Paradox mindset, la sfida culturale del lavoro ibrido

Lavoro ibrido in equilibrio tra flessibilità e controllo: è possibile? Raoul Nacamulli, uno degli autori del libro “Disordine Organizzato”, spiega come il Paradox Mindset può essere una chiave per gestire le tensioni tra presenza e distanza, verso un modello di lavoro più sostenibile

paradox mindest e lavoro ibrido

Nel panorama del lavoro contemporaneo, le organizzazioni si confrontano con sfide sempre più complesse, spesso sotto forma di paradossi: efficienza e innovazione, autorità e partecipazione, flessibilità e regole, creatività e controllo. Queste polarità non sono semplicemente dilemmi da risolvere una volta per tutte, ma vanno gestite nel tempo, senza cadere nell’illusione che una delle due opzioni possa escludere definitivamente l’altra.

Se i paradossi, infatti, implicano la coesistenza di esigenze apparentemente in contraddizione, è nella gestione di queste tensioni che si cela un potenziale trasformativo per le organizzazioni. È in questo contesto che si inserisce il concetto di Paradox Mindset, capace di accogliere la complessità, valorizzare le complementarietà e attivare sinergie tra gli opposti. Una riflessione articolata su questo tema arriva da Raoul Nacamulli, professore di Organizzazione Aziendale e fondatore di OpenOrg, nel recente volume Disordine organizzato. Sviluppare le organizzazioni attraverso il Paradox Mindset (Il Mulino), di cui è co-autore insieme a Cristiano Ghiringhelli e Luca Quaratino

Il paradosso del lavoro ibrido

Con il Prof. Raoul Nacamulli abbiamo affrontato in particolare il tema del paradosso del lavoro ibrido, secondo il professore tra i più visibili degli ultimi anni. “Durante la pandemia abbiamo vissuto il lavoro a distanza forzato, poi un tentativo di equilibrio e ora, in molti casi, un ritorno massiccio in ufficio” spiega Nacamulli. 

“I manager spesso si dividono tra la consapevolezza delle opportunità offerte dalla tecnologia e la paura di perdere il controllo tradizionale, acquisito con la presenza costante. La scelta win-win, il vero lavoro ibrido, è possibile solo con un cambiamento culturale che parte proprio dallo sviluppo del Paradox Mindset”. 

Cos’è il Paradox Mindset e perché è importante in azienda

“Le aziende si trovano costantemente davanti a paradossi, una condizione che oggi viene perdipiù accentuata dall’incertezza che caratterizza il nostro tempo e dalla trasformazione digitale. Le dicotomie più classiche dei nostri tempi sono per esempio quelle tra efficienza e innovazione: le aziende cercano la massima efficienza, ma allo stesso tempo devono innovare per restare competitive. Un’altra dicotomia frequente è quella tra autorità e partecipazione: fino a che punto coinvolgere le persone e quando invece intervenire in modo più deciso? Altri paradossi riguardano poi il bilanciamento tra flessibilità e regole, creatività e controllo, sostenibilità e profittabilità, solo per citarne alcune” sottolinea il Prof. Nacamulli.

L’approccio più tradizionale vede i manager cercare di risolvere il problema scegliendo una delle due strade: o A o B. “Il Paradox Mindset – continua il professore – propone invece una via diversa: trovare soluzioni creative che tengano insieme entrambi gli elementi, quindi A e B, attraverso processi innovativi e di confronto. Questo è applicabile non solo alla leadership, bensì ai team, alle unità organizzative, così come al singolo collaboratore, poiché si tratta di un orientamento individuale e collettivo”.

Si tratta, quindi, per il Prof. Nacamulli, di una competenza che si può acquisire. “Per esempio attraverso survey, feedback, discussioni guidate sui paradossi reali dell’organizzazione, le persone possono migliorare la loro attitudine a tenere insieme opposti. Esistono strumenti per valutare il Paradox Mindset, come il questionario contenuto nel nostro libro ‘Disordine Organizzato’, che misura la capacità di una persona o di un team di considerare più punti di vista contemporaneamente”. 

Come si affronta il paradosso del lavoro ibrido

“In Italia la situazione è a macchia di leopardo: alcune aziende hanno scelto il ritorno totale in ufficio, investendo anche in nuovi spazi, altre cercano soluzioni ibride” spiega il Prof. Nacamulli. Un esempio virtuoso viene da Sanofi, l’azienda farmaceutica globale che dopo l’esperienza maturata durante la pandemia, ha deciso di ripensare il proprio approccio allo smart working, aggiornando la relativa policy e avviando un progetto di rinnovamento degli spazi nella sede di Milano. 

“In Sanofi – spiega Laura Bruno, People & culture director di Sanofi – l’implementazione del lavoro ibrido ha richiesto un approccio equilibrato tra flessibilità e collaborazione. La sfida principale è stata quella di creare un modello che potesse supportare la nostra trasformazione verso un’azienda più moderna e innovativa, mantenendo al contempo una cultura aziendale collaborativa. Oggi, la sfida più significativa resta quella di bilanciare la flessibilità con la necessità di costruire team ad alte prestazioni, garantendo un ambiente di lavoro che favorisca l’apprendimento continuo e lo scambio di conoscenze, elementi fondamentali in un settore in rapida evoluzione come il nostro”. 

Altri paradossi del lavoro contemporaneo

Un’altra grande sfida di oggi è la gestione di più generazioni in azienda. Come si concilia la diversità di modelli motivazionali e di visione tra nativi digitali e non? “Anche questo – sottolinea il Prof. Nacamulli – è un classico esempio di paradosso: i giovani sono più aperti al lavoro a distanza, le generazioni più mature possono essere frenate dalla necessità di riadattare la propria professionalità”.

La soluzione non è scegliere una sola strada, ma creare gruppi misti, favorire il reverse mentoring, puntare sulla formazione tecnica e sulla contaminazione di esperienze. “Lavorare sul Paradox Mindset, soprattutto in team eterogenei, aiuta a far evolvere la cultura aziendale, trovando soluzioni che non siano solo A o B, ma che tengano insieme entrambe le prospettive” conclude il Prof. Nacamulli.

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