Congedo mestruale, la Spagna va verso l’approvazione

Per molte lavoratrici svolgere la propria attività professionale convivendo con dolori più o meno intensi fa parte di una normalità incentrata sulla sopportazione dei disagi correlati al ciclo mestruale, significativi (o addirittura invalidanti) per il 60-80% delle donne. Mentre la Spagna vara una legge apripista che consente alle donne con mestruazioni particolarmente dolorose (certificate dal medico) 3 giorni di congedo, in Italia una normativa analoga sembra ancora lontana, con una proposta di legge presentata cinque anni fa e mai più discussa.

congedo mestruale

Congedo mestruale per donne con cicli dolorosi. Perché possono essere davvero debilitanti, a volte, e dolorosi più di un attacco di cuore, secondo una ricerca condotta nel 2016 da John Guillebaud dell’University College di Londra, che è riuscito a quantificare la sofferenza provata dalle donne affette da dismenorrea.

Già riconosciuto in Giappone, Indonesia, Zambia, in Corea del Sud e in sperimentazione in alcune aziende francesi, il congedo mestruale è in discussione in Spagna. In Italia, nel 2017, un gruppo di parlamentari aveva avanzato una proposta di legge per istituire il telelavoro nei giorni del ciclo, sotto la guida della senatrice Daniela Sbrollini, una delle prime firmatarie.

Oggi, sulla scia della Spagna, potrebbe essere il momento per tornare sull’argomento, anche in virtù del fatto che il Parlamento ha iniziato a occuparsi di endometriosi e altre patologie invalidanti dell’apparato femminile.

Sbrollini ricorda i numeri: «Le donne che soffrono di dismenorrea, ossia di dolori mestruali, sono fra il 60 e l’80%, la maggior parte ne soffre occasionalmente o in modo sopportabile, ma c’è un consistente 10-15% che li subisce in forma grave, per questo non possiamo abbandonarle». La senatrice, insieme alla ministra Elena Bonetti, ha anche portato avanti la battaglia sull’Iva per gli assorbenti.

C’è chi pensa che il congedo mestruale potrebbe diventare un motivo per penalizzare ulteriormente le donne, favorendo l’assunzione di uomini. «Alibi» per la senatrice, che aggiunge: «Questo Paese va cambiato culturalmente, non ci stancheremo mai di dirlo, e bisogna farlo senza sottovalutare ogni piccolo dettaglio. Poi dobbiamo far capire agli uomini datori di lavoro che si tratta di dolori importanti, che ogni mese causano dei problemi seri».

Si tratterebbe, alla fine, di tre giorni al mese: «Quindi quello che può sembrare una perdita di disponibilità della lavoratrice viene recuperato con una resa maggiore nei giorni successivi. Sono cose per le quali si deve smettere di parlare in modo astratto, vanno spiegate bene e il Parlamento deve muoversi in modo da cambiare i luoghi comuni attraverso le leggi, così che poi diventino consuetudini». Questo perché non si tratta di «proteggere le donne», ma di «tutelarle».

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