Digitalizzazione: allineare la strategia alla velocità dello scenario post Covid

La pandemia ha costretto il mondo intero a rivedere non solo il ruolo della tecnologia nella quotidianità, ma anche a velocizzarne drammaticamente l’evoluzione, per far fronte – praticamente a tempo zero – alle necessità che il “new normal” ci ha messo davanti, dall’emergency working alla formazione a distanza. Una visione chiara sull’evoluzione della tecnologia aziendale, un alto livello di cybersecurity e l’assunzione tempestiva di personale altamente qualificato nei ruoli chiave del tech sono alcuni degli elementi che differenziano i top performer dai loro competitor.

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Subito dopo il primo lockdown, in tempi brevissimi, la tecnologia ci ha permesso di tornare a una socialità “di gruppo”, per esempio partecipando a eventi digitali insieme ad altre migliaia di persone, via via fino agli attuali eventi ibridi, nell’ambito dei quali, accanto a una platea in presenza, ne partecipa una virtuale, che deve poter fruire in ugual misura dell’evento. È chiaro quindi che il traguarda raggiunto in questi due anni segna il nuovo passo della tecnologia, che sarà sempre di più un elemento fondamentale degli scenari futuri. Se, infatti, l’imperativo universale in piena pandemia era quello di un approccio tattico e immediato – per “tamponare” la situazione contingente – sembra ora evidente che le chiavi (economiche in primis) del futuro saranno in mano a quelle aziende che hanno saputo implementare le proprie capacità tecnologiche generali in relazione a leadership, talenti e risorse. Lo conferma anche la McKinsey Global Survey sulla digital strategy, che ha indagato come le aziende stiano ripensando il ruolo della tecnologia e del digitale all’interno della loro strategia complessiva nell’era post Covid, muovendosi in uno scenario internazionale ancora in trasformazione e con forti chiaroscuri.

Cosa dice la ricerca

Secondo la global survey di McKinsey – realizzata online a gennaio 2021 su un campione di 1.140 manager provenienti da aziende di dimensioni, settori merceologici, regioni e ambiti di specializzazione differenti – in una manciata di mesi si sono raggiunti risultati di digitalizzazione delle tecnologie aziendali che solitamente sarebbero stati introdotti nei processi corporate in un arco di tempo variabile dai tre ai sette anni; solo l’11% degli intervistati è convinto che il proprio modello di business sarà ancora competitivo nel 2023, mentre per il 21% è necessario integrarlo con nuove tecnologie digitali e per il 64% dei rispondenti è addirittura fondamentale la creazione di un business digitale per restare al passo con il mercato.

Interessanti sono anche i dati relativi all’aumento dei finanziamenti in ambito tecnologico e digitale durante la pandemia e alla conseguente introduzione di ruoli e funzioni aziendali collegati: per il 65% degli intervistati, infatti, la spesa aziendale per iniziative tecnologiche e digitali è aumentata, per il 25% è rimasta invariata e per il restante 7% è invece diminuita. I costi variabili, per fare un confronto, sono aumentati solo per il 26% delle aziende mentre per il 52% degli intervistati sono invece diminuiti. Per il 44% dei rispondenti, inoltre, sono aumentati anche gli impiegati a tempo pieno in ruoli digital-tecnologici, in totale controtendenza rispetto alle misure prese per contrastare l’emergenza del momento storico. La principale motivazione di questi incrementi, accanto alla necessità contingente, risiede nella comprensione dell’importanza strategica della tecnologia, il cui “ammodernamento” gioca un ruolo fondamentale per differenziare strategicamente la propria azienda dai competitor (lo pensa il 51% degli intervistati).

I dettagli che fanno la differenza

Non solo un’architettura tecnologica all’avanguardia, ma anche una chiara e condivisa strada verso l’evoluzione della tecnologia aziendale, un alto livello di cybersecurity e l’assunzione tempestiva di personale altamente qualificato nei ruoli-chiave del tech: questi sono alcuni degli elementi – emersi sempre dalla ricerca McKinsey – che già attualmente differenziano i top performer dai loro competitor. Il 46% dei top performer (ma solo il 34% delle aziende in fondo alla classifica delle performance), infatti, ha dichiarato che l’assunzione di nuovi talenti è il modo migliore per colmare il gap tecnologico, seguito da un 26% che punta sull’aggiornamento del personale già assunto.

Tra gli altri ambiti nei quali i top performer ritengono importante investire per raggiungere un miglioramento tecnologico, figurano anche il settore R&D, la creazione di nuove partnership e, ancora una volta, i talenti, da acquisire o formare. Il 67% dei top dichiara di voler raddoppiare gli investimenti nel settore della tecnologia proprio per differenziarsi – ulteriormente – dai competitor, mentre il 15% vuole addirittura trasformare il proprio core e diventare un’azienda del tech.

Fondamentale anche la presenza di più “leader tecnologici” ai diversi livelli dell’organigramma aziendale, non solo per prendere parte alle decisioni cruciali, ma per tracciare la strada di una strategia di business digitalizzata: per questo motivo, l’aggiornamento tecnologico deve e dovrà sempre più spesso far parte del bagaglio di competenze di ogni player aziendale – soprattutto ai vertici, passando per il Ceo, i capi unità e il direttore delle risorse umane – per non ostacolare lo sviluppo dell’azienda in chiave digital ma diventarne invece il driver.

Infine, un ultimo elemento è degno di nota: quelle realtà che hanno mantenuto un approccio coraggioso e creativo all’innovazione anche durante la pandemia, magari immettendo sul mercato servizi e prodotti che prima non esistevano, sono state premiate con un aumento medio della quota di fatturato del 21%.

Tempistiche a confronto

Se si usa l’unità temporale “giorno” per misurare l’impennata che ha avuto lo sviluppo tecnologico, l’accelerazione rispetto all’epoca pre-Covid è sbalorditiva: se, infatti, per fare passi avanti nel lavoro da remoto prima della pandemia ci volevano circa 454 giorni, allo stato attuale ce ne vogliono 11; per la migrazione in ambiente cloud si passa da 547 giorni a 23 e per utilizzare tecnologie avanzate il gap è tra i 672 giorni dell’era prepandemica ai 27 attuali.

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