Sostenibilità: board e CDA in ritardo nelle competenze

L’analisi dell’Osservatorio imprese della Sda Bocconi su 1.586 profili di 100 società mostra il ritardo di consiglieri e altre figure apicali nella preparazione in temi Esg

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Nei board delle società quotate e non quotate c’è ancora molto da fare nell’ambito delle competenze Esg (Environmental, social and governance) e sui temi della sostenibilità. Una situazione che – come spiega un’analisi dell’Osservatorio imprese della Sda Bocconi dedicata a «Capitale umano e governance» – è dovuta a due fattori determinanti: un ritardo storico causato da un’introduzione solo recente di corsi di studi su questi argomenti riservati agli executive e una presenza nei cda (sia ruoli apicali che consiglieri) di persone con un’età media superiore ai 50 anni (59 gli uomini e 53 le donne).

Lo studio, rilanciato dal Sole 24 Ore, prende in esame 1.586 profili di consiglieri tra il 2012  e il 2020 di 100 società (50 quotate e 50 non quotate con caratteristiche e fatturato simili). Per le quotate la spinta in questa direzione è arrivata solo con delle leggi recenti: gran parte dei comitati con deleghe alla sostenibilità è stato costituito nel 2017 con l’entrata in vigore delle norme sull’obbligo di Dichiarazione non finanziaria (Dnf), ovvero i rendiconti sostenibili che vanno redatti dalle imprese con più di 500 dipendenti. Da qui anche la nascita di figure come il sustainability manager o il corporate social responsability manager. Ma nel 2021 con la nuova Direttiva comunitaria l’obbligo delle Dnf verrà esteso alle aziende con meno di 250 dipendenti.

I profili sono stati mappati utilizzando 21 indicatori. La sostenibilità appare solo nel 4% e anche competenze similari come il risk management sono presenti solo al 7%. Al contrario c’è una netta maggioranza per la leadership (71%) e l’esperienza internazionale (48%).

Come viene sottolineato dal Sole 24 Ore, le società non sembrano focalizzate sui temi Esg, anche quando sono alla ricerca di nuovi consiglieri. Eppure tra le Pmi qualcosa sembra cambiare. È il caso delle Industrie Chimiche Forestali (Icf), quotata su Aim nel 2018, con un fatturato di oltre 70 milioni di euro, che ha redatto il bilancio di sostenibilità in modo volontario con l’obiettivo di instaurare una comunicazione trasparente verso i propri portatori di interesse e di raccontare informazioni e iniziative di tipo ambientale, sociale ed economico. Già alla fine degli anni 90 Icf aveva aderito al programma Responsable Care di Federchimica volto a uno sviluppo sostenibile. L’azienda ha inoltre investito recentemente in un’innovativa linea di adesivi a zero emissioni e zero impatto ambientale.

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