Le battaglie del green shift

Quali sono le emozioni che intervengono quando si parla di climate change? Perché queste emozioni devono essere considerate dai manager delle organizzazioni?

A cura di Anja Puntari, Executive Business Coach e artista

L’artista MaraM cammina lentamente tra gli scaffali del Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano (MAP). Tra antichi reperti e ritrovamenti, all’interno di catacombe e luoghi lontani, la performer procede portando sulla propria testa un uovo di struzzo, simbolo di rinascita, attesa e vita. Un gesto semplice ma ricco di intuizioni, quello dell’artista. Dalle rovine di una civiltà passata nascerà una nuova realtà collettiva e sociale che funzionerà con logiche, tecnologie e valori diversi da quelli del passato.  

Di fronte a noi diventa sempre più evidente il cosiddetto green shift. Come nella performance di MaraM, l’umanità sta forse davanti a un bivio, dove deve scegliere un nuovo indirizzo che poi sarà anche il suo destino. La cultura che oggi viviamo è forse già condannata alla morte per rinascere dopo in una forma diversa? Viviamo davvero nell’era dell’antropocene, periodo di tempo durante il quale le attività umane hanno avuto un impatto sull’ambiente così incisivo di causare un cambiamento geologico distinto? E che cosa significa questo per la dimensione organizzativa e le attività di business? Queste, tra le altre, sono le domande che suscitano ormai un sentito non indifferente anche in azienda dove la strategia, il piano industriale, i cut e i budget, piuttosto che i processi e le procedure tutte in un modo o l’altro vengono influenzati dal cambiamento in atto. 

MaraM

In questo processo di transizione verso un modo diverso del fare, le emozioni regnano forti e nascono nuovi sentiti poichè ciò che sarà la fine di un’azienda, una struttura, un percorso di carriera sarà contemporaneamente l’inizio di qualcos’altro. Emergono nuovi vocaboli e neologismi per esprimere lo stato d’animo legato al degrado ambientale come ansia ambientale, flight shame ed eco colpa e solastalgia. L’ultimo, un sentimento che raramente è stato provato da un essere umano prima di questi anni. Si tratta di un profondo senso di malessere e di assoluta impotenza che sorge davanti alla distruzione dell’ambiente a causa dei cambiamenti climatici. Davanti al deterioramento del Pianeta si annulla ogni energia, soprattutto nelle generazioni più giovani, alimentando l’idea dell’impossibilità di avere futuro. Ma non tutti sono animati da sentimenti cupi: l’eco-passione in azienda spinge le persone a innovare e provare soluzioni nuove, a cercare nuove opportunità di business. L’interpretazione sull’urgenza ambientale è personale e spesso anche figlia della generazione a cui apparteniamo, al ruolo che ricopriamo in azienda o nella società.   

Nelle organizzazioni, nella società anche le nuove emozioni che si collegano al riscaldamento globale, ai rischi che l’evoluzione del clima prospetta sono un segnale di un vasto “seminterrato” popolato di una naturale e biologica sapienza: la capacità umana di stare in una relazione simbiotica e nutriente con la natura, con l’ambiente che ci circonda, con i maestosi fenomeni determinanti dall’alternarsi delle condizioni climatiche. Ecco, prima, speriamo molto prima, che questa sapienza, questa consapevolezza vengano ritrovate nei nostri scantinati da una popolazione di sopravvissuti sarebbe bene ridargli il dovuto lustro e riproporli all’attenzione di tutti come patrimonio collettivo. 

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