
La chiave per la retention dei talenti: il contratto psicologico.
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La percezione del lavoro sta cambiando. Stanno cambiando le aspettative dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro. Aspettative che si modificano non solo attraverso l’esperienza professionale, ma dipendono anche dall’influenza di fattori esterni.
Il nostro team di Ricerca e Sviluppo ha condotto uno studio esplorativo sulla nozione di “Contratto Psicologico”, analizzando oltre 12.000 dati raccolti e integrandoli con interviste agli esperti.
Cos’è il contratto psicologico?
Il contratto psicologico rappresenta le aspettative del collaboratore riguardo il proprio rapporto con il lavoro e con l’azienda. Include domande come queste: Come mi vedo nel futuro? Quanto valore attribuisco alla fiducia costruita nel tempo? Come immagino la mia carriera? Sono in sintonia con i valori e la cultura della mia azienda?
Come si misura il contratto psicologico?
Misurare il contratto psicologico è complesso, ma abbiamo adottato un approccio specifico per farlo. Lo abbiamo chiamato “contratto psicologico” perché riguarda quelle “clausole contrattuali” che non possono essere messe per iscritto in un contratto di lavoro, ma che per la persona sono altrettanto importanti.
Misura le preferenze e le aspettative dei dipendenti riguardo al loro rapporto con il lavoro, e consente ai professionisti delle risorse umane di utilizzarlo in situazioni di recruiting, di orientamento e di sviluppo, nel quale trovare un ottimo alleato per la talent retention.
Cos’abbiamo scoperto nei nostri studi
Le generazioni più giovani vedono il lavoro più come uno scambio di benefit (approccio transazionale) mentre le generazioni precedenti danno più importanza allo scambio sociale, fiducia e identificazione con i valori (approccio relazionale).
Le generazioni più giovani sono molto coinvolte all’inizio del lavoro, ma perseverano nel tempo solo se trovano un significato in quello che fanno.
Hanno una visione diversa anche riguardo il potere: danno meno valore al potere che hanno sui dipendenti e non sentono il bisogno di assumersi responsabilità. La cosa più importante per loro è il contributo che danno al raggiungimento dei risultati.
Secondo Rousseau (2000), il loro contratto psicologico desiderato prevede formazione e sviluppo continui, e attenzione al loro valore sul mercato del lavoro.
Il futuro del contratto psicologico e l’importanza della sua valutazione
Tradizionalmente esistevano solo due principali tipologie di contratti di lavoro: transazionali e relazionali. Ora i più giovani prediligono il contratto “misto” bilanciato, che combina elementi di entrambi.
I contratti transazionali sono ora visti come temporanei o adatti solo a lavori altamente strutturati.
I contratti relazionali, che favoriscono una relazione a lungo termine, sembrano diventare sempre più rari e sono spesso associati alle generazioni più anziane.
Capire il tipo di contratto psicologico che le persone desiderano è diventato cruciale per il lavoro dell’HR, in tutti i suoi ambiti, soprattutto per riuscire a trattenere i talenti.
L’approccio di PerformanSe
Abbiamo creato un questionario che valuta i tre aspetti che definiscono il contratto psicologico: proiezione nel tempo, rapporto sforzo-ricompensa e identificazione con i valori aziendali.
Francesca Murdocco, PhD in Psicometria e Ricercatrice presso PerformanSe, spiega che “fenomeni come il quiet quitting e il burnout, che portano alla perdita dei talenti, si verificano quando c’è una rottura nel contratto psicologico tra il collaboratore e l’azienda. La persona si aspettava A e invece sta vivendo B. Iniziano a vivere una situazione di malessere, in quanto sentono che le loro aspettative sono state deluse. Si mettono quindi in standby, in “risparmio energetico”, mentre valutano la situazione, e vedono se trovare un altro lavoro o rinegoziare il contratto psicologico con l’azienda”.
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