Investire sul futuro, la formazione continua come chiave di sviluppo

Investire in formazione – rendendola strutturale – è uno dei temi in cima all’agenda delle imprese, strada maestra verso un mercato del lavoro più stabile, più digitale, più preparato, più inclusivo. Ma quali sono le condizioni che permettono alla formazione di innescare il cambiamento e quindi di generare valore in azienda? Come aumentare il ROI delle attività formative? Quale impatto deve avere la formazione sulla leadership? E infine, come avvicinare le persone a percorsi di upskilling e reskilling e facilitare il loro coinvolgimento? Lo abbiamo chiesto a Gianluca Grondona, Chief HR, Organization & Systems Officer di WeBuild, che sarà tra i protagonisti della prossima edizione di Officina Risorse Umane, in programma il 19 e 20 novembre a Firenze.

gianluca grondona

Sempre più spesso si parla di “life-long learning” e addirittura di “life-wide learning” a indicare non solo che il processo formativo debba essere continuo e costante – lungo tutta la vita – per poter evolvere e stare al passo con i tempi, ma anche che gli spunti formativi non sono più solamente i canonici in aula: al giorno d’oggi, infatti, i canali – e gli ambiti – per fruire contenuti formativi sono i più diversi. «Non si tratta più di uno slogan, ma di una necessità – spiega Gianluca Grondona, Chief HR, Organization & Systems Officer di WeBuild, parlando di life-long learning –: viviamo e vivremo sempre più spesso cambiamenti continui e importanti; sarà quindi fondamentale continuare a imparare nuovi modi per fare le cose. Questo processo è quanto mai evidente nell’ambito professionale, dove ruoli e mansioni sono in continuo cambiamento».

Quali sono le sfide del futuro che la formazione continua può aiutare ad affrontare?

«Posso parlare del nostro caso, nel quale la formazione è fondamentale per esempio per facilitare la motivazione e l’integrazione del personale dopo la fusione di più società, ma anche per diventare una realtà davvero inclusiva o per crescere e divenire competitivi su mercati nuovi o particolarmente difficili – come Australia, Romania, Stati Uniti, Francia, tra gli altri – o ancora in vista del PNRR. Siccome per noi le competenze presenti sul mercato non sono sufficienti, abbiamo in progetto una serie di accademy strutturate per recuperare le professioni legate alle costruzioni: siamo “piacevolmente” condannati a formare ex-novo tutte le persone che ci serviranno per i progetti lavorativi che abbiamo in giro per il mondo».

Parlando di leadership, il nuovo corso la vuole “gentile”: quali skill bisogna dunque allenare o apprendere?

«Credo che, più che definirla “gentile”, la nuova leadership debba essere sempre più “di scopo”: bisogna saper agire fuori dalle aree di comfort, sempre più spesso in ambiti internazionali, gestendo progetti e aziende intorno a obiettivi precisi, in maniera concreta. La gentilezza, semmai, è un prerequisito, benché la continuità sia difficile, soprattutto quando lo stress prende il sopravvento».

Parlando ancora di skill, in generale, quali sono quelle fondamentali che il mercato del lavoro chiederà con sempre maggior frequenza?

«Tutti i ruoli digital e le funzioni tecniche e IT sono in continua crescita: si tratta di un trend ormai consolidato».

In che modo bisogna portare le persone ad affrontare percorsi di reskilling e di upskilling?

«Solitamente le persone, davanti all’opportunità di apprendere, reagiscono in maniera positiva: credo sia insita nell’essere umano la volontà di imparare; noi abbiamo creato attività formative in azienda che sono super seguite, come per esempio il format “Time to Talk”, così come le community che si sono formate; anche quando chiediamo a qualche dipendente di diventare docente, la risposta è sempre carica di entusiasmo».

In che modo,secondo lei, il Governo può sostenere la formazione e favorirla?

«Non dimentichiamo che c’è il Fondo Nuove Competenze da sbloccare. Il Governo, a mio avviso, dovrebbe valutare meglio i piani formativi e concentrare le risorse nelle aree strategiche; nel nostro settore, per esempio, c’è carenza di personale, ma noi abbiamo il know-how per formarlo: bisognerebbe pensare a una partnership pubblico-privato e perseguire le priorità strategiche, ovvero individuare le professioni che diventeranno o sono già diventate strategiche e formarle con la partecipazione pubblica per quanto concerne i fondi e quella privata per la parte di conoscenze da trasmettere».

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