Licenziamenti illegittimi, la Corte Costituzionale abolisce il tetto di sei mensilità. L’analisi dell’Avv. Rotondi


Con la sentenza n. 118 del 2025, la Corte costituzionale ha cancellato il tetto di sei mensilità per l’indennità nei licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. L’avvocato Francesco Rotondi analizza la portata della decisione, mettendone in luce effetti, criticità e possibili ricadute

Con la sentenza n. 118 del 2025, depositata il 21 luglio, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 23/2015, nella parte in cui limita a un massimo di sei mensilità l’indennità per il licenziamento illegittimo nelle aziende sotto le soglie dimensionali dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (non oltre 15 dipendenti per unità produttiva o per Comune e comunque non più di 60 complessivi).

Secondo la Corte, il limite massimo così stabilito incide negativamente sulla possibilità di determinare l’indennizzo in modo proporzionato al caso concreto. In particolare, la Corte osserva – come si legge in una nota – che tale limite, unito al già previsto dimezzamento degli importi di cui agli articoli 3, 4 e 6 del medesimo decreto, restringe la forbice dell’indennità risarcitoria a tal punto da impedire al giudice di tener conto dei criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento. 

Per comprendere meglio le implicazioni della sentenza, abbiamo raccolto il punto di vista dell’Avvocato Francesco Rotondi, Name Partner LabLaw e consigliere esperto Cnel, che sviluppa una riflessione articolata sul tema.

Rotondi: “Serve un riordino, rischio squilibri e incertezze applicative”

“La sentenza della Corte Costituzionale n.118/2025, come ormai noto, interviene sul testo dell’articolo 9 del D.lgs 23/15 nella parte in cui, con riferimento ai datori di lavoro che non superino il limite dimensionale di cui all’articolo 18 Stat. Lav., viene fissato un limite massimo all’indennità risarcitoria di 6 mensilità.

Nell’affrontare l’intervento della Corte le riflessioni investono con sfaccettature differenti sia il metodo che il merito della questione” spiega l’Avv. Rotondi. 

“Quanto al primo aspetto appare del tutto evidente che la Corte stia da tempo intervenendo con un’opera demolitoria della disciplina rimediale a fronte dell’illegittimità del licenziamento così come disegnata sia dal Jobs act che dalla riforma Fornero. 

Sotto questo aspetto, al di là della necessità di un intervento di riordino della materia, ciò che emerge è un approccio sostitutivo della Corte rispetto al potere legislativo che suscita non poche perplessità. Sotto questo profilo il dialogo fra i poteri appare a tratti snaturato nella misura in cui la Corte, non si limita ad evidenziare eventuali criticità, ma interviene sulle norme in modo sostitutivo rispetto ad un Legislatore che – a giudizio della stessa Corte – rimane inerte alle sollecitazioni dei giudici costituzionali, il tutto con evidenti dubbi circa i confini dell’esercizio dei poteri” sottolinea Rotondi.

Per l’avvocato: “ad aggrevare le criticità di metodo vi è anche una inopportuna coincidenza temporale fra il pronunciamento della Corte e l’esito dei referendum sugli stessi temi che lascia il retropensiero di un intervento d’imperio rispetto al mancato raggiungimento del quorum”. 

Da ultimo, sempre con riferimento al metodo, secondo Rotondi: “non può essere sottaciuto che gli interventi della Corte sono per loro natura adattivi rispetto a un testo vigente, il che spesso produce dei testi normativi disarticolati rispetto d un complesso legislativo snaturandone ratio e presupposti”.

Se dal punto di vista del modus operandi Rotondi evidenzia le criticità, la decisione ha secondo lui differenti chiavi di lettura anche sotto il profilo operativo. 

“A una prima lettura – precisa Rotondi – siamo innanzi a un innalzamento della forbice dell’indennità risarcitoria da 3 a 18 mensilità di retribuzione in caso di illegittimità del licenziamento nel quale – proprio in forza della sentenza di accoglimento – non vi è alcun criterio che regola l’esercizio del potere discrezionale del giudice”.

“Questo dato – continua – potrebbe creare non poche difficoltà anche in relazione a principi di equità nei confronti dello stesso parterre a cui invece si applicano le tutele risarcitorie di cui alla legge 604/66. In altre parole, l’intervento della Corte potrebbe avere generato, involontariamente, un nuovo motivo di incostituzionalità per violazione del principio di eguaglianza fra i soggetti assunti prima e dopo il 7 marzo 2015 non tanto per la tutela differenziata quanto per l’assenza di criteri utili alla determinazione dell’indennità risarcitoria”.

“Una diversa lettura – ad onor del vero priva di un supporto normativo, ma l’unica che restituisca un margine di tenuta all’impianto derivante dall’intervento del dei giudici costituzionali – dovrebbe portare all’applicazione della norma avendo a mente i principi della legge 604/66 in ordine alla quantificazione dell’indennità risarcitoria ivi compreso il meccanismo che consente di elevare il risarcimento fino a 14 mensilità. Tale soluzione sarebbe tale da mitigare le criticità sopra evidenziate in ordine alla parità di trattamento ma anche in ordine all’esercizio della discrezionalità da parte del Giudice” aggiunge Rotondi.

“In un contesto nel quale appare ormai improcrastinabile un intervento legislativo finanche in via di decretazione d’urgenza, per poter “gestire” nel futuro in modo non arbitrario, il margine di discrezionalità risultate dalla decisione è quello di riavvolgere il nastro guardando al passato in attesa di un complessivo intervento riformatore” conclude l’Avv. Rotondi. 

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