Lavorare meno a parità di salario: realtà per pochi, mito per tanti

Nel mondo alcune imprese stanno sperimentando la settimana lavorativa di 4 giorni, con ricadute positive sugli andamenti aziendali. In Italia i dati dicono che negli ultimi 10 anni abbiamo lavorato 1,8 miliardi di ore in meno ed è rimasto grossomodo stabile il numero di persone occupate. Hanno lavorato meno e guadagnato meno. I dubbi sugli effetti positivi della riduzione d’orario

lavorare meno e parità di salario

Il tema del lavorare meno a parità di salario è sempre presente all’interno del dibattito che riguarda il mondo del lavoro. È cambiata la natura della discussione: mentre nel secolo scorso, parlare di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario era considerato un discorso esclusivamente “di classe”, oggi è quasi un fatto organizzativo dovuto ai nuovi modi di lavorare e alla rivoluzione tecnologica. Non che siano scomparsi i temi della redistribuzione e della giustizia sociale.  A questi si riferiva il neopresidente dell’Inps Pasquale Tridico che ha rilanciato il tema della riduzione dell’orario di lavoro (il nostro approfondimento).

 

Nel mondo

Nel mondo il tema della settimana lavorativa di quattro giorni è sganciato dal dibattito ideologico. C’è già chi sperimenta con profitto la formula “four day a week”. È il caso di Perpetual Guardian, gruppo neozelandese attivo nell’estate planning, che conta più di 140 mila clienti. Dopo le prime 8 settimane di test, che hanno certificato un aumento dei

profitto del 20%, il gruppo ha ufficializzato la decisione. Non è un caso isolato: un modello analogo è stato adottato da diverse società negli Usa e nel Regno Unito. È nata una associazione per promuovere il modello della settimana lavorativa di 4 giorni, che prodotto studi e analisi a supporto della riduzione del numero di giorni lavorati. In un nostro articolo citavamo una ricerca di FlexJobs (l’articolo di CNBC) che ha individuato le industry più propense alla flessibilità, compresa la settimana lavorativa di 4 giorni. Nell’ordine: vendite, information technology, sanità, customer service, ambito educativo, project manager, amministrazione, finanza, marketing, hr&recruiting.

Sono alcune centinaia le imprese al mondo che stanno ragionando sulla settimana lavorativa di 4 giorni, tra queste c’è Wildbit di Philadelphia (l’articolo pubblicato sul loro blog).

 

In Italia

Nel decennio 2008-2018, in Italia abbiamo assistito, involontariamente, all’applicazione dell’assioma lavorare meno, lavorare tutti. Secondo Istat, i lavoratori sono rimasti stabili intorno ai 23 milioni, le ore lavorate sono diminuite di 1,8 miliardi. In sostanza: le imprese non hanno licenziato, ma hanno attuato ammortizzatori sociali o contratti di riduzione d’orario. I salari sono rimasti invariati: gli aumenti contrattuali (in termini di costo/ora) hanno seguito l’inflazione, solo nel 2018 c’è stato un aumento superiore alla dinamica dei prezzi.

 

Chi ha lavorato meno, ha guadagnato meno

Secondo Pietro Reichlin, economista della Luiss che ha commentato i dati Istat sul Sole 24 Ore, “l’idea che la riduzione dell’orario di lavoro porti all’aumento dell’occupazione è molto dubbia”. Secondo Reichlin, la riduzione dell’orario di lavoro senza effetti sull’occupazione e sui salari, fenomeno conosciuto nelle economie avanzate, è avvenuta grazie ad un aumento della produttività. Con produttività stagnante, ridurre l’orario  può far perdere competitività all’impresa e posti di lavoro.

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