Il paradosso della formazione professionale italiana

Siamo ancora indietro rispetto all’Europa, ma la particolarità è che le persone maggiormente disposte a seguire percorsi di formazione sono quelle che hanno maggiori competenze o titoli di studio elevati. C’è maggiore coinvolgimento nelle regioni del Nord, rispetto a quelle meridionali. L’Italia è in crescita, ma ancora indietro rispetto alla media UE

Formazione professioanle

La formazione professionale è uno strumento cruciale per le imprese e per i lavoratori. In un contesto economico dove sono le competenze a fare la differenza, avere dei lavoratori formati e ingaggiati costituisce un vantaggio competitivo e un fattore di qualità del lavoro. Il paradosso, a guardare i dati, è che più una persona è formata, più è disposta a formarsi ancora. Più è alto il titolo di studio posseduto, più si partecipa ad attività di formazione professionale. L’Italia sta facendo passi avanti, ma resta elevata la distanza (circa 4 punti percentuali considerando la fascia 25-64 anni) con la media dell’Ue a 28. Ecco alcune istantanee scattate dall’Istat nel rapporto “La partecipazione degli adulti alle attività formative”.

 

I numeri

In Italia, il 38,8% delle persone di 18-74 anni (corrispondenti a 16 milioni e 918 mila individui) ha effettuato almeno un’attività di formazione nei 12 mesi precedenti la rilevazione. La partecipazione alle attività formative è più alta tra gli uomini (40,8%) rispetto alle donne (36,9%), le quali sono però più presenti nei corsi di istruzione formale (5,5% contro 5,1%). Le differenze territoriali sono evidenti: nel Nord-est è coinvolto in attività di formazione, formale o non formale, il 46,2% degli individui, nel Nord-ovest il 43,3%, nel Centro il 39,4%, mentre nel Sud e nelle Isole si registra il livello più basso con il 31%. Il Trentino-Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, mostra le percentuali più elevate di persone che frequentano almeno un corso di istruzione o formazione (rispettivamente 61,5% e 66,8%). Seguono l’Emilia-Romagna (47,3%) e la Valle d’Aosta (46,5%). Tra le regioni del Mezzogiorno, i valori più alti si registrano in Molise (41,1%), Abruzzo (40%), Sardegna (35,9%) e Basilicata (35,7%).

 

Il paradosso

L’Istat rileva che il titolo di studio elevato favorisce la partecipazione alle attività di istruzione o formazione indipendentemente dal genere e dalla classe di età: il 70% dei laureati è stato impegnato in almeno un’attività di apprendimento, a fronte del 5,3% di persone con la licenza elementare. Anche la condizione occupazionale influisce sulla partecipazione all’apprendimento continuo. Gli occupati hanno maggiori opportunità di seguire attività formative (50,5%) rispetto ai disoccupati (24,8%) mentre i lavoratori con competenze più elevate hanno migliori opportunità rispetto ai lavoratori meno professionalizzati, quelli che, paradossalmente, avrebbero più bisogno di acquisire, sviluppare e aggiornare le competenze.

 

Non a tutti i costi

La formazione “non formale”, cioè quella organizzata dall’impresa, è sempre più diffusa. E spesso rappresenta un impegno importante in termini di costi e ore/uomo dedicate. È sempre utile? No, a volte può essere un fiasco completo. Un nostro approfondimento sulle regole fondamentali per la riuscita di un programma di formazione professionale.

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