, Marketing & Business Strategy Director di Skilla.

PNRR, digitalizzazione e formazione

Sono due gli elementi che influenzeranno tutte le misure del PNRR, la digitalizzazione del Paese – l’Italia è tristemente al terzultimo posto in Europa – e la sua conversione green: partendo da questo assunto, nella nuova visione del Sistema Paese, delineata all’interno del PNRR la formazione, intesa come upskilling e reskilling, riveste un ruolo prioritario, proprio per sostenere il cambiamento digitale e green delle aziende italiane e della pubblica amministrazione. Questo ha generato delle inevitabili conseguenze: anche gli altri strumenti/enti di sostegno alla formazione continua hanno avviato iniziative che si connettono con la nuova visione del Paese: digitalizzato, sostenibile e competitivo. «Il Fondo Nuove Competenze 2022, che ha uno stanziamento di un miliardo di euro, è direzionato specificatamente al rafforzamento delle competenze digitali e green al fine di orientare selettivamente le risorse pubbliche al conseguimento dei risultati attesi del PNRR» interviene Mariano Intini, che prosegue: «Anche i fondi paritetici interprofessionali si stanno muovendo su questo fronte: FBA, Fondimpresa, Fondir, FonarCom, e così via, hanno lanciato call specifiche e monotematiche su competenze digitali e competenze green. Senza dimenticare la nuova politica di Coesione, in avvio in questi mesi per il settennato 2021-2027, che vedrà le Regioni Italiane, grazie alla gestione dell’FSE+, impegnate in un investimento importante su questi temi». Tra le opzioni del Fondo Nuove Competenze, che da strumento emergenziale dovrebbe diventare un’alternativa alla cassa integrazione, ci sarà anche la riduzione dell’orario di lavoro per destinare le ore “risparmiate” – con il contributo economico dello Stato – alla formazione: «Per le aziende italiane sarà importante farsi trovare pronte alle nuove sfide, che non sono solo formative. Se si vorranno cogliere le opportunità della formazione finanziata bisognerà orientarsi e agganciarsi a quella che è la visione strategica del Sistema Paese: digitalizzazione e green sono le parole d’ordine dei prossimi cinque anni. Alle imprese spetterà il compito di declinarle nella dinamica aziendale, trasmettendone l’importanza, tramite la formazione, al proprio organico» conclude Intini, sottolineando che la formazione continua debba andare anche in direzione di una riconversione professionale, sempre nella direzione delle due, imprescindibili, tematiche.

Il capitale umano al centro degli investimenti

Oggi più che mai ci si rende conto di quanto l’investimento negli individui costituisca un asset fondamentale per il futuro di un Paese. Concetti come sostenibilità e sostentamento, lavoro e occupabilità, equità e solidarietà, coesione e interesse nazionale sembrano infatti ormai legati a filo doppio, concorrenti e reciproci, sinergici e allo stesso tempo disfunzionali. Comune denominatore l’interesse del singolo, non sempre in linea con l’interesse collettivo che diventa a sua volta causa di contrasto tra interessi nazionali. «Se è vero che la formazione sostiene il capitale umano, è anche vero che è la trasformazione del Paese a decidere l’evoluzione del capitale umano, in quali ambiti gli individui dovranno specializzarsi – spiega Stefania Fedeli –; la trasformazione, dunque, è una priorità collettiva e mai come oggi sembra indispensabile una visione di insieme, in grado di sostenere decisioni che guardino al lungo periodo e non alla risoluzione emergenziale». La trasformazione del Paese, infatti, è la risposta a un collasso del sistema: genera un bisogno formativo che a sua volta crea l’occasione di fare qualcosa di diverso e consente alle realtà aziendali di sopravvivere proprio attraverso l’evoluzione dei propri dipendenti: «Per questo credo che investire nel capitale umano non rappresenti più solo una necessità (come è sempre stato) e soprattutto, non deve più essere guardato come un costo ma come un investimento – prosegue Fedeli –. I finanziamenti pubblici hanno sempre rappresentato e continueranno a rappresentare una risorsa fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico del Paese. Ma per loro stessa natura istituzionale credo debbano assolvere un compito ancora più importante: sostenere “scelte e valori” prima che “azioni”, “strategie” prima che “progetti”. Per questa ragione i finanziamenti pubblici per essere realmente utili richiedono strumenti strategici, progettualità e programmi: l’azienda deve immaginare se stessa nel futuro prossimo e mettere in atto scelte strategiche per raggiungere quell’immagine».

