Retribuzioni, i direttori HR italiani al primo posto in Europa

In materia di compensation mix, i direttori delle risorse umane italiani sono i primi a livello europeo. È quanto emerge dall’indagine Total Remuneration Surveys (TRS), realizzata annualmente da Mercer

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I direttori delle risorse umane italiani non hanno nulla da invidiare ai colleghi europei. Quanto a retribuzione si piazzano, infatti, al primo posto in Europa.

È quanto emerge dall’indagine Total Remuneration Surveys (TRS), realizzata annualmente da Mercer e che prende in considerazione l’intero pacchetto retributivo dei componenti della “famiglia” HR in Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Polonia. Il confronto riguarda quattro identikit professionali – low professional, professional, manager e director – misurati per retribuzione fissa annua lorda e retribuzione totale annua lorda comprensiva del bonus variabile di breve periodo (non è stato, invece, preso in considerazione il variabile di lungo periodo perché è una prassi presente prevalentemente nelle aziende italiane).

Mettendo sotto la lente i direttori HR di aziende di medio-grandi dimensioni viene fuori che i nostri capi delle risorse umane hanno il primato in termini di pacchetti retributivi, con una busta paga annua lorda di 227 mila euro, seguiti dai direttori HR inglesi (220 mila euro), tedeschi (218 mila euro), francesi (195 mila euro) e polacchi (139 mila euro). Il dato medio del variabile degli HR director italiani e inglesi è pari a 50 mila euro (circa il 30% della retribuzione annua lorda), secondo in classifica dopo quello dei tedeschi (55 mila euro).

Se questa è la situazione al vertice della piramide HR, le cose cambiano mano a mano che si scende verso la base, ossia verso le posizioni più basse della scala gerarchica, fino ai low professional. Sono questi i ruoli junior fino a 4 anni di esperienza dopo la laurea, oppure ruoli più operativi di lunga esperienza che a volte hanno la responsabilità di supervisori. Questa categoria della famiglia HR è pagata in media in Italia 39 mila euro lordi annui, ossia il 5% in meno della Gran Bretagna, il 12% in meno della Francia, il 46% in meno della Germania e addirittura il 54% in meno della Polonia. Insomma una situazione del tutto ribaltata rispetto a quanto visto per i director. Non va molto meglio salendo di un gradino nella scala gerarchica e considerando i professional (nel 38% dei casi impiegati e nel 62% quadri). In questo caso il Paese più “generoso” è la Germania (88 mila euro), seguita da UK e Francia (68 mila euro), dall’Italia (63 mila euro) e infine dalla Polonia (38 mila euro). Ma se si considera il peso della sola componente variabile sul pacchetto totale, la classifica cambia perché la Francia risulta essere il Paese con una politica di variabile più generosa (15% della retribuzione annua lorda) seguita da Uk e Polonia (10%) e come fanalino di coda troviamo l’Italia insieme alla Germania (9% circa).

Considerando, infine, la categoria dei manager si nota una crescita notevole della variabilità retributiva, dovuta a diversi fattori: coesistenza di figure dirigenziali di prima e seconda linea al Ceo, manager che gestiscono staff di diverse dimensioni all’interno di aziende che spaziano da quelle piccole a quelle medio-grandi. “Le retribuzioni dei manager italiani sono più competitive a livello europeo a differenza di quella dei professional. I manager italiani sono praticamente al secondo posto con gli inglesi, dopo la Germania, in termini di fisso”, ha spiegato Mariagrazia Galliani, information solutions practice leader di Mercer. Se si considera però il variabile, le aziende italiane risultano tra le meno generose. Nel complesso in Italia la busta paga media è di circa 117 mila euro, contro i 140 mila tedeschi e i 122 mila inglesi.

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