Effetti della pandemia e prospettive post-Covid: luci e ombre viste da 500 manager


Wyser ha interpellato dipendenti e vertici di società in tutto il mondo per fotografare la situazione attuale. Prevale l’ottimismo (soprattutto in Asia e America) in settori come l’IT e l’online retail. Anche se la vera ripresa avverrà nei prossimi due anni.

post covid

Il 2020 con la pandemia e tutte le sue incognite ha arrestato il trend di crescita che negli ultimi anni si era registrato nell’economia globale. Ci sono forti aspettative sul 2021 ma anche opinioni che indicano il 2022-23 come il biennio della ripresa completa. Wyser, l’operatore globale di ricerca e selezione specializzato nella gestione di alti e medi profili professionali, ha realizzato un’indagine intervistando oltre 500 manager in Europa, Asia e America.

Il primissimo dato che ne è emerso è uno scenario economico differenziato in base ai diversi punti di vista geografici. Il dato generale è così sintetizzato: il 23,3% giudica l’attuale scenario economico migliore rispetto alla primavera 2020; un altro 11,8% lo ritiene migliore delle medie pre-Covid; un altro 24,4% stabile ma peggiore rispetto al pre-Covid e infine il 40,6% peggiore della primavera 2020 e pre-Covid. Dal punto di vista geografico per esempio l’Asia si dimostra la più ottimista e il 33,3% degli intervistati con quella provenienza dichiara una situazione migliore rispetto alla primavera 2020: si tratta del dato più alto rispetto alle altre provenienze (Europa orientale, occidentale e America) dove invece con una forbice tra il 40,9% e il 42,7% a prevalere è una visione pessimistica.

Secondo i 500 manager interpellati, nella maggioranza dei casi (31,8%) bisognerà aspettare la fine del 2021 per un recupero completo. In questo caso sono i manager in America a essere i più ottimisti. Ma una differenza si riscontra anche tra settori e industrie diverse: le più ottimiste sono l’Information technology e la vendita al dettaglio online.

Guardando all’impatto sulle aziende, il 45,8% dei manager giudica grave ma recuperabile il danno provocato dalla crisi; a seguire (con il 23,2%) c’è chi parla di un effetto grave ma inferiore rispetto agli impatti delle crisi precedenti; arriva poi chi giudica l’effetto della pandemia non significativo (il 13,8%), chi addirittura positivo e un richiamo per gli affari (il 10,6%) e chi grave e irrecuperabile (6,7%). L’Europa in tutti questi scenari sembra sempre la più negativa: si raggiunge l’8,2% di chi ritiene la crisi irrecuperabile.

Passando ai settori, l’IT è uno di quelli in cui la crisi si è trasformata in un evento positivo (il 17,1% del campione lo ha definito un booster), anche se chi ha guadagnato di più dalla crisi è l’online retail. Per quanto riguarda invece le dimensioni, 1 società su 10 con meno di 50 dipendenti non si riprenderà mai dalle perdite causate dalla pandemia, contro appena 1 su 20 di quelle con più di 50 dipendenti. Rispetto alle entrate, il 24,6% dichiara di aver perso almeno il 20% degli introiti, seguito da chi ha subito un calo del 10% del giro di affari (il 15,5%); sul fronte opposto, con un 10,3%, c’è chi parla di una crescita delle entrate del 25%.

In generale Wyser arriva a sostenere che le medie e grandi imprese (oltre 100 dipendenti) sono quelle che hanno affrontato meglio la crisi: solo il 4,2% di loro ha perso oltre il 40% dei ricavi.

Andando più nello specifico, ai manager è stato chiesto se l’azienda in cui lavorano è stata in grado di gestire la crisi e come: la risposta univoca è stata che la migliore arma di difesa è stata differenziare il business (37,9%); c’è invece chi ha puntato a esaurire i margini esistenti (29,1%) o ha investito in tecnologie (25,4%). L’analisi suggerisce che differenziare sia stata una strategia adottata soprattutto nell’IT, seguita poi dalle società HR e da quelle Finance and banking. C’è stato anche chi ha preferito non investire, decidendo di erodere i propri margini (il 30%): chi ha deciso di farlo ha puntato soprattutto sulle tecnologie e la formazione dei dipendenti.

Volgendo lo sguardo verso la gestione delle persone nel futuro, secondo il 58,9% degli intervistati le aziende prevedono di assumere nei prossimi sei mesi. Questo è particolarmente vero per il settore risorse umane (60,5%), poi IT (55,3%) e manifatturiero (65,2%). Nel report viene sottolineato un rinnovato ottimismo dei mercati, che si preparano a recuperare quanto perso nell’ultimo anno. Un manager su quattro afferma che la propria azienda cercherà nuove figure professionali nei prossimi sei mesi soprattutto nella consulenza, vendite e ricerca.

Facendo riferimento allo sviluppo di carriera, il 5,7% degli intervistati aveva già perso il posto di lavoro, soprattutto nel settore moda e lusso. I manager più ottimisti si trovano nel settore energia, servizi di produzione finanziaria, IT e pharma. Soffermandosi sui fattori che frenano la ricerca di un lavoro, a prevalere è l’avere meno potere negoziale, soprattutto nelle piccole imprese. Tra i manager che sono attivamente alla ricerca il 44,2% afferma che otterrà presto un lavoro e il 20,8% ha già ricevuto l’offerta. Lo stipendio si conferma un driver nelle scelte: 3 su 10 sostengono che cambiare lavoro è l’unico modo per ottenere una retribuzione più alta.

Infine c’è chi ha approfittato della pandemia per fare formazione. Lo ha fatto il 62,3% degli intervistati concentrandosi sulla capacità di comunicazione e le competenze digitali.

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