Il reskilling parte dall’individuo

Al mercato del lavoro servono strategie e azioni per spingere le persone a diventare protagoniste della propria riqualificazione, tramite sistemi premiali, sgravi fiscali e formazione obbligatoria durante i periodi di cassa integrazione. Questa la proposta principale elaborata dal tavolo di lavoro a tema Reskilling nell’ambito della prima edizione di Officina Risorse Umane.

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Individuare strategie e azioni per spingere l’individuo a diventare protagonista della propria riqualificazione, responsabilizzandolo sulle attività e le iniziative di reskilling e creando politiche attive che incentivino le persone alla riqualificazione e all’apprendimento continuo. È la proposta principale elaborata dal tavolo di lavoro sul reskilling nell’ambito di Officina Risorse Umane, iniziativa promossa da HR Link e Stati Generali Mondo del Lavoro che si è tenuta a Venezia il 23 e 24 ottobre. Secondo i partecipanti al tavolo, le direttrici su cui muoversi per inseguire questo obiettivo sono tre. La prima prevede di dare un vantaggio economico concreto all’individuo che beneficia di ammortizzatori sociali o di strumenti di politiche passive, con un sistema che premi la partecipazione volontaria a piani di riqualificazione e riconosca una premialità aggiuntiva in caso di ricollocazione, pari al trattamento a cui avrebbe avuto diritto per il periodo residuo. Il secondo suggerimento è quello di non far pagare i certificati abilitanti alle professioni più richieste, attraverso un sistema di sgravi fiscali. La terza leva è l’obbligatorietà della formazione durante il periodo di cassa integrazione.

Al tavolo hanno partecipato Gabriele Belsito (HR Director Europe-Italy di Autogrill), Gianluca Grondona (Chief HR, Organization & Systems Officer di WeBuild), Rodolfo Mogosso (Direttore Risorse umane e relazioni industriali di Ignazio Messina & C), Stefania Monini (Chief Human Resources Officer di Fileni), Marco Monga (Direttore Capitale umano e organizzazione dell’Istituto italiano di tecnologia), Barbara Luraghi (Italy Hr Director di Otis Servizi), Marcella Toson (People and Organization development manager di Sappi). Presente anche la senatrice Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro, che ha riassunto quanto è stato fatto in tema di politiche attive. Coordinatore del tavolo e sponsor era Federico Amicucci, Innovation e Digital business Director di Skilla, Amicucci Formazione, supportato da Filippo Beretta, account manager, e Paola Bruni, project manager, nel ruolo di analista.

«Quello del lavoro oggi è un mercato in profonda trasformazione. Dal nostro osservatorio vediamo che nel mondo delle risorse umane c’è la consapevolezza che qualcosa sta cambiando – sottolinea Amicucci – C’è sicuramente la consapevolezza, la voglia di cambiare, di riprogettare il futuro. Probabilmente manca un approccio sistemico al cambiamento, sono poche le iniziative per creare sinergia tra le diverse organizzazioni. Ancora vediamo forte il gap tra le competenze che possiedono le persone e quelle che effettivamente stanno richiedendo le organizzazioni. E ancora forse non c’è un sistema ‘data-driven’ per far incrociare questa domanda e offerta».

Il tavolo è partito dal presupposto che la digitalizzazione, insieme a una maggiore fluidità operativa e all’abbattimento di tempi e spazi, ha portato con sé anche una maggiore frammentazione del lavoro, obbligando a ripensare processi fondamentali come l’orientamento, la formazione professionale e la dinamica di incontro tra domanda e offerta. La destrutturazione del mercato, poi, impone il ricorso a politiche attive del lavoro finalizzate a diversificare le opportunità per contrastare la crescente tendenza a una precarietà generalizzata. L’accelerazione dell’innovazione, ulteriormente rafforzata dalla pandemia, ha portato a un disegno riformatore: il Pnrr  e – specificatamente per upskilling e reskilling – il Fondo nuove competenze, il programma Gol e l’apprendistato duale hanno già portato un primo impatto. Ma, se da un lato il reskilling è connesso alla digitalizzazione, al nuovo modo di stare sul mercato e all’ottimizzazione dei processi interni, la difficoltà nel trovare il personale riguarda anche i mestieri ‘classici’: il tema del reskilling è dunque connesso a una più generale difficoltà nel reperire persone qualificate e nel mismatching di competenze.

Le principali criticità sul tema emerse nella discussione sono state numerose: la mancata consapevolezza degli individui rispetto al bisogno di formazione; la necessità di fare un reskilling utile e legato a competenze realmente richieste dal mestiere e dal mercato; la difficoltà nel coinvolgere personale operativo e di rete (soprattutto nel retail); la presenza di un sistema di politiche passive e ammortizzatori sociali che non incentivano la persona a riqualificarsi, e in particolare un sistema di finanziamenti alla formazione che non stimolano il singolo (poiché dati solo all’impresa); un sistema pubblico sconnesso dal mercato del lavoro e dal mondo aziendale; una mancata misura dell’impatto delle politiche attive e una difficoltà generale a misurare l’impatto delle iniziative di reskilling all’interno dell’azienda; un sistema che non sostiene la micro imprenditorialità giovanile legata all’innovazione.

Tra le proposte emerse al tavolo, oltre a quella individuata come prioritaria, c’è quella di rendere strutturale il Fondo nuove competenze e ottimizzarlo: le iniziative per raggiungere l’obiettivo dovrebbero essere, secondo gli HR intervenuti, la compatibilità con lo strumento della cassa integrazione, l’estensione a neoassunti e apprendistato, l’estensione della percentuale dedicata alla formazione on the job, l’allungamento dei tempi previsti per l’attuazione del piano formativo e la possibilità di pianificare l’inizio delle attività di formazione compatibilmente con le esigenze dell’azienda. Inoltre, sarebbe auspicabile dedicare formazione anche a temi e aree non digitali e legati al green, sostenibilità e mestieri effettivamente richiesti.  Altra proposta del tavolo è quella di programmare piani di ‘lungo termine’ delle competenze con un approccio data driven, adottando una prospettiva di lungo periodo. Un’ulteriore leva, per il tavolo, può essere quella di incentivare le aziende che fanno reskilling, usando come metro la capacità di innovare, riqualificare e aumentare la produttività. Anche gli accordi di filiera e la creazione percorsi interaziendali andrebbero incentivati. E servirebbero anche politiche di attrazione all’imprenditorialità legata all’innovazione. Altra proposta è quella di riqualificare i centri per l’impiego creando sinergie con le agenzie per il lavoro private, non escludendo l’eventuale privatizzazione in caso di inefficacia. Sempre il tavolo, infine, propone di lavorare su misure che creino consapevolezza nel lavoratore e cambino la cultura e il valore della formazione.

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