Salone della Formazione: nuovi percorsi e strumenti

Quali strumenti utilizzare nei processi di formazione? Perché il Threat and Error Management può essere declinato anche in azienda? Quali le best practice nello scegliere i fondi interprofessionali? Come investire nelle digital credentials? Salone della Formazione 2023 ha risposto a queste e ad altre domande, mettendo a confronto HR e professionisti: è stata l’occasione anche per parlare di nuovi strumenti in mano all’azienda per formare in modo proattivo e facendo leva anche sulla formazione esperienziale.

Salone della formazione

L’ultima edizione di Salone della Formazione è stata l’occasione per far incontrare gli HR e i migliori rappresentanti della formazione aziendale, presentando i loro contributi sui temi dello sviluppo del capitale umano in relazione al contesto socioeconomico e alle prospettive attuali.

La due giorni di confronto, durante i quali si sono susseguiti interventi eccellenti, tavole rotonde ed occasioni di networking, ha visto la condivisione  di HR Stories e best practise sui temi prioritari come la formazione e i relativi processi.

Spunti di riflessione sui processi da mettere in campo nella formazione aziendale

Open badge per la formazione nel contesto europeo

Cosa significa parlare di credenziali digitali con uno standard comune al contesto europeo?

Luigi Susanna, Responsabile My Open Badge/Reiss Romoli, affronta – tra formazione, cybersecurity e sviluppo sistemi – il tema dei certificati, dei riconoscimenti di competenze e delle skills, comprendendo anche le micro-Digital Credentials.

Un Open Badge è un certificato, o un riconoscimento digitale, che contiene al suo interno informazioni strutturate in uno standard open che lo rendono personale, portatile e verificabile.

Gli Open Badge sono tra le digital credentials più diffuse a livello mondiale e consentono di riconoscere facilmente, in maniera ampia e condivisa, le esperienze o abilità acquisite per mezzo di una varietà di attività svolte. Le digital credentials a differenze di un PDF o di una certificazione cartacea possono, infatti, essere aggiornate continuamente, così come permettono un livello di dettaglio pressoché infinito.

Gli Open Badge, quindi, sono distintivi digitali che certificano competenze, capacità, appartenenza a gruppi, partecipazioni a corsi o attribuzione di crediti.

Le informazioni come, ad esempio, chi lo ha emesso, a chi è stato rilasciato, i criteri richiesti per conseguirlo,  e tante altre, sono leggibili e verificabili in tempo reale da tutte le applicazioni conformi allo standard.

Quando si acquista o si condivide lo standard, questo offre una panoramica dei percorsi di esperienze e rappresenta un biglietto da visita aggiornato e dettagliato delle conoscenze, competenze, qualifiche delle persone; allo stesso tempo, permette di rendere più efficace il sistema di gestione delle competenze e il sistema motivazionale.  È, inoltre, un importante strumento per il recruiting e contribuisce a migliorare la visibilità dell’azienda stessa in rete.

L’ecosistema degli Open Badge permette di utilizzare i badge digitali in molteplici contesti e per molti scopi diversi. Permette altresì di individuale le micro-competenze nel campo della formazione e delle competenze più avanzate.

Utilizzando Digital Credentials Open Badge emerge però la domanda di come rendere questo tipo di credenziali riconoscibile e uno standard, attraverso la blockchain: Luigi Susanna conclude il suo intervento suggerendo, per i diplomi relativi alla formazione, un meccanismo di garanzia e controllo con tre attori.

Threat Error Management applicato in azienda

Un approccio olistico alla formazione aziendale può desumere processi e strumenti anche da altri ambiti nei quali la sicurezza, la gestione del rischio e la leadership sono ai massimi livelli.

In particolar modo, la competenza aereonautica e i suoi strumenti di gestione possono aiutare nel training on the job in azienda.

In questo orizzonte si muove la proposta di un percorso formativo dedicato alla gestione della leadership e al rafforzamento del lavoro di squadra attraverso il Threat Error Management -TEM (ovvero il processo utilizzato nella sicurezza aerea che presuppone che i piloti possano commettere naturalmente errori ed incontrare situazioni rischiose durante le operazioni di volo). Si tratta di un modello sviluppato dagli psicologi dell’Università del Texas sull’analisi degli incidenti aerei.

Il Threat Error Management (TEM) applicato in ottica aziendale è stato, invece, illustrato da Luigi Pietro Rinaldi, Ops and Training Manager, Dasty Fly Aviation, e Nicola De Cesco, comandante pilota di voli di linea.

L’errore è previsto in tutte le organizzazioni, ma in ambito aerospaziale e aeronautico vengono adottate procedure e metodologie prima che la minaccia diventi qualcosa di irrisolvibile. Questo tipo di approccio alla gestione può essere utilizzato in ambito di formazione manageriale. Si tratta quindi di una metodologia proattiva al rischio come vero e proprio Error Management che aiuta a comprendere, anche dal punto di vista operativo ed esperienziale – tramite simulazioni di volo – le relazioni che esistono tra sicurezza e performance umane nei diversi contesti dinamici, operativi e sfidanti.

L’approccio culturale e il modello concettuale prevedono che il rischio e la minaccia sia sempre presente, ma siano gestiti dal singolo, capace di intercettarli e risolverli.

