Legge 106: le nuove regole per lavoratori fragili e genitori di figli con invalidità
Dal 9 agosto 2025 è entrata in vigore la legge 106/2025, che integra la 104 introducendo nuove tutele per i lavoratori fragili o con figli disabili. La norma segna un passo verso il riconoscimento dei diritti dei lavoratori malati, pur lasciando irrisolto il nodo economico. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Patrizio Bernardo di ADVANT Nctm

Dal 9 agosto 2025 è in vigore la legge 106, che affianca e integra la preesistente 104, anche se occorre attendere il primo gennaio 2026 affinché tutte le disposizioni siano pienamente operative. L’obiettivo è tutelare ancora di più non solo il lavoratore in condizione di fragilità, ma anche il suo eventuale caregiver. Tra le novità principali, permessi extra e congedi più lunghi per svolgere visite e cure: il rovescio della medaglia, però, è che il congedo non sarà retribuito. Abbiamo tratteggiato il nuovo quadro normativo con l’aiuto dell’avvocato Patrizio Bernardo di ADVANT Nctm.
Le novità della legge 106/2025
La legge 106, che si applica nel pubblico e nel privato, è entrata in vigore già lo scorso agosto, ma gli effetti si avranno pienamente solo a partire dal nuovo anno, quando i lavoratori con un’invalidità pari o superiore al 74% o i genitori con figli minorenni con disabilità potranno richiedere dieci ore di permessi annue extra per effettuare cure, visite ed esami, che vanno a integrarsi con quelle già riconosciute dalla legge 104. Un’altra grossa novità è il congedo per un periodo massimo di due anni: il lavoratore potrà conservare il proprio posto di lavoro, ma senza retribuzione. Sarà inoltre possibile, perlomeno per quei ruoli che lo consentono, accedere con maggiore facilità allo smart working.
È in questo senso che la nuova legge tutela maggiormente il lavoratore fragile: l’ottica è quella dell’integrazione nell’azienda, anche qualora ci fosse una sospensione del lavoro per i due anni previsti dalla normativa.
Le dieci ore extra introdotte con la 106 potranno essere richieste dai lavoratori del settore sia pubblico sia privato, e in entrambi i casi la copertura contributiva sarà garantita. Il congedo di due anni potrà essere chiesto dopo l’esaurimento di eventuali altri periodi di assenza giustificata, con retribuzione o meno. Il periodo, però, non aumenta l’anzianità di servizio o della previdenza, a meno che non si versino volontariamente dei contributi.
Nuove tutele anche per i lavoratori autonomi
La normativa tocca in parte anche lavoratori autonomi e liberi professionisti: per la prima volta le partite Iva potranno sospendere la propria attività per un massimo di 300 giorni nel caso di tumori o malattie invalidanti, mantenendo comunque la propria posizione previdenziale e contributiva attiva.
La parola all’esperto
Non mancano però alcune criticità o punti ancora grigi: per chiarirli al meglio ci siamo rivolti all’avvocato Patrizio Bernardo, di ADVANT Nctm.
Avvocato Bernardo, come si ottengono il congedo o i permessi previsti dalla legge 106/2025?
Per ottenere il congedo (o poter fruire dei permessi) è necessario che il lavoratore ottenga un’adeguata certificazione della situazione patologica, legittimante rilasciata dal medico di medicina generale o del medico specialista che opera in una struttura sanitaria privata o pubblica. In contemporanea occorre il verbale di attestazione dell’invalidità civile rilasciato dalla competente Commissione medico-legale dell’ASL, integrata con un medico dell’INPS.
Come deve avvenire la trasmissione dei documenti?
Sebbene la legge non disciplini puntualmente le modalità con le quali il dipendente debba successivamente trasmettere la documentazione sanitaria al proprio datore di lavoro per poter usufruire dei benefici previsti (aspetto sul quale potrà intervenire a chiarimento la contrattazione collettiva), alcuni autori ritengono opportuno che l’invio avvenga per il tramite del medico competente, il quale si occuperebbe di esaminare la documentazione e comunicarne la valutazione, nel rispetto della tutela alla riservatezza del lavoratore, al datore di lavoro.
Quali sono le criticità della legge 106 per il lavoratore?
Il congedo di 24 mesi introdotto dalla legge, oltre a non essere retribuito e a non consentire – al contempo – lo svolgimento di alcuna altra attività lavorativa, non viene computato nella complessiva anzianità di servizio del lavoratore, la quale, dunque, ad ogni fine e in relazione a qualsivoglia istituto economico-normativo, resterà “congelata”. Inoltre, il congedo non è valevole a fini previdenziali, non essendo previsto alcun tipo di copertura contributiva figurativa. È pur vero che viene consentito un versamento volontario a copertura del periodo, ma è noto che questa costituisce un onere non indifferente.
E per l’azienda?
Per quanto riguarda il datore di lavoro, per gestire in modo efficace le implicazioni operative e organizzative della nuova normativa, potrà essere utile predisporre delle adeguate regole interne per disciplinare in primo luogo le modalità di richiesta e gestione del congedo (specie ove questo venga fruito in maniera frazionata). Occorrono poi una corretta gestione, anche sotto il profilo privacy, delle comunicazioni che riguardano i dati sensibili del lavoratore e un puntuale coordinamento con altri istituti già esistenti e previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Quest’ultima, infatti, spesso riconosce in questo ambito misure ulteriori di tutela del lavoratore, come il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time (e il rientro, a richiesta del lavoratore, al regime full time).
Ci sono ancora dei vuoti da colmare? Quali ulteriori elementi bisognerebbe ancora aggiungere rispetto alla disciplina normativa in esame?
Indubbiamente, al di là di aspetti prettamente operativi una delle maggiori criticità è l’assenza di copertura previdenziale nel caso del congedo non retribuito di 24 mesi e dall’esenzione dal computo della anzianità di servizio. Su questi temi, in effetti, anche se la normativa qui analizzata rappresenta un significativo passo in avanti a protezione di lavoratori, potrebbe infatti essere auspicabile un ulteriore intervento del legislatore per tutelare ulteriormente le situazioni personali, specie in quei momenti della vita, lavorativa e anagrafica, in cui la salvaguardia della posizione previdenziale e pensionistica assume generalmente un rilievo ancora maggiore.



