La soddisfazione dei lavoratori italiani è in ribasso

Universum, una delle più prestigiose protagoniste nella consulenza aziendale ha pubblicato “The Global Wokforce Happiness Index” un “quadrante della felicità” che vede l’Italia in coda alla classifica

La ricerca, strumento particolarmente utile per gli operatori delle Human Reseurces, si propone di indagare l’indice di soddisfazione dei lavoratori attraverso un’indagine che ha coinvolto 250.000 lavoratori in 55 mercati. Il campione, cui fa riferimento lo studio, è composto da persone con alle spalle una carriera già avviata, cui è stato chiesto di esprimersi rispetto alla realizzazione delle proprie aspettative nel ruolo e nelle mansioni che occupano attualmente.

Il sistema di valutazione si è basato su questi indicatori:

– La soddisfazione dei lavoratori

– La disponibilità dei lavoratori a consigliare la propria azienda

– Il desiderio del lavoratori di cambiare lavoro nel prossimo futuro

I risultati hanno permesso di stilare una classifica delle nazioni e uno schema sintetico ed aggiornato, una sorta di quadrante della felicità, in cui vengono collocati i paesi secondo i quattro principali sentiment dei lavoratori: arenato (stranded) , soddisfatto (fullfilled), cercatore (seeker ) e irrequieto (restless). I primi in classifica sono il Belgio, il Sud Africa e la Norvegia che superano stati che, nell’immaginario collettivo, sono luoghi in cui vengono maggiormente valorizzati i talenti, in ambienti di lavoro con un tasso di benessere maggiore rispetto ad altri.

L’Italia esce da questo studio non proprio in maniera lusinghiera: si colloca, infatti, molto vicina all’asse verticale del quadrante dei cercatori, a cavallo tra le due posizioni seekers e restless.
Sembrerebbe quindi che il vissuto prevalente dei lavoratori italiani esprima una diffusa insoddisfazione che porta ad una ricerca attiva di nuove opportunità, con un reale rischio di abbandono della propria azienda e ad un ristagno di individui che rimangono, preoccupati solo dal rischio disoccupazione, ma con un forte senso di frustrazione e sentimenti negativi verso il proprio luogo di lavoro.

Questo dato, se da un lato sembra avere una coerenza con il protrarsi della situazione critica in cui versa il mondo del lavoro, dall’altro denuncia la presenza, più o meno latente, di un ulteriore elemento critico rispetto alla gestione delle Risorse Umane e delle implicazioni che questo può comportare in termini di perdita di competitività, soprattutto se si considera che in questo studio sono presi in esame ruoli top level, che per posizione occupata e per know how costituiscono un patrimonio cruciale per il successo aziendale.

Si stima che entro il 2018 si registrerà un turnover di 192 milioni di lavoratori a livello mondiale.
Lo studio evidenzia inoltre la sempre maggior importanza dei big data come fonte di analisi e soprattutto per la previsione di possibili scenari, che potenzialmente investiranno le aziende nel prossimo futuro, con una particolare importanza che questa issue rappresenta nel contesto economico attuale.

Questi indicatori permettono agli operatori delle HR e all’impresa di:

– Individuare gli specifici drivers di soddisfazione, per stimolare con gli opportuni interventi a vantaggio delle performance e il senso di appartenenza;

– Limitare il turnover e la perdita di know how;

– Pianificare opportunamente il recruiting come strumento di sviluppo e non come soluzione all’emergenza

L’Italia deve evidentemente fare il punto della situazione sulla propria cultura organizzativa in termini di gestione delle human resource e recepire le best practice che forniscono le insospettabili top ten di questa classifica: la ripresa economica passa anche attraverso questi investimenti.

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