Pandemia e lavoro, nove previsioni su cosa cambierà nel 2021

Datori di lavoro più attenti alle esigenze personali dei dipendenti, aziende alla ricerca di competenze temporanee ma anche maggiori differenze di genere a causa dello smart working

smart working

Il 2020 e le sue complessità potrebbero lasciare spazio a un 2021 contrassegnato dal ritorno alla normalità e alla stabilità. Brian Kropp, in un articolo pubblicato sull’Harvard Business Review, elenca nove tendenze che nei prossimi mesi potrebbero rappresentare le grandi novità per immaginare una ripresa economica nel mondo de lavoro. Allo stesso tempo però potrebbero evidenziarsi anche problemi, come quelli riferibili alle differenze di genere.

  1. I datori di lavoro passeranno dalla gestione delle competenze dei propri dipendenti all’organizzazione del bilanciamento tra la loro vita privata e quella lavorativa.

La pandemia ha dato ai leader un maggiore peso nella vita personale dei loro dipendenti: è diventato chiaro che supportarli nella vita personale in modo più efficace consente ai lavoratori non solo di avere una vita migliore, ma anche di produrre di più. Secondo il sondaggio Reimagine HR di Gartner 2020, i manager che supportano i dipendenti nella gestione del work-life balance registrano un aumento del 23% nel numero di dipendenti che riferiscono una migliore salute mentale e un aumento del 17% di quelli che si sentono più in forma fisicamente. C’è anche un vantaggio reale per i datori di lavoro: la ricerca riferisce un aumento del 21% delle prestazioni aziendali. Ecco perché il 2021 sarà probabilmente l’anno in cui il sostegno dei leader per la salute mentale e finanziaria – ma anche per elementi che in precedenza erano visti come off limits, come il sonno – diventeranno fondamentali.

  1. Più aziende prenderanno posizione nei dibattiti sociali e politici.

Il desiderio dei dipendenti di lavorare per organizzazioni i cui valori sono in linea con i propri è cresciuto da tempo. Nel 2020, questo sogno ha avuto un’accelerazione: la ricerca di Gartner mostra che il 74% dei dipendenti si aspetta che il proprio datore di lavoro sia più attivamente coinvolto nei dibattiti culturali del giorno. Il sondaggio rileva anche che il numero di dipendenti considerati altamente coinvolti aumenta dal 40% al 60% quando la loro organizzazione o società agisce sulle questioni sociali legate all’attualità.

  1. Il divario salariale di genere continuerà ad aumentare man mano che i dipendenti torneranno in ufficio.

Molte organizzazioni hanno già adottato una forza lavoro ibrida – o lo stanno pianificando per quest’anno – che consente ai dipendenti di lavorare dall’ufficio aziendale, dalla loro casa o da un terzo spazio alternativo (bar, spazio di coworking, ecc.). In questo scenario gli uomini avranno maggiori probabilità di decidere di tornare al proprio posto di lavoro, mentre le donne saranno spinte a continuare a lavorare da casa. Secondo un altro recente sondaggio di Gartner, il 64% dei manager ritiene che i lavoratori che svolgono la propria mansione in ufficio abbiano prestazioni più elevate rispetto ai lavoratori da remoto; di conseguenza, è più probabile che i manager assegnino maggiori aumenti di salario ai dipendenti in sede che a quelli che lavorano da casa. Eppure, i dati raccolti sia nel 2019 che nel 2020 durante la pandemia mostrano l’opposto: i lavoratori remoti a tempo pieno hanno il 5% di probabilità in più di avere prestazioni elevate rispetto a quelli che lavorano a tempo pieno dall’ufficio. Quindi, se gli uomini hanno maggiori probabilità di lavorare dall’ufficio e i manager mantengono un pregiudizio nei confronti dei lavoratori da remoto, dovremmo aspettarci di vedere premiati in misura maggiore i dipendenti maschi a scapito delle dipendenti donne, peggiorando ulteriormente il divario salariale di genere.

