Formazione manageriale, le opportunità dopo la crisi nel Rapporto 2022

Tra le lezioni impartite dall’emergenza Covid-19 c’è – o dovrebbe esserci – quella relativa al valore della formazione manageriale per gestire efficacemente le crisi e, più in generale, traghettare le organizzazioni indenni verso il futuro. Il Rapporto sulla formazione manageriale 2022 di Harvard Business Review Italia riporta una survey sulla situazione internazionale e prosegue coinvolgendo i player italiani, per fare il punto sull’andamento del settore e sulle sue prospettive a medio e lungo termine.

formazione manageriale

Se è vero che in cinese la parola “crisi” – wei-ji – è formata da due ideogrammi che significano “pericolo” e “opportunità”, è anche vero che pure in Occidente abbiamo capito da tempo che è fondamentale cercare di pensare “out of the box” e trovare dei risvolti positivi anche nelle situazioni più buie, traendone possibilmente anche qualche insegnamento. E così abbiamo cercato di mettere a frutto l’esperienza delle diverse crisi economiche che si sono susseguite e ora non possiamo perdere la “lezione” che la pandemia ci ha impartito, per esempio accelerando il passaggio al digitale – mostrandocene le opportunità oltre i limiti che pensavamo avesse – ma anche evidenziando la necessità di avere manager formati per traghettare le aziende verso il futuro, passando anche attraverso tempeste e avversità.

 Un nuovo modello di business

Se il 2022 sembrava l’anno dell’uscita (definitiva?) dalla pandemia, con la remissione del Covid-19, a fine febbraio lo scoppio della guerra russo-ucraina ha mostrato quanto la “tranquillità” sia un concetto fragile, al quale le organizzazioni devono rispondere con un cambio di rotta nella leadership manageriale, che tuttavia non va improvvisata, ma preparata con cicli di alta formazione precisi e puntuali: secondo un’indagine svolta dal Financial Times, nel 2022 la maggior parte delle aziende a livello internazionale – oltre il 56% – prevede di aumentare il budget dedicato ai programmi di executive education, rivolti soprattutto ai dirigenti senior, ma non solo: la formazione sta infatti diventando un incentivo per attrarre e – soprattutto – trattenere in azienda i talenti. Interessante anche il fatto che le metodologie blended e ibride sono ormai entrati nel mix formativo come plus e non come ripiego, mentre a livello di tematiche la sostenibilità e l’ambiente stanno ottenendo un’attenzione crescente (+7%) accanto a gestione del cambiamento, innovazione e data strategy.

La situazione italiana

L’Osservatorio Manageriale Learning 2020-2022, un’indagine condotta congiuntamente da Asfor-Associazione Italiana per la Formazione Manageriale e Cfmt-Centro di Formazione Management del Terziario e svolta con un questionario online rivolto a 100 aziende – al quale si sono aggiunti 4 focus group e 20 interviste a top executive e responsabili HR –, ha colto i trend evolutivi della formazione manageriale in tema di contenuti, metodi, priorità di investimento e motivazione dei destinatari. E a proposito di motivazione, è di rilievo l’osservazione di Marco Vergeat, presidente di Asfor, che ha guidato il team di ricerca e ha redatto il rapporto conclusivo, secondo il quale «La formazione manageriale ha avuto un ruolo rilevante nel sostenere l’engagement delle persone (76% è d’accordo o molto d’accordo), è stata ‘un canale per tenere le persone accese, per superare il trauma del distanziamento sociale’, nonché un mezzo per rimanere allineati con gli obiettivi aziendali».

Anche in Italia il futuro della formazione è ibrido (74%) mentre solo il 14% degli intervistati prevedere un iter totalmente in presenza, con una significativa crescita del’on-demand e dell’e-learning autogestito (47%); per quanto concerne invece i contenuti, al primo posto nel Belpaese emerge lo sviluppo della leadership (90%), seguito da leadership per team virtuali (68%), digital mindset/competenze digitali (61%), sostenibilità (55%), diversity & inclusion (51%) e smart working (50%): una “classifica” che evidenzia chiaramente la richiesta di una formazione orientata allo sviluppo di nuovi modelli di leadership ma che al contempo sia anche ispirazionale e ricca di contenuti e valori – e non solo di tool. Per questo motivo i learning path sono sempre più tailor made sia a livello di metodologie sia di tematiche e il processo di apprendimento è un processo continuo e costante.