Da emergenza a opportunità

Il Fondo Nuove Competenze gestito da ANPAL in collaborazione con l’INPS e i Fondi Interprofessionali ha rappresentato per imprese e lavoratori dal 2020 l’opportunità di utilizzare la “formazione e lo sviluppo delle competenze” come strumento emergenziale di contrasto agli effetti negativi della crisi economica causata dal Covid-19 sul Sistema Paese e alla conseguente perdita occupazionale. Dal 2023, sulla base dell’esperienza condotta durante l’emergenza, questo strumento potrà rappresentare una risorsa strutturale attraverso cui orientare le scelte delle imprese verso il futuro. Con il dispositivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’Italia insieme al resto d’Europa punta (non senza difficolta e ritardi) al rilancio entro il 2026 del sistema produttivo attraverso una risposta integrata e strategica centrata su assi di intervento comuni: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Ciascuno degli assi induce la lettura di fabbisogni storici ed emergenti, la risoluzione di problemi strutturali, nuove visioni del futuro e grande spinta a un cambiamento da sempre atteso e in parte disatteso. Parole chiave: reskilling e upskilling, ovvero l’apprendimento e lo sviluppo di competenze innovative quale fattore di crescita, di promozione e di garanzia occupazione di qualità in tutti i settori.

«Sicuramente l’attuazione del PNRR impegna in prima linea le amministrazioni centrali, le Regioni e gli enti locali, ciascuno dei quali è presente sia in qualità di beneficiario diretto sia di autorità di gestione di interventi finanziati a largo spettro, in rapporto alle differenti competenze istituzionali e territoriali, al settore di applicazione e alla natura dell’intervento – analizza Fedeli –. Ma Ministeri, Regioni e Comuni sono da sempre impegnati (e continueranno a esserlo), nella gestione di risorse pubbliche, sia nazionali sia europee – destinate a sostenere il sistema economico locale e nazionale con interventi nell’ambito della formazione-istruzione, delle infrastrutture, dell’occupazione e della competitività delle imprese. Ai numerosissimi bandi POR e PON finanziati con le risorse dei Fondi Strutturali e della programmazione settennale europea appena avviata (2021-2027) si aggiungono le risorse promosse da Leggi regionali. All’operato dalla Pubblica Amministrazione in tema di finanziamenti si aggiunge l’azione del Sistema Camerale, che attraverso i propri avvisi e bandi localizzati, mette a disposizione in modo sistemico e ciclico molteplici risorse economiche sui temi della digitalizzazione, della formazione e inserimento occupazionale, dell’Alternanza Scuola-Lavoro».

 

“Quota 030”: cos’è e come usarlo

Tra i versamenti INPS obbligatori per le aziende, c’è la “quota 030” (pari allo 0,30% dello stipendio dei dipendenti) che rimane all’ente previdenziale a meno che l’azienda non decida di aderire a un fondo: in questo caso, lo può ottenere indietro e utilizzarlo per finanziare attività formative.

«FonArCom è proprio un collettore delle diverse quote 030 aziendali e la sua mission è quella di aiutare le aziende a ottenere il finanziamento e poi a creare un piano di formazione, intesa nel senso più ampio: non solo docenti in aula ma anche una svariate serie di attività» spiega Massimo Giorgi, che prosegue: «I fondi nascono vent’anni fa, ma il Covid ha dato un’accelerata negli ultimi due anni: il mondo è cambiato e anche i fondi si sono dovuti rinnovare; oggi per esempio è possibile finanziare sia progetti di FAD sincrona sia asincrona e persino formazione con il Metaverso». Interviene Massimiliano Cantafia, Responsabile Area Promozione e Sviluppo di Fonarcom, che entra nel merito del meccanismo: «Ogni fondo ha i propri canali di finanziamento, che sostanzialmente sono due: un conto corrente virtuale nel quale l’azienda versa i soldi poi restituiti dal fondo in diverse percentuali e gli avvisi, ovvero bandi pubblici dei quali l’azienda – da sola o per il tramite dell’ente di formazione, che solito sbriga la parte burocratica – può far richiesta. FonArCom ha inventato anche un canale “ibrido”, un po’ conto corrente virtuale e un po’ avviso, che consente alle aziende aggregate tra loro di candidare progetti e piani formativi che sono nel limite dei soldi versati dalle aziende stesse, ovvero il famoso 0,30% degli stipendi dei dipendenti».

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