Lavoro e sostenibilità: una sfida da vincere

Come vincere la sfida della sostenibilità? Ne abbiamo parlato con Alessandro Fabian, campione olimpico e Capitano dei Green Heroes, che dimostra ogni giorno nell’attività sportiva la sua attenzione per l’ambiente e la sostenibilità

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La sostenibilità applicata a 360 gradi a tutti gli ambiti della vita è ormai una necessità – urgente e improcrastinabile – e non più “solo” una scelta individuale: a ricordarcelo ci sono anche i 17 obiettivi – e i 169 sotto-obiettivi – dell’ormai vicinissima Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che individua situazioni da sanare perché non più accettabili per una società avanzata come la nostra, dalla fame nel mondo alla diseguaglianza di genere.

Anche il lavoro – e non poteva essere altrimenti – è chiamato in causa, sia come obiettivo specifico dell’Agenda (il goal 8 si prefigge infatti di promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti) sia trasversalmente per le tematiche toccate dagli altri goal: al giorno d’oggi un’azienda deve essere, infatti, sostenibile a tuttotondo, non solo dal punto di vista ecologico e ambientale adottando best practice volte al risparmio delle risorse, al riciclo etc., ma anche ponendo i lavoratori al centro garantendo loro benessere e combattendo qualsiasi tipo di discriminazione, per esempio.

Noi siamo la natura

Proprio al lavoro sostenibile HR Link ha dedicato un evento a fine maggio indirizzato a quella che è la figura-chiave in azienda che può farsi promotrice del cambiamento, il responsabile delle risorse umane, e invitando relatori provenienti dagli ambiti e dalle discipline più differenti.

Tra gli ospiti intervenuti, particolarmente interessante è stato lo speech di Alessandro Fabian, campione olimpico di triathlon e capitano dei Green Heroes.

«Siamo chiamati tutti ad agire per la sostenibilità – afferma Fabian – perché riguarda tutti noi; tutti i giorni mi alleno all’aperto e nel 2020, con il Covid, ho realizzato che dovevamo fare qualcosa di diverso perché il mondo stava cambiando. E così è nata l’idea dei Green Heroes, un team di cinque atleti di discipline diverse, tendenzialmente legate alla natura che si impegnasse a promuovere la sostenibilità. Il primo progetto al quale ci siamo dedicati, subito dopo il lockdown, è stato quello di coinvolgere i nostri fan e chi ci seguiva proponendo loro di piantare un albero: così siamo riusciti a piantare una foresta in Guatemala che aveva – e ha – anche uno scopo sociale poiché la cura del nuovo ambiente è stato affidato alla popolazione, che ne avrebbe raccolto i frutti per sostentarsi».

Le aziende come megafoni

In questo processo, le imprese possono fare da megafono e amplificare le best practice sensibilizzando le proprie persone: «Azienda e atleta sono due realtà molto vicine – prosegue Fabian –: in entrambi i casi ci sono obiettivi da raggiungere. La pandemia però ci ha insegnato che è giusto avere un risultato, ma è altrettanto importante analizzare il processo che facciamo per raggiungerlo: oggigiorno, il processo è diventato addirittura più importante del risultato stesso e proprio questo cambio di paradigma ha portato tutti noi a rivedere le proprie priorità. Tutto questo, applicato alla realtà aziendale, significa che non basta più piantare un albero, ma bisogna cambiare mindset e sono gli alti livelli dell’azienda che devono iniziare a pensare in maniera diversa, cambiare modalità e vision, pur continuando a perseguire anche gli obiettivi economici che permettono all’azienda stessa di sopravvivere: qui sta la chiave di volta, riuscire a far quadrare il tutto, ovvero essere sostenibile, creare benessere e al contempo avere un utile».

Come per lo sportivo, anche l’azienda ha bisogno di uno staff che l’aiuti a raggiungere l’obiettivo: «Lo sportivo ha talento, ma ha bisogno di persone intorno che lo aiutino a trovare quello di cui ha reamente bisogno: mental coach, allenatore, nutrizionista per esempio – spiega ancora Fabian –; alla fine però bisogna essere pragmatici e andare al sodo chiedendosi che cosa si può fare di concreto per migliorare le proprie performance; è necessario capire i propri limiti e affrontarli. E il lavoro non è molto diverso: ci vuole vision e pragmatismo senza lasciarsi fuorviare – da incertezze e timori – dal perseguimento dell’obiettivo finale. Mi piace ricordare una frase che mi diceva il mio psicologo: “un giorno la paura bussò e il coraggio aprì la porta”: a volte diventiamo coraggiosi in situazioni in cui non lo immagineremmo mai». Parafrasando una celebre frase motivazionale, quindi, per scoprire il proprio potenziale bisogna prima trovare i propri limiti e il coraggio di superarli.

 

 

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