Certificazioni e nuove norme sul Whistleblowing: tutto ciò che un HR deve sapere

Oggi è sempre più importante essere credibili e affidabili, soprattutto per un’azienda che vuole crescere e distinguersi in un panorama ampio e variegato: le certificazioni diventano così essenziali, mentre i datori di lavoro – pubblici e privati – devono effettuare una serie di adempimenti per adeguarsi alle nuove norme in materia di Whistleblowing. Ecco per punti tutto quello che un HR deve sapere di questo universo normativo.

whistleblowing

È il  D.Lgs. n. 24/2023 a contenere le novità normative che riguardano il whistleblowing, ossia la denuncia fatta da un dipendente (ma non solo) su attività illecite di aziende e organizzazioni. I nuovi adempimenti, a cui dovranno adeguarsi i datori di lavoro sia pubblici e che privati, prevedono in sintesi che:

  • si dovranno istituire canali di comunicazione che assicurino l’anonimato e la privacy del lavoratore che segnala la presunta irregolarità, così come del soggetto responsabile della presunta violazione, di tutte le persone menzionate e di qualsiasi documentazione prodotta;
  • anche i lavoratori autonomi, liberi professionisti, consulenti e detentori di un rapporto di collaborazione, come previsto dall’articolo 3, potranno fare una segnalazione rispetto ad azioni illegali, che comportino conseguenze civili, penali, amministrative o contabili dannose sia per l’interesse pubblico che per quello privato;
  • la tutela dei segnalanti dovrà essere garantita anche durante il periodo di prova o dopo la conclusione del rapporto di lavoro;
  • come indicato all’art.17, è vietato qualsiasi atto ritorsivo nei confronti di coloro che segnalano le presunte irregolarità;
  • i canali informativi possono essere gestiti sia all’interno dell’azienda che affidati a soggetti esterni.

“Tra le questioni dibattute vi è quella della definizione del soggetto interno a cui attribuire la responsabilità della gestione delle segnalazioni e il “dubbio” se esternalizzare tali incarichi” ha dichiarato a HR Link l’avvocato Sergio Alberto Codella, giuslavorista e partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati.

È ancora presto – ha aggiunto Codella – per potere dare un giudizio sulla ‘riforma’, ma leggo il rischio che essa sia percepita dalle aziende più come un ennesimo orpello burocratico che come uno strumento che, insieme al modello 231 e nel rispetto della privacy, possa garantire effettività di tutela al personale e un sostanziale sistema di controllo posto anche protezione delle responsabilità dei vertici aziendali”.

Si dovrà fare attenzione anche alla data entro la quale la normativa si applicherà. Entro il 15 luglio 2023 dovranno adeguarsi le aziende con in media più di 249 dipendenti negli ultimi 12 mesi, entro il 17 dicembre le aziende con almeno 50 lavoratori nell’ultimo anno.

Il vantaggio competitivo delle certificazioni

Migliorare la reputazione aziendale, portare un vantaggio etico, incrementare il business e in maniera ancora più pragmatica accedere a bandi e gare pubbliche, a semplificazioni normative e a sgravi fiscali. Sono questi alcuni dei vantaggi delle certificazioni, ossia dell’attestazione da parte di un ente competente di un sistema gestionale e organizzativo conforme a norme di riferimento riconosciute a livello internazionale.

Le certificazioni ISO attestano che gli standard applicati all’interno di una azienda rispettino le regole definite dall’International Organization for Standardization. Tra le più richieste si sono la certificazione Qualità (ISO 9001), la certificazione ambientale (ISO 14001), e  la certificazione per la gestione della sicurezza e la salute dei Lavoratori  (ISO 45001).

Nel 2021 è stata pubblicata la certificazione ISO 30415, la prima norma ISO che definisce le linee guida su diversity & inclusion nei processi aziendali.

Trasparenza salariale: cosa dice la norma europea

Di recente il Parlamento europeo ha definitivamente approvato le nuove norme per contrastare il gender pay gap. Una significativa novità introdotta dalla nuova legislazione europea è quella che riguarda il divieto del segreto salariale: le clausole contrattuali che impongono la riservatezza sulle retribuzioni dei lavoratori non sono infatti più consentite.

Con l’obiettivo di facilitare il riconoscimento delle disuguaglianze, ai dipendenti è riconosciuto il diritto di richiedere e ottenere informazioni chiare e complete sui livelli salariali individuali e medi, suddivisi per genere, senza che le buste paga possano essere più tenute segrete.

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