A tu per tu con le Top HR Women: Stefania Monini

I direttori del personale si raccontano a Hr-Link. La protagonista è Stefania Monini, Direttore Risorse Umane di CIRFOOD

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Capita sempre più spesso, nelle Hr, di trovare una donna ai massimi vertici della funzione. Sono le Top Hr Women, alle quali abbiamo dedicato una classifica nel mese di ottobre. Alcune di queste professioniste hanno accettato di mettersi a confronto con noi, per darci una chiave di lettura di cosa significa oggi occuparsi di risorse umane, soprattutto dal punto di vista femminile.

Stefania Monini è Direttore Risorse Umane e Organizzazione di CIRFOOD (11.000 addetti), con un passato in Indesit, Telecom e Alitalia.

Anche se le HR rappresentano un’eccezione, in Italia il numero di donne in posizioni apicali d’impresa è ancora molto basso. Il fatto di essere donna l’ha ostacolata nel suo percorso?

Vi sorprenderà, ma penso che il fatto di essere donna abbia costituito per me un vantaggio. L’ultimo ruolo, ad esempio, l’ho avuto anche perché la ricerca era diretta solo a donne: CIRFOOD ci teneva (e ci tiene ancora…) a incrementare il numero di figure femminili nelle posizioni apicali. Anche nelle aziende precedenti, mi sono sempre sentita apprezzata per capacità che vengono riconosciute soprattutto alle donne: il multitasking, la sensibilità e l’attenzione verso le persone (essenziali per chi copre ruoli nelle Risorse Umane), la capacità di vedere oltre il mero fatto, cogliendo elementi non immediatamente evidenti.

Tuttavia so che non è così per tutte le colleghe, anzi conosco casi in cui c’è stata una penalizzazione nella carriera.

Rispetto a qualche anno fa, le cose stanno cambiando?

Certamente sì, le donne sono in grado di organizzare molto bene la propria vita privata e le aziende sanno di poter contare su di loro. Oggi è molto più rara la penalizzazione che qualche volta ho riscontrato nei confronti di chi decide di fare dei figli.

Due anni fa in CIRFOOD abbiamo iniziato un percorso per giovani talenti: lo abbiamo chiamato We4Future, perché vogliamo investire sulle persone che rappresentano il futuro dell’impresa. Oltre alle prove per testare l’aderenza al nostro modello manageriale, un Hr ha incontrato tutti i candidati, con l’obiettivo di approfondire la motivazione a entrare nel progetto. Una di loro mi ha detto: “Io ho in programma di fare un figlio, lo dico per trasparenza perché magari per questo deciderete di tenermi fuori”. La mia risposta è stata: “Fare un figlio – come dice il libro Maternity as a master (qui anche un nostro approfondimento sul tema, ndr.) – rafforza enormemente le capacità manageriali, per cui a maggior ragione sei dentro il progetto.” È una persona molto in gamba, apprezzata dai capi e dai colleghi. Ha partorito un bel maschietto due settimane fa.

Qual è la dote più importante di un Hr manager?

Credo che la dote fondamentale sia la “centralità”, l’essere in equilibrio, consapevoli di se stesse e della propria forza, anche se penso che questo valga un po’ per tutti i ruoli. Io non mi sono mai sentita in difficoltà perché ero una donna nei confronti di capi uomini. Forse perché ho avuto una “capa” turca, in Indesit, che aveva una forte leadership, sapeva esprimerla in un board tutto maschile e mi ha insegnato a gestire le emozioni, le mie debolezze, senza soffocarle o negarle. “Never cry in the office”, era il suo motto: voleva dire di armarsi della giusta ironia e della forza per affrontare i momenti difficili senza abbattersi. Il pianto per lei era tipicamente femminile, andava evitato per non farsi compatire dagli uomini.

E il peggior nemico?

Il peggior nemico è cercare di imitare lo stile manageriale di alcuni uomini, che pensano che essere leader significhi affermarsi con veemenza, a volte brutalità, avere sempre ragione, prevalere sugli altri, vincere tutte le battaglie. Il vero leader sa ascoltare, è pacato, sa guardare oltre e trovare soluzioni in cui tutti si sentano a bordo e mai sconfitti, ha molto senso dell’umorismo, vera arma per gestire con equilibrio alcune situazioni aziendali a volte surreali.

Ieri abbiamo invitato in CIRFOOD Vincenzo Linarello, un imprenditore calabrese che combatte la ‘ndrangheta e ha fondato il gruppo cooperativo Goel. Uomo sobrio, che esprime con estrema pacatezza concetti di una profondità straordinaria e mette a terra i suoi progetti senza farsi mai fermare. Carisma stellare. Questi sono gli esempi maschili che noi donne dovremmo seguire.

Qual è oggi la sfida professionale più grande per una donna in campo HR?

Contribuire a far sì che la sua impresa non venda solo beni o servizi, ma esprima una visione del mondo e la realizzi con tenacia. A mio parere le donne hanno una straordinaria capacità di vedere oltre, di arricchire di sensibilità e senso le scelte strategiche, di dare all’etica un significato nell’agire quotidiano. Il vero successo è (e sarà sempre di più) quello delle imprese che non scendono a compromessi sulla propria visione del mondo, che hanno un approccio “politico” alle scelte di business, che sanno rinunciare al profitto nel breve per generare valore in modo stabile e compatibile con l’ambiente in cui operano. Le donne in questo hanno una marcia in più.

Quale consiglio darebbe a una giovane donna che voglia intraprendere questa carriera?

La passione per il lavoro, la competenza, l’umiltà e l’ironia sono il bagaglio essenziale con cui si sconfigge qualsiasi tentativo di discriminazione. E se l’ambiente organizzativo non è in sintonia con i suoi valori, che cambi senza esitazione.

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