Le principali società di outplacement in Italia

Le tendenze di settore mostrano un ampliamento a livello internazionale dell’utilizzo delle società di outplacement per gestire bene le transizioni di carriera. E i dati parlano di un calo dei tempi di ricollocamento dei manager in transizione di carriera a meno di cinque mesi. Capiamo di più e quali sono le principali società presenti in Italia.

Il settore dell’outplacement interessa sia le persone che vogliono reinserirsi velocemente nel mondo del lavoro che le aziende che necessariamente gestiscono le carriere delle persone in modo attento. Questo tipo di soluzioni sta diventando sempre più diffuso e familiare e questo è un bene per l’economia e per le persone.

Tutto questo in uno scenario che Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo Italia e Practice Area Leader Outplacement & Employability, una delle principali società di outplacement in Italia, commenta così: “Il mercato di transizione di carriera in Italia, così come in tutta l’Europa Occidentale e nel Regno Unito, ha raggiunto la sua maturità e non ci aspettiamo cambiamenti, se non momentanei, in situazioni di particolare tensione economica”. Guardando al mondo, invece, troviamo un forte sviluppo in Est Europa e in Asia, mentre negli Stati Uniti, in Australia e in Canada il mercato si sta consolidando a partire da un largo uso delle piattaforme, che si stanno introducendo anche in Europa, in un approccio più personalizzato e basato sull’interazione tra le persone.”

Facciamo il punto prima di vedere le principali società di outplacement in Italia.

Dove si trovano le società di outplacement più attive in Italia

Un recente studio condotto dall’Associazione Italiana Società di Outplacement (AISO) ha rivelato che In Italia le regioni più attive nell’outplacement sono basate:

77% nel Nord
8% nel Centro
15% nel Sud

Gli uomini costituiscono il 58% dei partecipanti al processo di ricollocazione, in aumento del 2% rispetto al 2022. Si nota che la maggioranza degli individui over 50 mostra un maggiore interesse per forme contrattuali flessibili rispetto ai contratti a tempo indeterminato.

Tempi e settori di ricollocazione

Secondo la ricerca, l’85% dei lavoratori assistiti con un programma di outplacement (impiegati di primo livello, quadri e dirigenti) ha avuto successo nella transizione occupazionale, con un periodo medio di 4,8 mesi, in ribasso di un mese rispetto al 2022. Questi risultati indicano un’accelerazione nei tempi di ricollocazione, circa il doppio rispetto a coloro che non hanno ricevuto supporto, secondo quanto riferito da AISO.

L’indagine ha inoltre evidenziato che i settori con il maggior numero di ricollocazioni sono soprattutto il farmaceutico, l’automotive e l’ICT. Le posizioni più frequentemente ricollocate includono vendite, ingegneria e produzione. Secondo la ricerca, i candidati coinvolti nel processo di ricollocazione segnalano quindi un significativo avanzamento di carriera:

il 75% ha ottenuto un nuovo impiego con un ruolo uguale o superiore
il 54% ha trovato un’occupazione con un compenso uguale o migliore

L’outplacement nel 2024

L’associazione prevede che l’utilizzo dell’Outplacement aumenterà nel 2024, poiché è stato annunciato che i dirigenti disoccupati da almeno un mese, con un’età compresa tra i 50 ei 62 anni e residenti in Lombardia, potranno richiedere finanziamenti per ottenere voucher per la ricollocazione. Un segnale importante delle istituzioni per sostenere imprese e territorio.

È un dato di fatto che le competenze diventino obsolete a causa del cambiamento tecnologico, che richiede l’acquisizione di nuove abilità. Quello che agevola il reinserimento nel mondo del lavoro è un approccio socialmente responsabile, e questo può avvenire offrendo supporto concreto attraverso programmi di outplacement per i lavoratori in uscita o, in casi estremi, di chiusura di un’unità produttiva, proponendo percorsi di reindustrializzazione che garantiscano un futuro sia ai lavoratori che all’industria.

Lifelong employability: una questione sociale

Nel suo complesso, l’attenzione da parte delle aziende al tema dell’outplacement o meglio della “lifelong employability” delle persone è rilevante e merita valutarla in una prospettiva di sistema Paese e sostenibilità sociale.

“Noi parliamo di long term employability protection, all’azienda che vuole prendersi cura delle sue persone anche dopo la loro uscita, con un servizio che genera consapevolezza sulla propria carriera, sulla propria spendibilità e sul come proteggerla” ha commentato Cetti Galante. “Inoltre, la transizione di carriera non solo diminuisce i tempi di rientro nel mercato, ma accorcia la durata delle politiche attive dello Stato, abbattendone la spesa.”

Mindset, consapevolezza e motivazione

Sorge quindi spontanea la riflessione di come, se è così, il supporto alla transizione di carriera stia diventando sempre più un fattore “igienico” includibile nel welfare o anche nelle attività di orientamento interno dei sistemi di talent management delle persone in azienda.

Secondo Cetti Galante, in Italia, come già accade in altri paesi, il supporto nella transizione di carriera dovrebbe essere imprescindibile e non frutto di valutazioni e concessioni in caso di necessità o convenienza: “Questo servizio ha infatti un valore per il lavoratore ben diverso dalla sua monetizzazione, poiché in generale le persone non sanno come affacciarsi al mercato e hanno scarsa consapevolezza delle proprie competenze, allungando i tempi del reinserimento” ha concluso Galante