Short term incentives: un modello virtuoso per l’impresa

La parte variabile della retribuzione è sempre più importante per l’attraction e la retention e per il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda. I modelli di Short term Incentives consentono di allineare i comportamenti delle persone a quelli dell’impresa, per migliorare le perfomance e distribuire la ricchezza creata. Quali sono gli elementi determinanti di un buon piano STI? Ne abbiamo parlato con Gabriella Giovanazzi, Senior Consultant di OD&M

Gabriella-Giovanazzi

Le imprese fanno sempre più ricorso a piani di Short-term incentives (STI) per raggiungere i propri obiettivi di business. L’adozione di politiche di STI, note anche come management per obiettivi (MBO), è una scelta vincente perchè trasparente e in grado di allineare gli obiettivi delle persone con quelli dell’organizzazione, mentre la logica dei bonus discrezionali sta diventando  residuale. L’incentivo è sempre più uno strumento del business e della gestione del personale; della sua importanza abbiamo parlato con Gabriella Giovanazzi, Senior Consultant di OD&M.

Cosa intendiamo per MBO o STI?

MBO è un termine ormai superato, si parla comunemente di Short term incentives. Sostanzialmente sono sistemi di incentivazione monetaria e sono il modo in cui agganciare una parte della retribuzione al raggiungimento di determinati obiettivi di performance. Tali sistemi sono generalmente validi su base annuale e collegati alle strategie, ai budget approvati dalle aziende e comunicati formalmente ai beneficiari.

Quanto pesano gli STI nella realtà delle imprese?

Sono una componente sempre più importante dei pacchetti retributivi, sicuramente di dirigenti e quadri. Ma anche per altre risorse strategiche delle organizzazioni. Negli anni abbiamo visto un progressivo spostamento della quota di retribuzione variabile: dai bonus discrezionali agli STI collegati a obiettivi di performance. Oggi, secondo i dati di una nostra analisi appena conclusa, l’89% delle aziende prevede di adottare sistemi di incentivazioni legati alle performance.

Quali sono i principali benefici per l’impresa nell’attuare politiche di incentivazione collegate alle performance?

Gli obiettivi primari sono i miglioramenti degli indici di attraction, retention e motivazione delle persone.  Questi sistemi garantiscono, inoltre,  la trasparenza, perchè sono resi espliciti i criteri e le regole che governano il processo, e la sostenibilità economico-finanziaria. Se si imposta un modello in grado di allineare gli obiettivi dell’azienda a quelli delle persone, si ha una maggiore garanzia che venga distribuita una parte della ricchezza generata e si ha un maggiore contributo delle persone al raggiungimento dei target.

Quanto pesano gli incentivi sul totale della retribuzione?

Fatto 100 il totale del pacchetto retributivo, la componente variabile pesa tra il 30% e il 40% per le figure apicali e tra il 10% e il 15% per figure intermedie. Sono valori molto significativi, ormai una componente strutturale del pacchetto retributivo, una leva importante di retention e attraction.

Ma poi, le aziende che adottano queste politiche, raggiungono gli obiettivi?

Sì, ma a determinate condizioni. La chiave sta nel sistema di incentivazione che si mette a terra: definire gli obiettivi, le strategie di incentivazione, i livelli target di ogni obiettivo cui agganciare la quota variabile. Si possono prevedere anche incentivi che superino il 100% del concordato, in caso di performance aziendali che vanno oltre il budget e che sarebbero autofinanziate dalla maggiore ricchezza prodotta.

Un costo in più per l’impresa…

Un costo variabile, legato agli andamenti, previsto nell’Ebitda, con autofinanziamento delle parti eccedenti in caso di over performance. Non un costo fisso, come può essere un aumento di merito. Il vantaggio di un piano simile, se impostato bene, è quello di distribuire la ricchezza generata, non di perderla. Mi occupo da anni di queste tematiche e l’esperienza mi dice che la forza di questi sistemi è quella di modificare e allineare comportamenti e creare un circolo virtuoso per il raggiungimento degli obiettivi d’impresa. Potrei citare decine di casi di aziende che hanno migliorato le proprie performance grazie all’adozione di sistemi STI.

Che ruolo svolgete con le imprese che vogliono migliorare i propri obiettivi con questi sistemi?

Lavoriamo in genere con le direzioni HR ma è importante anche il ruolo dei Cfo. Ci rapportiamo con i comitati per le remunerazioni, con gli Ad o i direttori generali. Siamo dei facilitatori, accompagniamo gli attori nel processo mettendo assieme tutti gli elementi utili a definire un piano di incentivazioni che ha l’obiettivo di attrarre e trattenere e allineare gli interessi delle persone con quelli dell’azienda, garantendo la sostenibilità economica con simulazione di cash out. È un processo complesso, che non va solo avviato ma costantemente monitorato, la cui implementazione richiede anche cambiamenti nell’organizzazione: in primis dotarsi di  strumenti di pianificazione e controllo, comunicare ed essere trasparenti, aprirsi al feedback, avere una tecnologia a supporto del processo.

Le imprese come rispondono? Comprendono i benefici di questi meccanismi?

Direi proprio di sì: l’89% delle imprese li adotta su base annuale e il 77% sta adottando strategie di incentivazione a medio lungo termine (LTI). Per manager, direttori e dirigenti la parte variabile è sempre più importante, non solo per chi opera in società quotate in Borsa. Nell’ultimo contratto dei dirigenti di industria, rinnovato da poco, oltre a ribadire l’importanza di lavorare sulla quota variabile del salario, è stato introdotto per la prima volta il concetto di LTI. Per dire che la sensibilità sul tema è molto alta, senza grandi differenze tra imprese grandi e piccole. La dimensione non è una discriminante: esistono buone e cattive pratiche.  Lavorare sul variabile è una buona pratica.

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