Gestire le persone negli studi professionali e nelle agenzie: tra strategie HR, sfide organizzative e nuove pratiche

La gestione del personale è un tema centrale anche – e forse soprattutto – negli studi professionali e nelle agenzie. Ma come si strutturano queste dinamiche in contesti dove la componente individuale è fortemente marcata? Chi si occupa della gestione delle risorse? E quali sono le buone pratiche da seguire?

agenzia hr

Studi professionali e network di agenzie aperte al pubblico sono realtà caratterizzate da dinamiche molto differenti da quelle di un’azienda classica, indipendentemente dalle sue dimensioni. Per questo la gestione del personale può avere un impatto molto importante sull’andamento dell’intero nucleo lavorativo. 

Quali sono i meccanismi? E quali le best practice? Abbiamo chiesto come si gestiscono le persone negli studi professionali e nelle agenzie a due HR, Daniele Calabretta di Advant Nctm e Francesca Ravasi di Gruppo Tempocasa.

L’HR negli studi professionali

Se nei piccoli studi spesso è il titolare a gestire tutto, nelle realtà più strutturate è presente la figura HR, con un ruolo sempre più strategico. Lo conferma Daniele Calabretta, HR di Advant Nctm: “La gestione delle persone in uno studio legale, soprattutto in una realtà strutturata e in

continua evoluzione come la nostra, richiede uno sguardo attento e lungimirante, orientato a cogliere la complessità del presente e di orizzonti ampi e in continua trasformazione. Non si tratta solo di coordinare, ma di accompagnare percorsi professionali molto esigenti, costruiti su competenze tecniche, aspettative di crescita e un ritmo di lavoro intenso”. 

“Ulteriore complessità – prosegue Calabretta – è data anche dalla compresenza di due grandi ‘famiglie’ professionali: da un lato i professionisti, che costituiscono il cuore dell’attività legale e richiedono un accompagnamento personalizzato nei loro percorsi di sviluppo; dall’altro, circa 80 dipendenti tra staff, paralegali e figure di supporto che contribuiscono in modo fondamentale al funzionamento dello studio. Ciascun gruppo ha dinamiche, bisogni e prospettive diverse e la sfida è costruire una gestione coerente e inclusiva, capace di valorizzare tutti, pur nelle rispettive specificità. All’interno dello studio mi occupo della gestione dei professionisti – circa 330 persone tra praticanti, associate, senior associate e counsel – coordinando la funzione HR insieme a una risorsa interna e rispondendo direttamente al Partner di riferimento e al DG. Il nostro compito è quindi quello di creare le condizioni affinché ogni percorso professionale possa svilupparsi al meglio, combinando struttura e ascolto, processi chiari e relazioni forti”.

La gestione del personale nei network di agenzie

Un’impostazione simile si ritrova anche nei network di agenzie in franchising, dove la gestione del personale è condivisa tra più attori. È il caso di Gruppo Tempocasa, dove, come spiega Francesca Ravasi, HR Manager, “la gestione delle persone si fonda su due fattori chiave: sinergia tra HR e titolari d’agenzia perché siano allineati nel mettere a punto un comune piano di supporto e affiancamento dedicato a ogni singolo membro del team – che sia un manager o una new entry, un dipendente o un libero professionista in partita iva – e contatto diretto e costante maturato, giorno per giorno, sul campo”.

In questi ambienti, il lavoro dell’HR non è isolato, ma fa parte di una rete articolata: nel caso di Tempocasa, si parla di un “quartetto di figure” che include la casa madre, il manager, il titolare d’agenzia e il reparto HR stesso – “con ruolo strategico, utile, cioè, a far da collante tra le altre tre figure, ruoli e obiettivi” precisa Ravasi –, in un sistema dove la comunicazione continua è centrale per garantire coerenza e sviluppo.

Best practice: dalla formazione alla cultura condivisa

Tra gli strumenti più efficaci emersi dalle esperienze di Calabretta e Ravasi, troviamo i percorsi di formazione personalizzati e trasversali, non solo tecnici, ma orientati allo sviluppo delle soft skill e alla crescita delle persone; la digitalizzazione delle politiche HR, che rendono i processi più snelli, trasparenti e accessibili.

Come spiega Calabretta: “Un HR moderno deve unire prossimità e innovazione, empatia e capacità di lettura dei dati, relazione e struttura”, con eventi e iniziative di team building e socializzazione, che alimentano il senso di comunità e la coesione interna; politiche di conciliazione vita-lavoro, come percorsi di rientro personalizzati dopo la maternità o la flessibilità oraria; processi strutturati ma flessibili.  

Sottolinea Ravasi: “I percorsi professionali devono essere coerenti ma in costante aggiornamento, basati su un onboarding attento, formazione continua e definizione chiara dei ruoli”.

Le sfide: autonomia, tempo e complessità

Non mancano le criticità. In un contesto ad alta intensità come quello legale, Calabretta evidenzia: “La sfida sta nell’introdurre strumenti HR efficaci senza appesantire o burocratizzare. È fondamentale trovare un equilibrio tra standardizzazione e attenzione alle specificità individuali: non esiste un modello unico che vada bene per tutti. Le esigenze cambiano a seconda del momento della carriera, dell’area di attività, della sensibilità individuale. La difficoltà – ma anche l’opportunità – sta nel trovare un equilibrio tra approcci condivisi e attenzione alle specificità. Infine, il tempo: il tempo per ascoltare, per dare feedback, per costruire relazioni di fiducia. È un bene scarso, ma imprescindibile, e va protetto e valorizzato”. 

Anche in un’organizzazione più distribuita come quella di Tempocasa, la sfida risiede nella pluralità degli interlocutori e nella gestione dell’autonomia: “La forte imprenditorialità implica una certa autonomia di gestione, che all’interno di un franchising deve inevitabilmente rientrare in un sistema strutturato, in un’organizzazione con valori, principi e linee guida comuni”, osserva Ravasi. 

Verso una nuova cultura organizzativa

In entrambe le testimonianze emerge un punto condiviso, un elemento caratterizzante di ambedue le tipologie di realtà lavorativa: la volontà di costruire una comunità professionale con una cultura organizzativa solida, dove la crescita individuale si intreccia con lo sviluppo collettivo. 

Come spiega Calabretta: “Un contesto in cui le persone non siano solo ottimi tecnici, ma anche parte di un ambiente coeso, dove si condividono valori, conoscenze, obiettivi. Dove si cresce insieme, si costruiscono relazioni durature e si sviluppa un’identità collettiva”.

Una trasformazione, quindi, che passa dalla creazione di ambienti di lavoro attrattivi, inclusivi e capaci di dare senso al lavoro quotidiano, in cui ogni persona sia valorizzata non solo come tecnico, ma come parte integrante di un progetto comune.

In tal senso, conclude Ravasi: “La best practice per eccellenza è una comunicazione continua, chiara e coerente, che permetta a tutti di sentirsi parte di un percorso professionale condiviso e dinamico”.

In definitiva, gestire le persone negli studi professionali e nelle agenzie oggi significa ben più che amministrare risorse: vuol dire dare valore alle relazioni, progettare percorsi di sviluppo su misura e saper ascoltare per trasformare la complessità in opportunità. Un cambio di paradigma che molti studi stanno già affrontando, con strumenti nuovi, sensibilità diverse e un obiettivo comune: mettere davvero le persone al centro.

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