Il percorso di Sanofi per mettere le persone al centro

È stata una delle prime aziende in Italia a introdurre un sistema di Organizational network analysis per la gestione delle risorse umane, creando una cultura del feedback e maggiore responsabilizzazione sul tema della crescita professionale. Ma, avverte la responsabile HR, Laura Bruno, serve una cultura d’impresa portata al cambiamento per avere buoni risultati.

Laura-Bruno

Può un software migliorare l’organizzazione, i rapporti tra colleghi e far emergere le persone capaci e meritevoli? La risposta è sì e i software, che in realtà sono dei gestionali molto avanzati, sono quelli del capitolo ONA: Organizational network analysis. Una metodologia di raccolta dati e analisi degli stessi, usata nell’ambito della gestione delle risorse umane. Sanofi è stata una delle prime aziende in Italia ad adottare un sistema del genere. Uno strumento che, per dare risultati, si deve innestare in una cultura aziendale volta al cambiamento.

Laura Bruno, direttore HR di Sanofi Italia e Malta, con esperienze nazionali e internazionali in aziende come Bracco, Amgen e Hewlett Packard, ci ha raccontato il progetto dell’azienda nella quale è arrivata nel 2010 e di cui è membro del Cda dal 2014.

Quali strumenti avete usato per l’analisi informale dell’organizzazione?

Da tre anni utilizziamo Workday, un software di talent management o, se vogliamo, un gestionale HR. Siamo stati una delle prime aziende in Italia a introdurlo e oggi utilizziamo tutti i moduli del sistema: performance, compensation, talent management, anagrafica delle persone… Non è un semplice strumento di gestione, perché ci ha dato l’opportunità di lavorare in modo diverso.

In che senso?

La filosofia di fondo di Sanofi, la stessa che è alla base di Workday, è di mettere il dipendente e il manager al centro. Le risorse umane sono una funzione di consulenza e supporto ma, ad esempio, viene lasciata piena autonomia al dipendente nel cercare nuove opportunità di carriera in Workday, dove sono pubblicati tutti i job posting e l’elenco delle competenze delle persone. Lo strumento ci ha consentito di spingere molto anche sullo scambio dei feedback tra le varie figure che operano in azienda, grazie alla varietà di tool disponibili. Riassumendo: attraverso il gestionale abbiamo valorizzato l’organizzazione informale, che per noi significa avere il dipendente al centro.

Perché avete deciso di utilizzare questo sistema?

Abbiamo fatto, e parlo di tutta l’azienda a livello mondiale, un lungo percorso culturale di change management e Workday è stato un acceleratore del processo.

Quali sono stati i miglioramenti più evidenti?

L’elemento più visibile è la grande abitudine allo scambio tra persone, innescata dalla cultura del feedback. Faccio un esempio: abbiamo un evento annuale in cui premiamo i migliori progetti. Da quando usiamo il sistema dei feedback abbiamo avuto un enorme incremento di dipendenti che segnalano colleghi che hanno fatto innovazione o che, semplicemente, hanno supportato altri colleghi, o che si sono impegnati trasversalmente tra le funzioni… L’altro elemento importante è la spinta alla forte responsabilizzazione sul tema della crescita professionale.

C’è stato un impatto positivo anche sul business d’impresa?

È veramente difficile dirlo, soprattutto per chi opera in un settore in cui le variabili in gioco sono davvero tante. L’azienda va bene e questo sistema sicuramente ha aiutato nella gestione interna: abbiamo un livello di engagement maggiore e analisi di clima lavorativo con risultati molto positivi.

Consiglierebbe l’uso di uno strumento come il vostro a chi si occupa di gestione del personale?

Onestamente sì, ma non è solo l’adozione di uno strumento che fa la differenza. Bisogna essere consapevoli che si tratta di un progetto impegnativo, che non si fa in due mesi e che richiede una forte predisposizione al cambiamento: un’azienda con una guida fortemente gerarchica, non interessata ad un cambio culturale, otterrebbe minori risultati.

Al momento dell’introduzione di Workday, in Sanofi questo processo era già stato avviato con diverse iniziative come lo smart working. Un’opportunità che ha inevitabilmente portato con sé diversi cambiamenti: una maggiore flessibilità del lavoro, un rapporto tra manager e collaboratore improntato sulla fiducia e valutazioni delle performance basate sul raggiungimento degli obiettivi e non sul tempo trascorso al lavoro. Gli strumenti possono essere di supporto nel diffondere una mentalità aziendale aperta, trasparente, con dati chiari e opportunità uguali per tutti, ma la cultura dell’azienda è fondamentale per ottenere il massimo da questi sistemi.

Quali progetti nuovi state sviluppando nell’ambito delle risorse umane?

Parallelamente al percorso fatto con Workday, abbiamo iniziato un progetto sui temi dell’agility in alcune aree del business, con la creazione di team trasversali che lavorano su progetti, non in ottica gerarchica ma di autogestione.

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