Diventare pionieri. Oltre le nuove frontiere della formazione

Diventare pionieri nella formazione significa sperimentare nuovi format, ma anche superarne limiti e difficoltà. La ‘Zoom fatigue’ e l’indebolimento delle dinamiche relazionali sono problemi oggettivi cui occorre dare risposta, pur preservando le nuove modalità di fruizione. Non si tratta di stabilire se sia meglio la formazione a distanza o in presenza, ma di capire come il formatore può fare la differenza.

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Formazione

Secondo il World Economic Forum, nell’arco di cinque anni un lavoratore su due avrà la necessità di riqualificarsi. Per metà della forza lavoro sarà necessario mettere in atto un processo di adeguamento delle proprie skill, in modo da riuscire a tenere il passo e rimanere competitivi in un mercato che sta subendo una trasformazione senza precedenti. La digital transformation, il lavoro da remoto, l’apprendimento a distanza hanno modificato schemi e processi abituali e ne hanno disegnati di nuovi.

L’interesse verso upskilling e reskilling è cresciuto durante la pandemia. HR e manager si dicono convinti che le difficoltà portate dalla crisi modificheranno l’esperienza lavorativa quotidiana, ma offriranno anche un’opportunità unica di crescita personale e professionale: competenze da sviluppate, conoscenze da aggiornare, capacità nuove da acquisire, abilità da allenare. Affinché la formazione abbia un impatto reale sullo sviluppo delle persone, deve essere rapidamente assimilabile e facilmente applicabile. Capace di guardare avanti e adottare una visione a lungo termine, per anticipare le sfide e cogliere le opportunità che si presenteranno.

Di fronte a queste sconfinate praterie dell’apprendimento, l’atteggiamento migliore da adottare è quello del pioniere. Scopritore o promotore di nuove possibilità di vita, è tale chi si dimostra capace di guardare oltre le contingenze, pronto a esplorare terre sconosciute e a gettare in esse nuove fondamenta. Agiscono da pionieri, nella vita come nel lavoro, quanti sanno aprire una via agli altri per consentire nuovi sbocchi, individuano nuovi obiettivi di apprendimento e se ne fanno promotori per la comunità.

Anche la formazione professionale deve farsi ‘pioniera’, per stare al passo con i fabbisogni formativi dei lavoratori. Digitalizzazione, innovazione e competitività sono le sfide comuni che stanno coinvolgendo tutte le aziende, spingendole a creare una cultura dell’apprendimento a tutto tondo sul posto di lavoro. Diventare pionieri nella formazione significa sperimentare nuovi format, come le lezioni da remoto, ma anche superarne limiti e difficoltà. La perdita di identità sociale, la cosiddetta Zoom fatigue e la stanchezza crescente che affligge chi sta costantemente in video, l’incapacità di leggere le dinamiche relazionali ed entrare in una dimensione di arricchimento e confronto sono problemi oggettivi a cui occorre dare risposta, pur preservando le nuove modalità di fruizione.

Non si tratta di stabilire se sia meglio la formazione a distanza o in presenza, ma di capire come il formatore può fare la differenza in ogni setting in cui agisce. L’apprendimento è agevolato dalla narrazione, dallo scambio e dalla capacità di creare socialità tra le persone, qualunque sia il luogo o lo strumento utilizzato. Fare formazione da pionieri oggi significa, quindi, sviluppare architetture formative ibride, perché le nostre vite lavorative sono fatte di momenti fisici e digitali e la formazione deve rappresentarle così come sono.

La digitalizzazione, d’altronde, è un mondo in cui tutti agiamo necessariamente come pionieri, perché chiamati a esplorare un mondo spesso sconosciuto. I nuovi paradigmi tecnologici e digitali, dal metaverso agli NFT, richiedono una maggiore attenzione al presente e agli strumenti di comprensione del reale.  Sviluppare una saggezza digitale, ovvero acquisire dimestichezza con le tecnologie digitali che affollano vita e lavoro, non basta più. C’è bisogno anche di saggezza virtuale, cioè della capacità di discernere cosa si accetta di virtualizzare e cosa si vuole mantenere fisico e reale. Anche sviluppare questa abilità è un’azione da pioniere.

Un pioniere, infine, è colui fa ricerca. Non basta essere curiosi, ma occorre darsi dei traguardi di apprendimento precisi, scegliendo un focus da approfondire. È la cosiddetta learning agility, ovvero la capacità di individuare continui obiettivi di ricerca come persone, gruppi e organizzazioni. Mettersi in gioco, cavalcare l’onda del cambiamento e apprendere nuove competenze vuol dire anche trarre insegnamento dall’esperienza concreta per farsene promotori con gli altri.

Le aziende, oggi più che mai, hanno bisogno di persone agili, collaboratori formati e competenti in fatto di innovazione. Lavoratori che sappiano trovare risposte anche quando le risposte non ci sono. Le priorità di apprendimento non si limitano alla transizione digitale ed ecologica, ma coinvolgono le fasi più prettamente esecutive del lavoro dei manager. La parola chiave è change management: semplificazione, innovazione, gestione del cambiamento, ma anche flessibilità, orientamento agli obiettivi e inclusione. In una realtà in cui l’unica costante è il cambiamento, è fondamentale sapersi adattare ai contesti più diversi. Non lasciarsi dominare dalla novità, ma trovare nuovi modi per superare le difficoltà.

Nel mondo del lavoro che si sta delineando, servono capacità nuove. Le priorità di apprendimento non si limitano alla transizione digitale ed ecologica, ma coinvolgono le fasi più prettamente esecutive del lavoro di manager e middle manager. La parola chiave è change management: semplificazione, innovazione, gestione del cambiamento, ma anche flessibilità, orientamento agli obiettivi e inclusione.

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