La partecipazione è strategica per la competitività

Un approccio partecipativo alla gestione delle risorse umane consente il superamento di logiche di contrapposizione tra imprese e lavoratori, che sono anacronistiche nello scenario economico attuale. Stefano Passerini ci ha raccontato i progetti di Assolombarda per promuovere gli accordi di partecipazione.

partecipazione

Nel Cda del colosso dell’automotive che nascerà dalla fusione tra Fca e Psa, siederanno anche due rappresentanti dei lavoratori. La partecipazione dei dipendenti all’impresa può assumere diverse forme. In Italia gli accordi di partecipazione (elaborati da imprese e lavoratori) sono incentivati fiscalmente, con la detassazione dei premi. Ma l’aspetto più importante resta quello del coinvolgimento delle persone nella strategia d’impresa: nell’economia 4.0, avere obiettivi condivisi e persone ingaggiate è vitale per raggiungere buone performance.

Con Stefano Passerini, direttore area sindacale di Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza, Lodi, abbiamo fatto una panoramica  sugli accordi di  partecipazione. Un tema di cui si è occupato, per conto di Assolombarda, a seguito della stipula del “Patto per la fabbrica” tra industriali e sindacati.

Da dove inizia il vostro percorso sulla partecipazione?

Dopo il Patto per la fabbrica abbiamo consultato due economisti docenti universitari, i professori Pero e Carcano, per capire come sviluppare il tema della partecipazione. Non alla tedesca, con l’ingresso dei lavoratori in Cda, perchè in Italia non ci sono ancora le condizioni per una partecipazione strategica… Abbiamo fatto un progetto che ha coinvolto una ventina di imprese nostre associate sul tema di quella che possiamo chiamare partecipazione organizzativa diretta, che riguarda il lavoro delle persone e i suggerimenti che possono dare per migliorare la produttività.

Come si è sviluppato il progetto?

Primo punto: sessioni formative interne destinate ai colleghi che assistono le imprese sotto il profilo delle relazioni industriali, per capire come orientarci sul tema partecipazione. Poi abbiamo lanciato il progetto, che è stato sostanzialmente un programma di formazione tra imprese e sindacati sulla partecipazione diretta dei lavoratori nell’impresa: sia con sessioni formative separate, sia con sessioni congiunte tra imprese, Rsu e sindacato, in cui abbiamo illustrato le best practice di partecipazione in Italia, purtroppo poche, finora. Infine abbiamo offerto assistenza progettuale e di processo alle imprese che prevedono l’istituzione al loro interno di un premio di risultato con elementi di partecipazione dei lavoratori.

Che risposte avete avuto?

Nell’immediato, due imprese hanno dichiarato di voler realizzare un progetto di partecipazione con la nostra assistenza. È un tema che abbiamo intenzione di rilanciare in altri territori, coinvolgendo nuove imprese. Alla conclusione del progetto, con Cgil-Cisl e Uil di Milano abbiamo siglato un accordo territoriale con l’impegno a diffondere la pratica e a fare cultura sulla partecipazione. L’accordo prevede anche la creazione di un Osservatorio sulla partecipazione per raccogliere e diffondere best practice.

A monte di tutto c’è una previsione di legge che incentiva la partecipazione.

Sì, anche se il nostro spunto è stato il Patto della fabbrica tra Confindustria e sindacati. In Italia con la legge Finanziaria 2016 è stato introdotto un meccanismo di agevolazione fiscale per i premi che hanno come contenuto la partecipazione dei lavoratori, ma l’importanza del tema va molto oltre lo sgravio, che possiamo considerare come la ciliegina sulla torta.

In che senso?

La partecipazione è di importanza strategica nell’economia 4.0, nella nuova organizzazione del lavoro, nella produzione che è sempre più digitalizzata. La gestione delle risorse umane non potrà più essere quella di un tempo, improntata alla rivendicazione o alla conflittualità. Oggi, senza partecipazione, coinvolgimento, motivazione e lavoratori ingaggiati non si va molto lontano…

Che differenza c’è tra un accordo che contiene elementi di partecipazione e un tradizionale contratto integrativo aziendale?

È il processo che è diverso. L’accordo che contiene elementi di partecipazione origina da un processo che è dettagliato in tutti i passaggi nella Legge di Stabilità 2016; gli elementi di partecipazione possono essere contenuti anche in un accordo integrativo/premio di risultato tradizionale, ma il processo di partecipazione presuppone, per legge, un Piano di Innovazione e una Commissione Paritetica di partecipazione, nonché la descrizione dei risultati attesi in termini di miglioramento delle performance aziendali; questo processo garantisce la serietà dei progetti partecipativi ma non ne facilita la realizzazione pratica, soprattutto nelle piccole imprese, anche se è una sfida che vale la pena intraprendere.

Qual è il motivo di fondo per cui consiglierebbe a una impresa di attuare accordi di partecipazione?

Non è più il momento di relazioni sindacali conflittuali stile anni ‘70. Nella fase attuale, sono vincenti le relazioni industriali partecipative e lo verifico tutti i giorni nell’attività associativa e nei tanti tavoli che vedono il coinvolgimento di imprese e sindacati. Certo, quando ci troviamo ad affrontare crisi o ristrutturazioni emerge la contrapposizione, ma quando parliamo di competitività, recupero di produttività o introduzione di nuove turnazioni, la contrapposizione è anacronistica. Non conviene nè all’impresa nè al lavoratore. Quello partecipativo, inoltre, è un approccio trasparente e maturo che riconosce e valorizza il ruolo del lavoro. Con la consapevolezza e la responsabilizzazione si supera anche quel residuo di paternalismo che resta nelle imprese. È fondamentale la natura dell’informazione che si fornisce, bisogna che tutti siano in grado di comprendere e analizzare lo scenario di mercato nel quale opera l’impresa e perchè può essere necessario fare degli interventi che incidono anche sul lavoro. Sono trent’anni che mi occupo di relazioni industriali e posso affermare, in base alla mia esperienza, che le imprese che riescono a fare cambiamenti rapidi e innovazioni organizzative sono quelle che ingaggiano i lavoratori. Con la contrapposizione non si va lontano.

Dove ci sono maggiori resistenze all’approccio partecipativo, nell’impresa o nel sindacato?

Gli uni sono lo specchio degli altri. Ci sono sia fasce di resistenza che esperienze di partecipazione molto avanzate con soddisfazione di imprese e sindacati. Detto questo, qualcosa si muove nella giusta direzione e questo è l’importante.

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