Life-long learning: l’era dell’infosfera

Riprende il concetto della formazione continua anche Franco Amicucci, fondatore di Skilla, sociologo con più di 30 anni di esperienza nella formazione manageriale e autore del libro “Apprendere nell’infosfera. Esperienzialità e nuove frontiere della conoscenza”, che afferma: «“Apprendere ad apprendere per tutto l’arco della vita”: una frase semplice, ma che contiene una serie di rivoluzioni. Non è una cosa nuova, già nel memorandum della Commissione europea del 2000 life-long learning  e life-wide learning erano individuate come categorie fondamentali dell’apprendimento del futuro. Oggi siamo in un contesto in cui vengono rotti essenzialmente due grandi paradigmi culturali della storia umana: il primo è la separazione tra l’apprendimento in una fase della vita, quella della scuola, e quello della fase successiva, ovvero il lavoro. L’apprendimento diventa fattore permanente perché siamo entrati nell’epoca del continuo e rapido cambiamento, quindi dell’apprendere e riapprendere continuamente. La seconda rottura avviene nelle aziende: la formazione come momento separato dal lavoro, che prevede due-tre giorni di corsi durante l’anno e qualche webinar. Invece l’apprendimento è ormai integrato nella quotidianità, non c’è più separazione tra momento del lavoro e momento della formazione. Siamo di fronte a una rivoluzione che richiede una serie di competenze nuove in quella che abbiamo definito “infosfera”, ovvero un contesto ibrido, fisico e digitale» conclude Amicucci.

Allenare l’emotional agility

Se la nuova leadership che emerge deall’infosfera deve essere fluida, comunicativa e “gentile” – deve cioè mettere in campo una serie di soft skill, l’intelligenza emotiva in primis, ma anche l’ironia, l’autoironia, la flessibilità comportamentale il pensiero positivo e il problem solving creativo – deve essere anche inclusiva e attenta ai bisogni dei singoli individui, apprendendo – con un ciclo formativo specifico – a riconoscere subito i segnali di  malessere da brain fog, zoom fatigue o isolamento ma anche e soprattutto a prevenirli sviluppando engagement, motivazione e senso di appartenenza.

Le 3T

Saranno le 3T che secondo il teorico Richard Florida, guru della Silicon Valley, caratterizzano la creative class – Telento, Tecnologia e Tolleranza, le peculiarità della classe dirigente del futuro secondo Paolo Iacci, presidente di Aidp Promotion e docente presso l’Università Statale di Milano: « Per ciò che riguarda le risorse umane, il “talento” è il nuovo vero focus: occorre identificarlo e formarlo adeguatamente in quanto potenzialmente fonte di grandi e veloci ricchezze. Ma il “talento” oggi non è più lo straordinario possessore di un know-how che da solo può determinare una svolta nel destino di un’azienda. Il focus è invece sullo sviluppo della “talentuosità” di tutti i dipendenti perché, tutti insieme, si possa creare un know-how diffuso in grado di migliorare la qualità del prodotto/servizio offerto» afferma Iacci, che spiega: «Il focus passa dall’individuo alla squadra. Il coaching da solo non basta più. Rimane uno strumento fondamentale, ma vanno ripensati i modi per scegliere e formare la classe dirigente del futuro e implementare il necessario know-how tecnico e manageriale interno all’organizzazione. Non si parla più solo di coaching individuale, ma anche di team coaching». A complicare la situazione, la necessità da parte del leader di gestire team “allargati” a causa di fenomeni lavorativi diventati oggi molto comuni, dall’international remote working al southworking: anche in questo caso,            è necessaria una formazione specifica, il cui focus sia la virtual leadership.

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