Psicologo in azienda, si può prevenire la crisi?

La presenza dello psicologo in azienda è una risorsa strategica e preventiva per il benessere organizzativo, ma per essere davvero efficace deve agire in modo personalizzato, continuo e integrato nella cultura aziendale, non solo nei momenti di crisi

ruolo dello psicologo in azienda

Secondo il rapporto 2025 Censis-Eudaimon, l’87% dei dipendenti ritiene che sentirsi valorizzati sul lavoro è importante per la salute mentale. Salute, tranquillità ed equilibrio sono del resto, secondo lo studio, i primi tre elementi che i lavoratori associano al concetto di benessere. Il Covid ha evidentemente segnato uno spartiacque su quelle che oggi sono le priorità, ma è altrettanto evidente che il benessere psicologico è ormai un pilastro irrinunciabile nella percezione della qualità del lavoro. 

Non più solo produttività e retribuzione, ma serve un ambiente che riconosce il valore della persona, promuove l’equilibrio vita-lavoro e sostiene la salute mentale come leva strategica per la sostenibilità organizzativa. In questo contesto, la presenza dello psicologo in azienda diventa una risorsa in grado di offrire un supporto professionale capace di intercettare disagi, prevenire il burnout e rafforzare la cultura del benessere aziendale come fattore competitivo.

Il ruolo dello psicologo in azienda 

“Lo psicologo porta in azienda una competenza specifica nel comprendere il comportamento umano, le dinamiche relazionali e i processi emotivi, andando in profondità rispetto a ciò che accade nelle persone e nei gruppi” spiega Martina Migliore, psicoterapeuta e direttrice Formazione e Sviluppo in Serenis, piattaforma online che offre supporto psicologico e psicoterapia. 

Il suo ruolo è diverso da quello di HR e coach, più specificatamente lo psicologo “ha una formazione clinica e scientifica che gli permette di lavorare non solo sul benessere e la performance, ma anche sulla prevenzione del disagio e sull’analisi dei contesti. È una figura complementare, non alternativa, che arricchisce l’approccio aziendale al benessere” continua la dottoressa Migliore.

In generale, lo psicologo può offrire il suo supporto in diverse fasi, come la selezione del personale, la definizione di sistemi di valutazione delle competenze e delle performance, lo sviluppo di piani di carriera e l’analisi del clima organizzativo. 

“Oggi lo psicologo in azienda ha il compito di favorire ambienti di lavoro sani, supportare il benessere psicologico delle persone, migliorare le relazioni e accompagnare i cambiamenti organizzativi. Deve aiutare l’azienda a riconoscere e gestire i rischi psicosociali, ma anche a valorizzare il potenziale umano, lavorando sulla consapevolezza, sulla comunicazione e sulla cultura del lavoro. Ogni intervento deve essere pensato accuratamente per la specifica realtà aziendale: le soluzioni “magiche” non esistono” specifica la dottoressa Migliore.

Prevenire è meglio che curare

Secondo il report “Lo stato dell’arte del Wellbeing 2025” di Wellhub, per il quale sono stati intervistati cinquemila dipendenti in nove Paesi del mondo (Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Argentina, Cile, Spagna, Germania, Messico e Italia, l’88% dei dipendenti, in concomitanza con l’aumento dello stress lavorativo, considera che il supporto al benessere è importante quanto lo stipendio, ma molti ritengono che i datori di lavoro non facciano abbastanza. 

Coinvolgere uno psicologo è strategico nei momenti di cambiamento, di crescita rapida, riorganizzazione e di crisi. I segnali più comuni? Calo del clima interno, aumento del turnover, difficoltà relazionali, stress diffuso, perdita di motivazione, o il cosiddetto quiet quitting. “Spesso questi sintomi vengono sottovalutati o normalizzati, ma sono campanelli d’allarme importanti” puntualizza Migliore, che continua: “Non abbiamo però bisogno di arrivare al crush, ideale sarebbe valorizzare i momenti ‘di quiete’, per fare prevenzione”.

E la prevenzione si costruisce anche attraverso il supporto alle persone e lo sviluppo di una cultura organizzativa sana. “Lo psicologo deve saper agire su più livelli: il singolo, il gruppo, l’intera organizzazione. Il bilanciamento dipende dai bisogni e dal momento che l’azienda sta vivendo, ma l’approccio deve sempre essere integrato, e ritagliato sul profilo valoriale dell’azienda” precisa la dottoressa. 

L’importanza della personalizzazione

La parola d’ordine resta in ogni caso flessibilità: “Ogni azienda ha una sua ‘personalità’, fatta di valori, linguaggio e abitudini, che si riflettono poi nelle dinamiche sul campo. Lo psicologo deve saper ascoltare e adattarsi, trovando il giusto equilibrio tra il proprio metodo e la realtà specifica dell’organizzazione. In un contesto creativo userà strumenti diversi rispetto a un’azienda strutturata o tecnica. L’obiettivo resta lo stesso, ma il modo per arrivarci deve essere coerente con la cultura aziendale” ricorda Migliore. 

La personalizzazione conta dunque moltissimo, poiché non esistono soluzioni standard che vadano bene per tutte le aziende. “Anche se le problematiche possono sembrare simili, le dinamiche e le persone sono uniche. La personalizzazione parte dall’ascolto: capire di cosa ha davvero bisogno l’azienda, al di là delle richieste iniziali, è la base per costruire un intervento efficace e sostenibile nel tempo. È necessario essere realisti e con i piedi ben piantati a terra” conclude la dottoressa Martina Migliore.

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