Wellbeing ed environment, il ruolo del coaching

La gestione del sé è fondamentale in ottica di benessere, ma anche di efficienza. Percorsi di coaching mirati possono supportare executive, quadri e dipendenti nel rendere più performanti sé stessi e di conseguenza tutta l’organizzazione.

Cristina Nava

Il self management è fondamentale per trovare il proprio equilibrio personale ed essere performanti all’interno di un’organizzazione aziendale: solo se so gestire me stesso e tutelare in primis il mio benessere posso gestire gli altri. Ma spesso il wellbeing dei ruoli executive viene trascurato finché non si raggiunge il burnout. Il ruolo di un coach diventa allora quello di aiutare executive, quadri e dipendenti a rendere più performanti sé stessi e di conseguenza tutta l’organizzazione. Ne abbiamo parlato con Cristina Nava, specializzata in neuroscienze ed Executive Business Coach di Performant by Scoa.

Dottoressa Nava cosa può fare un business o un executive coach per aumentare il wellbeing dei propri coachee?

«É una tematica su cui noi di Performant ci spendiamo tantissimo nelle nostre sessioni di coaching, perché lavorando con i ruoli aziendali abilitiamo competenze manageriali di ruolo. E una delle competenze più importanti è il self management, cioè la gestione del sé. Se sono un executive gestisco non solo me stesso, ma anche la mia squadra, il mio referente, i miei peers e i vari stakeholder; lo stesso vale per un manager, così come per un neoassunto, che deve fare i conti con complessità molto diverse, ma può avere una performance migliore se gestisce al meglio se stesso. Spesso però questa dimensione viene trascurata e presa in considerazione – soprattutto quando si parla di executive – solo quando si è quasi in totale burn-out. Invece quello sul wellbeing è un lavoro che deve essere fatto a prescindere, prima di raggiungere questo stress estremo».

Come si trova allora il giusto self-balance?

«Lavorare su se stessi vuol dire trovare il bilanciamento giusto, che consenta di avere le energie mentali per affrontare un certo tipo di complessità e di lavoro. Gestire la propria salute vuol dire anche fare attività sportiva, camminare, muoversi, avere una nutrizione adatta e riuscire comunque a mantenere una performance di un certo livello. Purtroppo nelle organizzazioni notiamo una totale discrepanza rispetto a questi parametri, perché chi lavora 14 ore al giorno – ammesso che per un executive sia sufficiente – spesso salta il pranzo o mangia velocemente, fa un’attività totalmente sedentaria, non ha dei momenti di break per riuscire a mettere in campo un’energia mentale diversa e un nutrimento da cui attingere. La pandemia del resto, che ci ha tenuti inchiodati tutto il giorno davanti al computer, ha fatto precipitare la situazione, mettendoci davanti a livelli di stress molto forti. Tornando al wellbeing, per trovare un bilanciamento giusto devo occuparmi anche della mia parte emotiva, capire che tipo di impatto ha su di me una situazione, una relazione, un progetto, il governo della complessità, e in che modo gestisco e indirizzo questa parte di emotività. Qui entra tutto il tema della gestione del sé, cioè saper identificare le emozioni, saperle gestire e trasformarle in qualcos’altro, che permetta di essere efficaci nel ruolo che si ricopre. Questo è il lavoro che noi facciamo con le persone, lavorare su tutta la sfera emotiva. Siamo esperti di competenze manageriali, ma – nel mio caso – anche di competenze emotive. Quest’approccio contraddistingue la nostra organizzazione. Noi aiutiamo i nostri coachee a sensibilizzarsi: se emotivamente riesco a gestire bene me stesso, riuscirò a gestire anche l’emotività degli altri. Nei nostri percorsi di coaching facilitiamo questa parte, che spesso è trascurata. Siamo molto allenati a livello cognitivo e razionale, ma culturalmente non siamo abituati a trattare l’emotività, che invece nell’organizzazione è una parte fondamentale».

Parliamo invece dell’importanza dell’environment in un’organizzazione…

«Ci sono tanti studi che sottolineano quanto la parte estetica di una struttura, un posto di lavoro sia fondamentale. Recentemente sono stata in uffici in cui c’erano delle pareti ricoperte di vegetali e le osservavo e chiedendomi che impatto ha sulla performance e sui ruoli avere una parete di verde così forte, così intensa. Ti permette di lavorare in un modo diverso. Si pensi a certi ospedali, in cui la possibilità di avere degli alberi e di vedere la natura aiuta le persone ammalate. Ecco, poco tempo fa ero in una banca, nella divisione trading dove lo stress è altissimo, e il direttore del personale mi spiegava che stavano studiando la possibilità di inserire delle piante, perché le piante da un metro e mezzo in su hanno un potere rilassante, abbassano lo stress. Pensiamo a un ufficio trading immerso nel verde, che ha questo potere terapeutico di distensione, di calmare lo stress. Non è solo una questione estetica: quando parliamo di environment parliamo anche di atmosfera. Noi che frequentiamo organizzazioni diverse notiamo che l’atmosfera a volte è molto tangibile nelle organizzazioni e questo impatto sul wellbeing è molto forte, c’è veramente una grande connessione».

Cambiamo discorso, in cosa consiste il ciclo di podcast Il futuro è ORA lanciato da Performant?

«I coach di Performant affiancano le persone in piccole e grandi organizzazioni e aiutano le imprese a crescere con la consapevolezza dell’effetto che i comportamenti hanno sui risultati dell’azienda. L’allenamento è continuo, ma le sfide – in un mondo che cambia velocemente – sono sempre nuove e diverse. Nei podcast Il futuro è ORA, che è fruibile da tutti sulla piattaforma Spreaker, Performant porta gli insegnamenti dei suoi coach per riflettere insieme ad esperti di settore, executive, imprenditori, professori Universitari, sulle sfide che coinvolgono le organizzazioni contemporanee. Gli argomenti sono vari: si parla del ruolo delle neuroscienze nelle organizzazioni e nel business coaching, di casi di successo, di motivazione, e di tanto altro…».

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