Smart working, le novità con la riapertura delle scuole

Dal 14 settembre, i genitori di ragazzi under 14 non avranno più diritto di fornire la prestazione lavorativa da remoto. Restano i “congedi Covid” e la possibilità di ricorrere alla malattia in caso di chiusura delle classi per contagi. L’analisi dei Consulenti del Lavoro: cosa resta dello smart working? Novità in arrivo nella PA.

scuole

Riapre la scuola, fine dello smart working (di quello che abbiamo definito come tale in questi mesi) per diritto. Dal 14 settembre non sarà più obbligatorio per le imprese concedere ai genitori di ragazzi con meno di 14 anni la possibilità di lavorare da casa. Era stata introdotta con il lockdown e con la conseguente chiusura delle scuole, ora resterà una possibilità alla quale si potrà fare ricorso ma non più un obbligo. Ad oggi, il regime semplificato di accesso allo smart working, cioè senza l’accordo individuale previsto dalla legge,  resterà in vigore fino a metà ottobre, data di scadenza dello stato di emergenza.

Lo smart working, ma sarebbe più congruo chiamarlo lavoro da casa, è esploso durante il lockdown ed è stato un grandissimo strumento di conciliazione dei tempi di vita.

Dopo il 14 settembre (e fino al 15 ottobre), gli unici lavoratori che avranno diritto allo smart working saranno i disabili gravi o quelli che hanno un disabile grave in famiglia, oppure quei lavoratori che, sulla base di valutazioni mediche, siano maggiormente esposti a rischio di contagio.

Con le scuole chiuse, ma anche centri anziani e altre strutture di assistenza, i genitori o figli hanno potuto lavorare da casa e assistere i bambini o gli anziani. Una possibilità che potrebbe tornare, in forme diverse, in caso di chiusura delle scuole per contagi in classe: in quel caso si dovrebbe far ricorso all’indennità di malattia per il periodo di quarantena e isolamento, con le stesse modalità adottate nella fase più intensa della pandemia. Per far fronte all’emergenza è stata anche introdotta una forma di congedo parentale dedicata ai lavoratori del privato. Di recente il Ministero del Lavoro ha pubblicato una circolare sui Congedi Covid 19.

Quel che resta

Nei mesi scorsi c’è stata una grandissima accelerazione sull’uso delle tecnologie e sullo smart working. Un grandissimo test che ha coinvolto milioni di persone. Cosa resta? Tra maggio e giugno, quasi il 40% del personale delle aziende con più di due addetti, occupato in modalità agile durante il lockdown, è tornato in sede. E se nei mesi di emergenza piena (marzo-aprile) la percentuale di lavoratori che ha sperimentato l’home working si è attestata all’8,8% (a fronte dell’1,2% degli occupati in tale modalità nel pre-pandemia), nel bimestre maggio-giugno è scesa al 5,3%. A fare i conti è stata la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che ha elaborato il report “Tempo di bilanci per lo smart working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse”. Secondo il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, “Dobbiamo fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa rendendo il lavoro agile più funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro”.

Il pubblico

La modalità agile di lavoro ha riguardato anche decine di migliaia di lavoratori pubblici. La ministra Fabiana Dadone, Pubblica Amministrazione, ha annunciato che intende rendere strutturale lo smart working, il vero smart working, in conseguenza di una riorganizzazione della pubblica amministrazione. “In quei momenti abbiamo conosciuto un lavoro agile che in realtà è stato da remoto – ha dichiarato Fabiana Dadone, riferendosi alla fase di lockdown – Da qui in avanti lo vedremo meno massivo e con delle differenziazioni dovute al fatto che metteremo in capo ai dirigenti l’organizzazione e l’individuazione delle attività che si potranno svolgere in lavoro agile. Sarà comunque il vero lavoro agile che viene applicato anche agli altri Paesi europei”.

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