Formazione a distanza sì, ma ravvicinata

Una ricerca condotta dall’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Quadrifor e Gruppo Prospecta, ha utilizzato le neuroscienze per mettere a confronto formazione in presenza e a distanza e analizzare l’efficacia dell’apprendimento. A fare la differenza non è il luogo, ma la persona del formatore e la capacità di esprimere un feedback. Come spiega Ilaria Di Croce, Direttore di Quadrifor.

A cura di

logo quadrifor
formazione-distanza

La formazione a distanza funziona. La trasformazione dell’offerta formativa, trasferita in fretta dalle aule fisiche alle aule virtuali per effetto della pandemia, non ha avuto il risultato di scoraggiare l’investimento in nuove conoscenze. Al contrario, l’incertezza che ha dominato i contesti di lavoro nell’ultimo anno e mezzo ha reso le persone ancor più consapevoli dell’importanza di puntare sull’arricchimento delle proprie competenze e desiderose di apprendere in modo efficace. Anche a distanza.

A confermarlo sono per primi i numeri: l’osservatorio di Quadrifor, istituto bilaterale che si occupa di sviluppare le competenze dei quadri del Terziario, ha registrato tra il 2019 e il 2020 un aumento del 10% nel numero di iscritti ai corsi. Una crescita ulteriore si è avuta nei primi dieci mesi del 2021. Le difficoltà nell’uso delle piattaforme e le criticità nei collegamenti, segnalate nel primo periodo del lockdown, hanno presto lasciato il posto alla ricerca di nuove forme di interazione e alla progettazione di corsi pensati sin dall’origine per una fruizione da remoto. Le metodologie formative hanno dovuto adattarsi alle nuove modalità, rivedendone i linguaggi, sviluppando strategie nuove e rinnovando gli stili di comunicazione, ma il cambiamento non ha influito sulle capacità di apprendimento.

Analizzare la formazione con le neuroscienze

A dirlo, questa volta, è anche la scienza. Le aule di Quadrifor sono state negli ultimi mesi laboratorio di sperimentazione per un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica di Milano, guidato dalla professoressa Michela Balconi, docente di Psicofisiologia e Neuroscienze cognitive. È la prima volta che il protocollo scientifico utilizzato per analizzare cooperazione e sintonizzazione in un gruppo di persone viene replicato in un contesto complesso come quello di un’aula formativa. Nel corso di un’intera giornata di formazione – condotta da Gruppo Prospecta, società del network di Quadrifor – le reazioni dei partecipanti sono state analizzate mediante l’uso di due device indossabili, funzionali a monitorare elettroencefalogramma e biofeedback delle persone coinvolte.

Il risultato delle rilevazioni non ha evidenziato una differenza significativa nel modo di apprendere in presenza o a distanza. Il quesito scientifico alla base della ricerca non si proponeva di decretare la forma migliore, ma di individuare gli elementi differenziali di ciascuna modalità. Le neuroscienze sono, infatti, in grado di indagare la controparte fisiologica dei nostri comportamenti espliciti: non solo quel che accade nel nostro cervello, ma anche le reazioni corporee possono rendere evidente la dimensione implicita che determina il nostro modo di apprendere e di agire. Fornendo a chi si occupa di formazione indicazioni preziose sul coinvolgimento effettivo dei partecipanti e sulle prospettive di miglioramento delle relazioni.

Nella distanza si punta sul ruolo del formatore e sul feedback

La ricerca ha così evidenziato due snodi critici che rendono funzionale la formazione a distanza, individuandoli nelle capacità del formatore e nel potere del feedback. Il primo elemento che fa la differenza è, dunque, il ruolo che la persona incaricata di condurre la classe può avere in termini di creazione di engagement anche nella distanza. Il focus viene spostato dalla soluzione tecnologica alla metodologia: oltre a portare online le aule fisiche, occorre trovare nuovi stimoli e implementare nuovi comportamenti, mettendo in pratica una modalità di formazione ‘a distanza ravvicinata’, in grado cioè di creare una costante interazione con le persone.

Il secondo elemento determinante è la capacità di esprimere un feedback. Nella distanza, in assenza di contatti informali e segnali non verbali, il momento che crea maggiore connessione tra docente e discente è infatti proprio il momento del feedback. Questa volta, però, a essere chiamato in causa non è soltanto il formatore: se chi guida la lezione deve riuscire a restituire un giudizio su quanto appreso da chi segue attraverso uno schermo, anche i partecipanti devono essere in grado di condividere impressioni e valutazioni, creando uno scambio continuo con il gruppo. La condivisione dovrebbe andare oltre il momento formativo vero e proprio, alla stregua di quanto avverrebbe all’uscita di un’aula fisica.

La rivoluzione dell’apprendimento parte dalle persone

La formazione del futuro non può non tener conto di queste evidenze scientifiche, quando si tratta di progettare percorsi che rispondano a mutate esigenze e rinnovati bisogni. A rendere efficace un corso di formazione non è, dunque, il mezzo attraverso il quale si riuniscono i partecipanti, ma la capacità di attivare le persone, coinvolgerle ed emozionarle. Siamo di fronte a una rivoluzione dell’apprendimento, che è mentale prima ancora che tecnologica.

La nuova normalità chiede più occasioni di apprendimento a distanza, percorsi più orientati al coaching che alla formazione tradizionale, un’attenzione particolare alla presenza di testimonial accanto ai docenti e la costruzione di comunità di persone pronte a mettere insieme le loro esperienze. La formazione del post pandemia è chiamata a conciliare le due frontiere della formazione, per trovare i meccanismi più adatti a ogni contesto, creare nuove occasioni di confronto e migliorare conoscenze e competenze.

error

Condividi Hr Link