Joy Mangano e Luisa Spagnoli, storie di successo

In questi giorni con una sincronia sorprendente sono uscite al cinema e in televisione le storie di due donne imprenditrici che, pur vissute in tempi differenti, hanno molti aspetti in comune

women success

Cosa lega infatti Joy ManganoLuisa Spagnoli, e tante altre donne che in tempi più o meno recenti sono passate alla storia nel campo imprenditoriale e non solo?
La straordinaria capacità di rompere i paradigmi e dare vita a scoperte e iniziative imprenditoriali potenti, che hanno generato novità, ma che soprattutto hanno permesso a tante altre come loro di affermarsi al di là del pregiudizio culturale e famigliare.

Joy Mangano ha dovuto superare i pregiudizi ancora più potenti che gli derivavano da una famiglia dove si sono consumati i peggiori tradimenti e boicottaggi.
Luisa Spagnoli ha rotto con le convenzioni del suo tempo sia sul piano professionale sia su quello sentimentale, affermandosi in un tempo in cui il ruolo di madre e di moglie erano gli unici concessi ad una donna e vivendo un amore extraconiugale, con un uomo molto più giovane di lei.

Ciò che rende tutte queste storie di donne al di fuori dagli schemi particolarmente vicine, non è solo il successo finale, ma soprattutto il percorso spesso tortuoso, che non ha risparmiato delusioni e battute d’arresto. Se vogliamo trarre degli insegnamenti da queste imprenditrici sicuramente troviamo personalità poco inclini a farsi condizionare dalle opinioni altrui, dai pregiudizi e dagli attacchi personali.

“Il segreto del mio successo? 1% ispirazione, 99% traspirazione” così Thomas Edisonspiegava in una breve frase la ricetta che gli aveva permesso di arrivare alle sue scoperte. La delusione, la fatica, il fallimento è ciò che spesso non appare nello sfavillio dell’affermazione e della ricchezza che ne è derivata, ma è la parte più preziosa delle storie di queste donne che hanno saputo trasformare, ristrutturare e compiere quei salti di paradigmi di cui si nutrono non solo i successi personali, ma anche le più importanti scoperte scientifiche come ci ha insegnato Thomas S. Kuhn nel suo libro “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”.

Se osserviamo i comportamenti di queste donne, e non solo attraverso i film che le hanno immortalate magari in maniera un po’ romanzata, vediamo persone che hanno una precisa visione di se stesse e dei propri obiettivi, che hanno una forte passione accompagnata da un’altrettanto senso pratico, che sanno quindi gettare il cuore oltre l’ostacolo, ma avendo occhi costantemente attenti su tutto ciò che si sta muovendo intorno a loro, come suggerisce Paolo Iacci ne “La filosofia del parcheggio”.
Queste imprenditrici sanno guardare alla realtà con intelligenza, cioè con la capacità di unire i puntini in maniera inconsueta, vivono gli errori come fatti e non come indizi della loro inadeguatezza…..anche quando tutto sembra dire il contrario.
Imparano costantemente e sanno coniugare in maniera straordinaria ciò che sanno a ciò che sono e ciò che sentono. Goleman parlerebbe di intelligenza emotiva, Boyatzis ci spiegherebbe il loro rapporto tra l’io ideale e quello reale.

A questo punto si potrebbe obiettare che tutto ciò vale anche per gli uomini e quindi non di tratta tanto di una questione di genere, ma di persone. Si potrebbe essere d’accordo se non spuntassero ancora oggi qua e là i segni di una mentalità che guarda alle donne con aria benevolmente paterna.

Mentalità che sembra acncora essere presente in Ibm, che ha lanciato nell’ottobre scorso, e subito rimosso, una campagna con l’obiettivo di promuovere la presenza femminile nel tech; sotto l’hashtag #hackahairdyer (hackera il tuo phon).
Questi alcuni tweet delle donne in risposta all’iniziativa, tratte dall’articolo di Marta Serafini sul Corriere della sera:
““Grazie per l’idea Ibm, intanto io sto costruendo un satellite”, ha twittato l’ingegnera Stephanie Evans. “Magari lo facciamo fare a un uomo, che io intanto sto lavorando sulle nano tecnologie per sconfiggere il cancro”, è la stilettata della biologa molecolare Upulie Divisekera. “Scusate, non ho tempo per occuparmi del phon, sto dando da mangiare alla mia tarantola che uso per gli esperimenti scientifici”. E così discorrendo…”

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