Comunicazione, problem-solving, gestione di stress e conflitti: il potenziale dell’executive coaching

Marco Bigornia, Trainer Director di Allenati per l’Eccellenza – hub della formazione nella sfera del coaching e della programmazione neurolinguistica – spiega obiettivi e funzione di un percorso di executive coaching.

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L’executive coaching è una metodologia sempre più diffusa finalizzata a sviluppare le capacità di imprenditori e top manager: chi si avvale del coaching a livello professionale migliora le proprie capacità di comunicare e motivare i collaboratori e i team, di sviluppare strategie, di gestire il cambiamento, l’overload e lo stress, di prendere decisioni complesse e mediare i conflitti. Oggi anche il mercato italiano sta scoprendo il potenziale dell’executive coaching, mentre cresce la consapevolezza di quanto sia importante selezionare coach certificati.

Ne abbiamo parlato con Marco Bigornia, Trainer Director di Allenati per l’Eccellenza, hub della formazione nella sfera del coaching e della programmazione neurolinguistica.

Dottor Bigornia, Allenati per l’Eccellenza sta per lanciare una nuova linea di executive coaching…

«La Executive Wave Edition, in partenza a febbraio 2022, è una linea del corso European Coaching & NLP Program che già da dieci anni portiamo avanti, garantito dalla doppia certificazione internazionale della International Coaching Federation e della International NLP Trainers Association. È rivolto a leader, manager, professionisti, imprenditori, coach, aspiranti coach e a tutti coloro che colgono nel coaching e nella programmazione neurolinguistica un’opportunità verso il cambiamento desiderato, attraverso un unico programma completo e quattro formule diverse (ndr. i termini “accreditamento” e “certificazione” non sono da intendersi nel senso di cui al regolamento europeo n. 765/2008 e dalla Legge n. 4/2013)».

Su quali pilastri si fonda il programma?

«In tutti questi anni abbiamo compreso quali sono le esigenze dei moderni C-level e generato un corso in cui trattiamo più approfonditamente la tematica del coaching, della PNL e dell’assessment del LUXX Profile, tre pilastri su cui si fonda il nostro metodo. Si tratta di un’edizione pensata per le figure apicali, che mira da un lato a trasmettere i principi del coaching e a far sì che i C-level li integrino nella propria attività, sviluppando un’attitudine da coach. Dall’altro cerchiamo di fare in modo che i leader applichino i principi della programmazione neurolinguistica, altro pilastro fondante della Executive Wave Edition, imparando a riconoscere quali sono le leve motivazionali dell’interlocutore per poter modulare la comunicazione in base a coloro che hanno di fronte in quello specifico momento. Questa capacità è possibile anche grazie al LUXX Profile, uno strumento di assessment che ci consente appunto di misurare le leve motivazionali, nostre e altrui. Si tratta del terzo pilastro fondamentale che trattiamo in maniera approfondita. Dai comportamenti che osserviamo, dalle strutture linguistiche che ascoltiamo, utilizzate dai nostri interlocutori, riusciamo a risalire a quelle che sono le leve motivazionali con cui poter stimolare e motivare il nostro interlocutore, oppure demotivarlo».

Può farci un esempio?

«Ci sono delle persone che per poter agire hanno bisogno di istruzioni – “Fai questo o fai quello” – e quando arriva il comando lo eseguono. Generalmente si tratta di coloro per cui il fattore motivazionale ha un’influenza bassa. Viceversa, coloro per cui la motivazione ha un’influenza alta, si irritano nel momento in cui ricevono un’istruzione netta. Ecco, noi forniamo agli executive gli strumenti per comprendere su quali leve motivazionali agire nei confronti dei propri team o interlocutori. I manager, grazie al LUXX Profile, possono comprendere le proprie leve motivazionali primarie, che determinano il comportamento. Comprendendo questi aspetti su sé stessi, possono poi capire dalle azioni e dalle strutture neurolinguistiche dei propri interlocutori quali siano le loro leve motivazionali e adattare il proprio linguaggio affinché sia risonante con chi hanno di fronte, con effetti positivi sull’efficacia della comunicazione per tutti i soggetti coinvolti».

È complicato il coaching con gli executive?

«Non è complicato, perché comunque c’è la capacità del coach di utilizzare i principi stessi del coaching, ma ci deve essere l’attitudine e la volontà da parte del coachee di calarsi nel ruolo. Paradossalmente, il segretario generale delle Nazioni Unite potrebbe non avere l’attitudine a fare coaching, mentre il responsabile di una pasticceria di quartiere magari sì.

D’altro canto è anche vero che non sempre si crea quella che noi chiamiamo l’alchimia tra il coach e il cliente. Anche questo è un elemento che va considerato. Un coach può essere meno adatto a una specifica persona di un altro: nessuno dei due è migliore, semplicemente non c’è alchimia con il coachee. Quando ciò si verifica, non è colpa del cliente, sicuramente non è colpa del coach, e non è colpa neanche del coaching.

Ci devono essere la coachability, la volontà, l’apertura. Se c’è diffidenza – perché si pensa che il coach possa venire a conoscenza di alcune debolezze – allora non può funzionare. Devo dire, comunque, che ormai anche in Italia la cultura dell’executive coaching sta prendendo piede. Il coaching è già entrato nelle organizzazioni pubbliche e private, civili e persino militari».

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