Great resignation, la formazione come antidoto alla fuga di massa

Otto italiani su dieci ritengono di meritare di più sul lavoro, a tal punto che tra aprile e giugno 2021 si sono registrate 484 mila dimissioni volontarie (+ 37%). L’esplosione del turnover volontario rischia però di mettere in discussione efficacia e motivazione all’interno delle organizzazioni. Ecco perché, per restare competitive, le imprese devono essere in grado di attrarre e far crescere le proprie persone, investendo in formazione. Ne parla Ilaria Di Croce, direttore di Quadrifor.

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Negli Usa la chiamano Great resignation: nel 2021 è aumentato in misura significativa il numero di dipendenti che rassegnano volontariamente le dimissioni. La “fuga di massa” o Big quit interessa, sebbene in misura ridotta, anche il nostro Paese. Secondo l’ultimo rapporto del Censis, otto italiani su dieci ritengono di meritare di più sul lavoro: tra aprile e giugno si sono registrate 484 mila dimissioni volontarie, in aumento del 37%. Le cause di questa ‘grande dimissione’, che dagli Stati Uniti si è allargata a tutta Europa, sono diverse: stress e stanchezza in primis, ma anche il desiderio di gestire diversamente le proprie giornate, di preservare benessere e work life balance, di trovare una nuova occupazione che valorizzi le proprie competenze.

Gli esperti mettono il fenomeno in relazione diretta con gli effetti psicologici e sociali della pandemia e delle prolungate misure di contenimento messe in atto per frenare l’avanzata dei contagi. I diversi lockdown, più o meno rafforzati, il distanziamento sociale e la diffusione del lavoro da remoto si sono tradotti in maggiore stress per una grande fetta di popolazione. In alcuni settori, il Covid-19 ha peggiorato le condizioni di lavoro, incrementando il carico di attività e riducendo i tempi di riposo, con un sensibile aumento dei casi di burnout tra i dipendenti. L’evento traumatico della pandemia ha avuto, però, anche la funzione di stimolare la ricerca di condizioni di vita e di lavoro migliori e più appaganti.

Aziende e manager sono chiamati a interrogarsi. L’esplosione del turnover volontario rischia, infatti, di mettere in discussione efficacia e motivazione all’interno delle organizzazioni. Per restare competitive, le imprese devono diventare in grado di attrarre e far crescere le loro persone, investendo in competenze affinché i dipendenti possano ambire a raggiungere obiettivi professionali sfidanti. La volatilità del mondo del lavoro oggi è tale da rendere difficile immaginare un orizzonte temporale infinito nella stessa azienda, ma mettere il lavoratore in condizione di spendere le proprie competenze – e di scegliere anche se cambiare azienda, senza esservi obbligato dalle situazioni contingenti – è il primo passo per gestire il fenomeno.

Investire nell’apprendimento per migliorare il benessere aziendale

La formazione diventa, dunque, centrale. Le imprese oggi avvertono la necessità di manager, middle manager e collaboratori competenti e formati e le persone sono alla ricerca di posti di lavoro che valorizzino le proprie capacità e che siano in grado di insegnarne di nuove. Semplificazione, innovazione, gestione del cambiamento, ma anche flessibilità, orientamento agli obiettivi e inclusione sono le sfide del futuro. Lavorare sull’apprendimento di conoscenze e abilità si conferma, quindi, un investimento sia per la competitività delle imprese, sia per l’occupabilità del lavoratore.

C’è poi il tema del benessere aziendale. Secondo una ricerca di McKinsey, il 36% di chi si è licenziato negli ultimi mesi non aveva ancora un nuovo lavoro. Questo inedito salto nel buio, che differenzia il nuovo fenomeno dai precedenti cicli di crisi e ripresa, racconta non solo di lavori stressanti e poco valorizzanti, ma della scarsa attenzione riservata dalle aziende alle loro persone. Complici anche i cambiamenti portati dalla pandemia, molti datori di lavoro potrebbero non essere più in contatto con i reali bisogni dei propri collaboratori. Anche su questo fronte la formazione rappresenta un aiuto prezioso: permette di ascoltare davvero le persone e di lavorare sul benessere organizzativo, per aiutare a mantenere equilibrio e positività in un contesto sempre più caratterizzato da pesanti carichi di lavoro, stress e negatività.

In un mondo del lavoro più veloce, incerto e sottoposto a forte pressione, la nostra abilità di affrontare i cambiamenti non sempre riesce a tenere il passo. Salute e benessere personale sul posto di lavoro, a casa

o in ufficio, sono indispensabili per affrontare e gestire al meglio le attività professionali e per comunicare in maniera più efficace con i colleghi. Nel loro ruolo di cerniera tra azienda e personale, i Middle Manager sono i primi a dover riflettere sulle nuove priorità di apprendimento: approfondire i temi legati alla cura delle persone e alla promozione della salute, della sicurezza e del benessere nella propria organizzazione permette di valorizzare i collaboratori e trattenere i talenti.

Tra le principali ragioni che portano le persone a dare le dimissioni, uno studio dell’IBM Institute for Business Value ha individuato la necessità di lavorare in una realtà più flessibile e la volontà di avere incarichi più mirati e soddisfacenti. Le aziende che temono di perdere le proprie persone dovrebbero, al contrario, offrire equilibrio tra vita privata e lavorativa, occasioni di avanzamento di carriera e opportunità di apprendimento continuo. La formazione, ancora una volta, viene citata come una risorsa che permette di attrarre e trattenere talenti; capace, se non di invertire, quanto meno di frenare all’interno di singoli contesti aziendali le grandi dimissioni di massa.

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