Merito, smart working e umanità: ecco la grammatica del nuovo mondo

Con il suo nuovo libro, ‘Grammatica del nuovo mondo’, Filippo Poletti ripercorre le parole che hanno segnato i due anni di pandemia, da quelle che hanno cambiato significato a quelle che sono entrate nell’immaginario comune, così come nel lessico aziendale e delle risorse umane.

grammatica del nuovo mondo

Qual è l’eredità della pandemia? Quali parole ci lascerà come testimone? Sono quelle contenute nella “Grammatica del nuovo mondo”, il libro uscito nel 2021 con la prefazione del filosofo Salvatore Veca. Scegliamone tre per guardare al domani con occhi nuovi: la prima è merito, la seconda è smart working, la terza è umanità.

Di cosa parliamo:

  • merito a Francesca Colavita, ricercatrice dello Spallanzani
  • smart working cresce, ora si stabilizzi
  • umanità è solidarietà: hey you, divided we fall

Merito a Francesca Colavita, ricercatrice dello Spallanzani

La prima parola è il merito. È quello di Francesca Colavita, la ricercatrice originaria di Campobasso in forze all’istituto Spallanzani di Roma: fu lei a individuare nel laboratorio di virologia la sequenza del genoma del nuovo coronavirus. Fu lei alle 22:30 del 31 gennaio 2020, durante il turno di lavoro, a compiere un passo importante assieme a Concetta Castilletti, responsabile dell’unità dei virus emergenti, nella ricerca dedicata alla malattia respiratoria.

«Isolato il nuovo coronavirus», leggemmo nel comunicato stampa diramato dall’istituto romano il 2 febbraio. Poche righe dopo si trovava l’ipotesi dello scatto in avanti della scienza, essendo prospettata la possibilità di studiare «i meccanismi della malattia per lo sviluppo di cure e la messa a punto del vaccino».

La scoperta accelerò anche il percorso di inserimento di Francesca in pianta stabile allo Spallanzani, resa complicata dalle procedure di selezione pubblica. La sua vicenda – commenta la “Grammatica del nuovo mondo” – è una lezione per tutte le aziende: premiare chi merita vuol dire fare il successo dell’impresa.

Smart working cresce, ora si stabilizzi

La seconda parola è smart working. Nel 2019, prima del nuovo mondo introdotto dal coronavirus, in Italia si contavano 570 mila smart worker. L’avvento della pandemia ha cambiato il quadro generale, imponendo un’accelerazione del lavoro a distanza e facendo registrare più di sei milioni di lavoratori attivi in modalità remota. La cartina di tornasole è rappresentata anche dagli operatori di telefonia: sono stati loro, infatti, a segnalare un grande incremento del traffico sulle linee telefoniche fisse che fanno viaggiare i dati caricati e scaricati in rete.

Il muro dello smart working è stato, dunque, abbattuto. Ora l’Italia ha di fronte una duplice sfida: da una parte la revisione della normativa a cura delle istituzioni, dall’altra l’adeguamento dei sistemi informativi e gestionali. All’orizzonte c’è la possibilità di far evolvere lo smart working da una modalità di crisi a un modello di lavoro stabile. Una modalità che, a nostro avviso, non può escludere la collaborazione fatta in presenza: resta valido, infatti, il proverbio che dice “la virtù sta ne mezzo”. E il mezzo, parlando di lavoro, significa la formula ibrida (un po’ a distanza, un po’ in presenza).

Umanità è solidarietà: hey you, divided we fall

La terza parola è umanità. Il coronavirus ci ha distanziato. Viene in mente, a proposito di isolamento, la canzone Hey you composta dai Pink Floyd nel 1979 e dedicata a chi è prigioniero tra le pareti domestiche. «Ehi tu, lì fuori al freddo, sentendoti solo, sentendoti vecchio, riesci a sentirmi?», dicono le parole di Roger Waters, scritte immaginando un dialogo con la vita al di là del muro. «Ehi tu, non aiutarli a sotterrare la luce, non arrenderti senza lottare», prosegue il testo. «Ehi tu, non dirmi che non c’è alcuna speranza. Insieme restiamo in piedi, divisi cadiamo», rifletteva la band britannica, seminando la speranza di un altro mondo.

Ai tempi del coronavirus, serrati nel focolare, abbiamo sentito l’urgenza di recuperare il senso di unità. Come si legge nella premessa-testamento della “Grammatica del nuovo mondo” scritta da Veca, scomparso il 7 ottobre 2021, «il nostro slogan “una sola umanità, un solo pianeta” va integrato con la glossa che ci ricorda che, come viventi, noi non siamo “soli”». È la lezione della pandemia: come siamo parte della natura e della cultura, così apparteniamo alla comunità vivente. È quello che dobbiamo aver presente nel nuovo mondo, nella prospettiva dell’ecologia radicale e della giustizia sociale.

Vai al sito ufficiale della Grammatica del nuovo mondo

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