Il metodo TEM intercetta le minacce organizzative, ambientali o tecnologiche che risultano esterne all’essere umano. Il TEM è formato da tre elementi: minacce, errori e stati indesiderati e il modello permette di gestire, evitare, creare una regolamentazione e una standardizzazione.

Il tutto intrinsecamente legato non solo alla knowledge, ma soprattutto alle soft skills sia come abilità sociali, sia cognitive e quindi applicabili a qualsiasi contesto industriale.

Tom Cruise in Top Gun direbbe: “Don’t be careful, be competent”.

Rinaldi e De Cesco concludono, invece, con un detto aeronautico: “It’s all about Attitude”, giocando con i due significati della parola “Attitude”, attitudine, ma anche assetto dell’aereo, e da qui… “la questione è solo mantenere il giusto assetto”.

Formazione esperienziale: l’intelligenza collettiva come leva di crescita

Altro tipo di formazione esperienziale desunta da ambiti esterni a quello aziendale è la formazione che prevede la crescita di una intelligenza collettiva come leva vincente di sviluppo.

Per Jerome Felici, Partner & MD di Experio, il processo da seguire per un modello di leadership efficace e al passo con i tempi, è basato, infatti, sul rafforzamento della resilienza.

È fondamentale avere non solo una struttura ben organizzata, ma anche in grado di operare sinergicamente nelle sue parti. Una struttura consapevole che sappia che non esiste attività o progetto esente da crisi.

Per questo motivo per Felici è fondamentale partire dalla pratica e dell’esperienza anche con simulazioni in outdoor, create su misura a seconda del contesto, degli obiettivi e dell’ambiente in cui si muove un’azienda.

Si tratta di una pedagogia basata sull’esperienza per una formazione esperienziale.
Per potenziare i benefici, Experio fa capo a mentori provenienti dal mondo militare – Marina, Aeronautica e non solo – e da quello della gestione delle emergenze – come Protezione civile o Vigili del fuoco. Sono tutti ex ufficiali generali, con un doppio percorso: terminata la loro esperienza sono diventati consulenti, dirigenti e docenti; hanno cioè messo a frutto le metodologie militari all’interno di un ambiente civile, in una chiave operativa mirata a soluzioni aziendali. Un meccanismo che potremmo definire universale: la gestione delle crisi e dei negoziati mobilitando l’intelligenza collettiva, è, infatti, la stessa in tutto il mondo.

I fondi interprofessionale e la formazione finanziaria

 Massimiliano Cantafia, Area Promozione, Comunicazione e Sviluppo, FonARCom, affronta il tema dei fondi interprofessionali e della loro scelta.

I fondi interprofessionali in Italia sono 18 e sono associazioni promosse dalle principali Organizzazioni Datoriali e Sindacali per finanziare attività formative adeguate ai fabbisogni dei lavoratori occupati e al contesto di mercato delle aziende. Ai fondi ci si può iscrivere senza particolari vincoli (a parte per alcuni comparti come, per esempio, quello bancario) e quindi la scelta del fondo interprofessionale non dipende dal settore di attività economico specifico.

I fondi Interprofessionali sono lo strumento più noto che le aziende possono utilizzare per finanziare la formazione continua dei dipendenti.

Ma quali sono i criteri per valutare un fondo? Il primo fattore di scelta è sicuramente la modalità di finanziamenti o gli strumenti di finanziamento del fondo, ovvero il mondo in cui il fondo stesso distribuisce le risorse e le modalità per usufruirne.

Il secondo fattore sono le risorse, ovvero quante risorse si possono acquisire da un determinato fondo (solitamente sono calibrate sulle dimensioni delle imprese).

Il terzo fattore è il time to market ovvero quanto tempo passerà perché si possa vedere riconosciuto il proprio finanziamento. Concludono gli elementi di scelta di un fondo la semplicità e la flessibilità delle procedure, nonché la probabilità di finanziamento, la capacità dei fondi di assistere le aziende e la capacità di accompagnare processi o interventi di innovazione.

 

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Salone della Formazione è anche un momento di networking: la giovane associazione Ecosistema della Formazione Italia, si rivolge agli operatori start up della formazione, mettendo in connessione tutti gli attori rilevanti del settore, con una vera e propria rete per gli appassionati ed esperti del mondo della formazione e per tutti coloro che lo supportano e vi contribuiscono.

Ecosistema della Formazione Italia, ha fornito durante l’ultima giornata di lavori di Salone della Formazione un quadro delle esperienze in relazione alle start up della formazione, comprensivo degli strumenti messi a loro disposizione. Gli interventi sono stati promossi da Wyblo, Startupitalia, DotAcademy e Gility.

Non è mancata anche l’occasione per un panel con focus sul Education Technology nel nostro Paese con una panoramica esaustiva sulla formazione professionale e aziendale condotta da Chiara Bricca, Head of Edutech & Data, StartupItalia, per illustrare cosa sono le startup e cosa significa lavorare con esse.

A conclusione delle due giornate un secondo panel condotto da Kevin Giorgis, Presidente e Ceo, Ecosistema Formazione Italia, ha trattato – con casi pratici da parte delle aziende – le sfide che hanno riscontrato e come sono state affrontate.

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