Gender gap, secondo I-Aer la situazione è migliorata dopo il Covid ma le donne restano penalizzate

Nell’era post-Covid anche in Italia ha iniziato a diminuire il gender gap: lo rivela uno studio di I-Aer (Applied Economic Research) su un campione di oltre 700 Pmi italiane. Il settore terziario è primo in classifica, ma anche qui non mancano le difficoltà: la presenza di figli impatta molto di più sulla carriera delle donne rispetto a quella degli uomini. Una possibile soluzione potrebbe essere la managerializzazione delle imprese.

gender gap

È ancora forte il divario di genere nel mondo del lavoro, in Italia e nel mondo, anche se non mancano le aziende che si adoperano perché questo gap si assottigli sempre di più. A dimostrarlo

un’indagine condotta dall’Institute of Applied Economic Research (I-Aer) su un campione di 741 piccole e medie imprese italiane, secondo la quale dopo il Covid la leadership femminile sarebbe in crescita: + 25% le donne dirigenti nel settore terziario rispetto al 15% dell’industria, con la Sicilia al primo posto (27%) seguita da Lazio (26%), Calabria (25%), Molise (23%) e Lombardia (22%). A livello provinciale, Milano prevale come la provincia con il maggior numero di donne dirigenti, seguita da Roma e Torino.

«Questa apertura dei vertici aziendali alle donne è avvenuta principalmente nel post-Covid, che ha fatto capire alle imprese familiari come questo passo fosse necessario per sopravvivere nell’economia di oggi e del futuro – ha dichiarato Fabio Papa, fondatore di I-Aer al Corriere della Sera –. Altro aspetto importante è che questa apertura è avvenuta soprattutto in società con una forte propensione verso i mercati internazionali e un management sensibile alla formazione continua».

Tuttavia, se è vero che mostra segni di miglioramento la possibilità di fare carriera fino ai vertici per le donne, è altrettanto vero che questo accade spesso a discapito di altri aspetti. Infatti, lo stipendio risulta più basso di quello che sarebbe stato nei due anni successivi al congedo di maternità. Inoltre, il 57% delle donne ai vertici non ha figli, mentre solo il 25% degli uomini con ruoli di potere non ne ha.

Interessante rilevare, come ha riferito Fabio Papa al Corriere, che la managerializzazione delle imprese potrebbe rappresentare una svolta. «Questo cambiamento potrebbe permettere maggiori deleghe da parte delle imprenditrici, ma spesso risulta difficile – spiega Papa –. Il 98% delle aziende italiane è composto da Pmi, l’83% è a conduzione familiare; perciò, i primi a non voler managerializzare sono proprio i vertici aziendali, soprattutto per paura di perdere il controllo della società. Altri invece non possono, per motivi finanziari»

Non da ultimo, però, lo Stato dovrebbe incentivare il cambiamento, rendendo maggiormente disponibili strutture come asili nido e scuole dell’infanzia.

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