Investire sulle competenze alte per evitare il declino

La digital transformation continuerà a cambiare le imprese e il mondo del lavoro. Gli addetti con basse competenze sono l’anello debole della catena, i più a rischio di essere sostituiti da sistemi di intelligenza artificiale. In Italia il livello di competenze è basso, si è investito poco sulle persone. L’analisi di Massimo Genova, Ceo di Alveria

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Come evolveranno lavoro e mercati, come saranno le aziende di domani? Come si trasformeranno i modelli di business, le organizzazioni, i processi e le persone a fronte della “trasformazione digitale”? Che ruolo avrà l’intelligenza artificiale? Sono alcune delle domande da cui è partito lo studio sulla Digital transformation e sull’intelligenza artificiale presentato da Alveria nel corso del “Ceo & Hr director Summit”.

Alveria è una società di consulenza d’impresa, attiva nell’ideazione di sistemi di supporto alle decisioni per manager e hr director, integrando in questa attività un approccio anche tecnologico. L’attenzione alle tecnologie è nel Dna di Alveria, da qui lo sguardo sul futuro e sui cambiamenti prodotti dalla digital transformation. Temi che abbiamo affrontato con Massimo Genova, Ceo di Alveria.

Perchè questa particolarità sulle tecnologie?

Da anni, ci siamo resi conto che non è più possibile lavorare in ambito Hr senza considerare le tecnologie. Nella nostra attività di consulenti teniamo sempre al centro le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica. L’osservazione costante dell’evoluzione del panorama tecnologico ci consente di poter valutare al meglio come queste possano essere utili al miglioramento dei processi e delle organizzazioni stesse.

La Digital trasformation della Direzione HR non va confusa con l’informatizzazione di uno o più processi, ma riguarda la trasformazione complessiva del modello di servizio, dei processi delle modalità di accesso alle informazioni….utilizzando le nuove tecnologie digitali, disintermediando i servizi a minore valore aggiunto e concentrandosi su quelli più rilevanti per supportare lo sviluppo del business.

Lo studio che avete presentato, interessa diversi ambiti: imprese, lavoro, competenze e un focus sullo scenario Italia. Iniziamo dalle imprese: come saranno cambiate da quella che per semplicità definiamo digital transformation?

Le imprese sono già cambiate, quantomeno le grandi o quelle che operano in mercati molto evoluti. Il nostro studio mette assieme diversi dati e tra questi mi pare particolarmente di rilievo il dato relativo alle startup basate sull’intelligenza artificiale: nelle tre economie più forti (Inghilterra, Francia e Germania), si concentra la metà delle startup che in tutta Europa lavorano sull’AI. Sappiamo che l’intelligenza artificiale attrarrà investimenti per trilioni di dollari nei prossimi anni…e possiamo già prevedere dove verrà allocato il grosso degli investimenti. Ci sono settori già oggi profondamente trasformati dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale: tlc, finanza e hi tech tra tutti. E la previsione è che in questi settori ci saranno ancora forti investimenti sui sistemi più evoluti di intelligenza artificiale, perchè in questi ambiti i sistemi di machine e deep learning rappresentano il valore aggiunto. L’impatto sulle organizzazioni è enorme: alcune figure professionali sono già sparite e altre spariranno. In tutti i mercati vedremo lo stesso trend: uno studio del McKinsey Global Institute ci dice che entro il 2030 diminuirà drasticamente il numero di ore lavorate in tutte quelle attività che richiedono competenze manuali e/o di base. Quei lavori saranno fatti da robot, da sistemi di intelligenza artificiale. Viceversa: aumenteranno le ore lavorate in ruoli che richiedono competenze elevate, tecnologiche o di tipo sociale-emozionale-creativo. Queste previsioni ci dicono che le imprese cambieranno ancora…saranno costrette a cambiare per restare sul mercato. Con una frase direi che devono fare uno shifting verso l’alto per quanto riguarda le competenze.

Un lavoro per gli HR…

Per gli Hr e per i capi azienda ma è anche una preoccupazione per gli stessi lavoratori che dovrebbero essere sempre più consapevoli della necessità di sviluppare competenze molto più profonde per non essere sostituiti da sistemi in grado di fare le stesse cose a costo minore. Il lavoratore con basse competenze, che svolge mansioni operative, oggi è quello che rischia maggiormente di uscire dal mondo del lavoro.

Il lavoratore cosa deve fare?

Investire in competenze, in qualunque ambito di lavoro. Le aziende, non perchè sono cattive ma perchè il mercato muove in quella direzione, automatizzeranno sempre più i processi. Resteranno all’interno delle organizzazioni quei lavoratori con competenze specialistiche non automatizzabili o quelli con competenze che servono proprio ad automatizzare i modelli di business e i processi collegati.

Lo scenario Italia, in fatto di competenze, non è confortante…

I dati Ocse sono preoccupanti: in Italia solo il 21% delle persone tra i 16 e i 65 anni hanno un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo. In Giappone, per fare un paragone, siamo al 65%. Ovviamente c’è un tema complessivo di politica: potremmo dire che la corrispondente giapponese della nostra Industria 4.0 è Society 5.0. Society perchè l’approccio nipponico alla trasformazione digitale è umano-centrico, ossia la digitalizzazione deve portare vantaggi a tutta la società: la diffusione di competenze innovative non è stata pertanto solo a supporto degli investimenti dell’impresa, ma ha riguardato tutta la società e i risultati si vedono.

Un modello buono per l’Italia?

Occuparsi degli strumenti per la creazione delle competenze del futuro non è solo buono, è fondamentale per la settima economia al mondo e per evitare il declino del Paese. Le stime dicono che il potenziale annuo globale di investimenti in intelligenza artificiale varia tra 9,5 e i 15,4 trilioni di dollari. Sarebbe opportuno che la politica mettesse questi temi al centro della propria azione: se perdiamo il treno, non resta che un inevitabile declino e le conseguenze peggiori ovviamente le subiranno le fasce più deboli della popolazione.

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