  1. Le nuove normative limiteranno il monitoraggio dei dipendenti.

Durante la pandemia, un’azienda su  quattro ha acquistato per la prima volta nuova tecnologia per tracciare e monitorare passivamente i propri dipendenti. Tuttavia, molte di queste stesse aziende non hanno stabilito come bilanciare la privacy con il controllo, provocando frustrazione nei dipendenti stessi. La ricerca di Gartner ha rilevato che meno del 50% dei dipendenti si fida della propria organizzazione nella gestione dei dati e il 44% non riceve alcuna informazione sui dati raccolti. Nel 2021, ci aspettiamo una serie di nuove normative a livello statale e locale che inizieranno a porre limiti a ciò che i datori di lavoro possono monitorare sui propri dipendenti.

  1. La flessibilità cambierà da un luogo all’ altro e peserà sempre più l’effettiva produttività rispetto al tempo lavorato.

Benché consentire ai dipendenti di lavorare in remoto sia diventato normale nel 2020, la prossima rivoluzione sulla flessibilità ruoterà attorno al «quando» i dipendenti dovrebbero lavorare. Il sondaggio Reimagine HR ha rivelato che solo il 36% dei dipendenti ha ottenuto risultati elevati nelle organizzazioni con una settimana lavorativa standard di quaranta ore. Le organizzazioni che offrono ai dipendenti flessibilità su quando, dove e quanto lavorare, invece, vedono il 55% della forza lavoro con alte prestazioni.

  1. Le aziende più importanti faranno scorta e grandi acquisti di vaccini contro il Covid-19 per i propri dipendenti e questo creerà anche conflittualità.

Le imprese faranno leva sulla possibilità di vaccinarsi per attrarre talenti ma allo stesso tempo i lavoratori già assunti potrebbero sollevare obiezioni sull’obbligo di essere vaccinati per poter tornare al lavoro.

  1. Il supporto alla salute mentale è la nuova normalità.

Negli ultimi anni, i datori di lavoro hanno offerto nuovi benefit ai propri dipendenti, ad esempio un congedo parentale esteso. Anche prima della pandemia, la ricerca di Gartner ha rivelato che il 45% degli aumenti di budget per il welfare veniva riservato a programmi di benessere mentale ed emotivo. La pandemia Covid-19 ha portato il benessere alla ribalta poiché i datori di lavoro sono più consapevoli di prima dell’impatto della salute mentale nei dipendenti e, per associazione, sul posto di lavoro. Alla fine di marzo 2020, il 68% delle organizzazioni aveva introdotto almeno un nuovo benefit per sostenere il benessere dei dipendenti durante la pandemia. Nel 2021 i datori di lavoro andranno oltre.

  1. I datori di lavoro cercheranno di «prendere in affitto» i talenti per colmare il divario di competenze.

Il numero di competenze che i datori di lavoro cercano è aumentato drasticamente: nel 2020 le aziende hanno inserito circa il 33% di competenze in più sugli annunci di lavoro rispetto al 2017. In definitiva, le organizzazioni semplicemente non possono riqualificare la propria forza lavoro abbastanza velocemente per soddisfare le lacune: dovranno quindi abbandonare l’idea di sviluppare competenze internamente, di fronte a un futuro incerto, scegliendo invece di pagare per quelle competenze quando la necessità si manifesterà effettivamente. Molte realtà «affitteranno» i dipendenti per brevi periodi per soddisfare esigenze temporanee.

  1. Gli Stati competeranno per attrarre talenti individuali piuttosto che cercare di convincere le aziende a delocalizzarsi.

Storicamente gli Stati e le città hanno offerto incentivi per indurre le aziende a trasferirsi nelle loro giurisdizioni. La convinzione è che, se puoi incentivare le aziende a delocalizzarsi, porteranno posti di lavoro con loro. La nuova era del lavoro remoto e ibrido evolverà questa strategia: la vita di un dipendente sarà meno legata a dove si trova il suo datore di lavoro. Data questa rottura, gli Stati e le città inizieranno a utilizzare le proprie politiche fiscali per incentivare le persone a trasferirsi nelle loro giurisdizioni, piuttosto che concedere crediti d’imposta esclusivamente alle grandi aziende.

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