Cv anonimi e colloqui al buio per favorire la diversity in azienda

Il blind recruitment tra i nuovi trend della selezione del personale: è una tecnica che consente di limitare l’effetto dei pregiudizi inconsapevoli di cui tutti siamo vittime. La adottano diverse grandi imprese, soprattutto in Usa e Uk, ma bisogna anche agire con attività di training su chi fa selezione del personale.

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Non bastano le migliori intenzioni, siamo tutti vittime dei pregiudizi inconsapevoli. Che agiscono in noi, appunto, senza che ce ne accorgiamo. Ma mettiamo la funzione Hr di una grande multinazionale che ogni anno vaglia decine di migliaia di curriculum per migliaia di colloqui e assunzioni: come opera il pregiudizio inconsapevole su questi recruiter? Ce ne siamo occupati in passato (qui l’articolo di approfondimento), raccontando casi in cui anche sistemi di intelligenza artificiale erano stati vittime di unconscious bias, perchè sono sistemi che imparano dagli uomini, ma il tema resta di grande attualità tra chi si occupa di risorse umane, perché il pregiudizio inconsapevole è nemico della diversity e rischia di far perdere i migliori talenti all’impresa, minandone la competitività.

Blind

Nel corso del tempo sono state elaborate diverse modalità di azione per evitare i danni prodotti dai pregiudizi inconsapevoli nel settore Hr, dove il fattore umano è ancora determinante per le scelte. Di recente, la rivista Hays Journal – del gruppo Hays – che si occupa dei nuovi trend di selezione, ha rilanciato il blind recruitement: è una tecnica di reclutamento nella quale vengono cancellate volontariamente dal curriculum vitae dei candidati informazioni che rivelano la loro identità, come il nome, la data di nascita e le scuole frequentate. Si tratta di un tema che non appassiona solo il mondo dell’impresa. Anche il Comune di Bologna, a seguito di un dibattito sulle discriminazioni delle donne e sulle assunzioni di conoscenti, ha votato un documento che  prevede la possibilità di inviare curriculum anonimi e senza l’indicazione di genere. “Tutti abbiamo a livello inconscio dei pregiudizi che influenzano le nostre scelte – commenta Alessandro Bossi, Hays Italia Director – e che possono essere sintetizzati in una sola semplice parola: appartenenza. Si tratta di capire se ci stiamo rapportando a qualcuno che appartiene o meno al nostro stesso gruppo, alla nostra cerchia. Per esempio, inconsciamente, il nostro pensiero viene condizionato se ci troviamo a leggere il CV di qualcuno con un nome a noi familiare o che ha studiato nella nostra stessa università o che è nato nel nostro stesso anno. E questo può influenzare notevolmente il percorso e le opportunità di carriera di un professionista”.

Case history

Uno dei primi esempi di blind recruitment risale al 1980 e ha avuto luogo nella Toronto Symphony Orchestra che, fino a quel momento, era composta quasi esclusivamente da uomini. Consapevoli di avere una mancanza di differenziazione, applicarono un diverso metodo per reclutare i loro membri, svolgendo le audizioni dietro a uno schermo in modo che i selezionatori non potessero vedere il candidato, ma potessero solamente sentirlo suonare. Il risultato fu  questo: un’orchestra rinnovata, composta al 50% da uomini e al 50% da donne, maggiormente diversificata e con una capacità musicale migliorata. Grandi realtà come Deloitte e Hsbc usano da tempo il blind recruitment. Nel Regno Unito, diverse aziende o enti pubblici, fra cui la Bbc, Virgin Money e Ey, scelgono i nuovi impiegati e tirocinanti senza guardare il loro nome.

Non solo buio

Gli esperti di Hays evidenziano comunque che il blind recruitment non dev’essere considerato come la soluzione a tutti i problemi legati alla diversità e all’inclusione. La tecnica dev’essere accompagnata da un percorso di training che aiuti i selezionatori a riconoscere i propri pregiudizi per imparare a gestirli.

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