Meglio se il manager non è smart?

Un articolo pubblicato su BBC pone il tema della compatibilità tra la virtù manageriale e la troppa fiducia in sé o l’essere smart.

Il dubbio che pone l’articolo è semplice: siamo sicuri che essere smart sia il requisito ottimale per guidare e gestire persone e team di lavoro?

La riflessione finale dell’articolo, infatti, è questa: “Relying on the smartest and the most talented to lead and manage people and teams may be one of those things that sounds a lot better in theory than in practice”.
Ma questo dubbio non dovrebbe essere superato dopo due decenni di letteratura sull’intelligenza emotiva, da Goleman in poi, portata, bene o male, nella stragrande maggioranza dei percorsi di sviluppo?

Non ci siamo già detti negli anni 90 che il QI impatta sul successo delle persone solo nella misura del 20%, e che il resto è affidato a competenze “emotive“?

Al di là di questa prima considerazione, restano altre perplessità: cosa vuol dire veramente  essere smart e cosa vuol dire essere talenti? È sempre chiaro?

A volte sorge il dubbio che forse convenga lasciare indietro queste terminologie, raramente declinate e chiarite, per parlare invece di concrete, dettagliate competenze quando ci riferiamo alle persone, evitando di etichettarle in una sola parola. Ed evitando anche di cedere a una comunicazione sloganistica e d’effetto che sembra facilitare ma che, alla fine, rischia di appiattire i concetti e di svuotarli di contenuto.

Fonte http://www.bbc.com/capital/story/20140528-the-problem-with-smart-people

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