“Oltre lo smart working”, modelli per una cultura del lavoro davvero “intelligente”

Lo smart working, balzato agli onori della cronaca “grazie” alla pandemia, viene spesso erroneamente inteso meramente nella sua accezione “remota” ed emergenziale. Nel volume “Oltre lo smart working” – edito da Franco Angeli e che raccoglie l’esperienza dell’ultima edizione dell’evento Smart Working Day – Franco Amicucci, Gabriele Gabrielli, Paolo Iacci e Luca Solari accendono invece i riflettori sulle potenzialità, appunto, “smart”. Ovvero nuove modalità agili, flessibili e sostenibili da integrare nella cultura del lavoro italiana per impattare positivamente l’organizzazione aziendale e la qualità della vita dei lavoratori.

Oltre lo smart working

Entrato prepotentemente nelle prassi lavorative di tantissime aziende a causa della pandemia, lo smart working è in realtà una modalità di lavoro dalle grandi potenzialità, dalla sostenibilità alla flessibilità, tra l’altro in un’ottica win-win per azienda e lavoratore. Quattro esperti, Franco Amicucci (sociologo, formatore e docente), Gabriele Gabrielli (imprenditore, executive coach, consulente e consigliere delegato di People Management Lab), Paolo Iacci (presidente di Eca Italia e di Aidp Promotion, nonché professore universitario) e Luca Solari (professore universitario, presidente della Fondazione Unimi e fondatore di OrgTech) hanno fatto il punto della situazione italiana analizzando le metamorfosi in corso, i meccanismi fondamentali perché la nuova realtà lavorativa funzioni e tracciando le possibili evoluzioni: è nato così il libro “Oltre lo smart working” che, accanto al quadro delineato dai quattro opinion leader, presenta una carrellata di case history aziendali emerse durante lo Smart Working Day, evento organizzato da Hr Link.

Ed è durante un altro evento targato Hr Link, il Salone della Formazione – svoltosi il 27-28 settembre negli avveniristici spazi del Made Competence Center, nel cuore del Campus Bovisa del Politecnico di Milano presso il Made, all’interno del Politecnico di Milano– che è stato presentato il libro, edito da Franco Angeli.

Ma vediamo, nei commenti di due degli esperti, quali sono i punti-chiave di questo nuovo modello di lavoro agile.

Nuovi mindset

«Con il nuovo secolo siamo entrati nell’età del paradosso: le persone e le imprese si sono trovate costantemente e in modo strutturale in condizioni paradossali, inseguendo obiettivi contraddittori e in opposizione tra loro – afferma Paolo Iacci –. Il lavoro agile è il frutto di questa nuova condizione strutturale e, parallelamente a esso, si è venuto a determinare un nuovo mindset. Nuove attese verso se stessi e gli altri. Le persone vogliono contemporaneamente maggiore libertà e maggior coinvolgimento. Un nuovo modo di concepire il lavoro e la soddisfazione che da questo ci si può aspettare. Nuove richieste verso le organizzazioni e nuove aspettative rispetto l’intera esperienza professionale. La pandemia ha reso più veloce ed evidente questo nuovo mindset, esattamente come ha determinato un cambio di passo nei processi di digitalizzazione e di remotizzazione del lavoro. Tra lavoro agile e nuovo mindset vi è quindi non solo parallelismo, ma anche un meccanismo di reciproco influenzamento. I nuovi processi e le nuove forme del lavoro determinano un cambio di paradigma. Da un modello di leadership basato sul meccanismo del comando–controllo stiamo passando a un differente modello, fondato sulla “fissazione di obiettivi e il successivo controllo dei risultati”. Un modello, quindi, basato su maggiore autonomia, discrezionalità, responsabilizzazione e competenza nel binomio capo–collaboratore. Si apre una nuova fase per le organizzazioni e per le persone che le abitano» conclude Iacci.

Focus sul benessere delle persone

«Il cambiamento delle modalità di lavoro degli ultimi anni guidato dalla digitalizzazione e dallo smart working dell’emergenza ci ha improvvisamente posti di fronte a nuove sfide organizzative» spiega Gabriele Gabrielli, che prosegue: «Il nostro compito ora è leggerle come opportunità per trasformarle in cambiamento positivo, che possa valorizzarne le potenzialità e gestirne le ricadute meno desiderabili.
Andare oltre lo smart working da questa prospettiva significa ben altro che il ricorso al remote working ma, nella sua accezione più ampia, evocare l’esigenza di un change management che punta a cogliere l’obiettivo di conseguire una nuova cultura del lavoro che ponga al centro il benessere integrale delle persone. Il lavoro, e la nostra società insieme a esso, cambiano nel tempo, si evolvono; così lo smart working può facilitare il mutamento della visione del lavoro del quale abbiamo bisogno. Le persone vogliono sentirsi più responsabili e contribuire alla realizzazione del purpose aziendale. Gli studi che si stanno facendo in ambito accademico e la ricerca operativa possono rendere le organizzazioni più consapevoli di questa trasformazione, favorendo l’adozione di new ways of working condivise e diffuse, che rendano il lavoro più sostenibile e su misura per le persone».

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