Settimo rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale: un nuovo paradosso italiano

Secondo il settimo rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale cresce il numero di occupati, ma anche la disaffezione, con la maggioranza dei lavoratori che vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro. In tutto questo, quale sarà il ruolo del welfare?

settimo rapporto Censis Eudaimon sul welfare aziendale

Ridurre il tempo di lavoro è l’obiettivo per il futuro di oltre sei occupati italiani su dieci. E spesso le dimissioni sono una fuga verso un’occupazione migliore: tra i lavoratori con meno di 60 anni che si sono dimessi, il 67% entro 3 mesi si è ricollocato in un altro impiego.
Sono questi i principali risultati del settimo rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale che descrive come “nuovo paradosso italiano” la voglia di lavorare meno e, al contempo, un mercato del lavoro dinamico.

I dati rivelano che il 67,7% degli occupati italiani in futuro vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro: lo desidera il 65,5% dei giovani, il 66,9% degli adulti e il 69,6% degli over 50. Già oggi il 30,5% degli occupati (il 34,7% tra i giovani) dichiara di impegnarsi lo stretto necessario, rifiutando gli straordinari, le chiamate o le e-mail fuori dall’orario ed eseguendo solo ciò che è di competenza per mansione.

Gender gap e genitorialità

Sebbene il numero complessivo delle persone occupate sia aumentato – si sono raggiunti i 23,1 milioni – e dal 2012 a oggi sia cresciuta, seppur di poco, anche la percentuale di donne che lavorano (si è passati dal 41,7 al 42,2%), il divario di genere resta.

E il dato emerge anche se si osserva il fenomeno delle dimissioni dei genitori nel primo anno di vita dei figli, che ha coinvolto oltre 61.000 persone in Italia nel 2022, in forte aumento dal 2017, quando erano state 39.738. In questo contesto, il costo professionale dei figli per le madri resta più alto in Italia rispetto agli altri grandi Paesi europei, secondo il rapporto Censis-Eudaimon. Infatti, il tasso di occupazione delle donne con figli è pari al 58,6%, quello degli uomini con figli all’89,3%. Il divario a scapito delle donne è di -30,7 punti percentuali, mentre in Germania è pari a -17,4, in Francia a – 14,4, in Spagna a -19 e in Grecia a -29,1.

Nel 2022 le dimissioni consensuali dal lavoro di genitori con figli fino a un anno di età hanno coinvolto 44,7 mila madri e 16,7 mila padri. Riguardo alle ragioni delle dimissioni, il 41,7% delle madri e il 2,8% dei padri si sono dimessi per difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli a causa della carenza dei servizi di cura, e il 21,9% delle madri e il 4,3% dei padri per difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli a causa di problematiche legate al lavoro in azienda.

Il welfare aziendale attrae i lavoratori

Per il 52,1% degli occupati, il lavoro attualmente influenza meno la vita privata rispetto al passato, perché si dedica ad attività e ha valori che reputa più importanti. Condivide tale condizione il 54,2% dei giovani, il 50,1% degli adulti e il 52,6% degli anziani. Quasi il 28% ha rinunciato a un lavoro migliore di quello attuale perché la sede era troppo distante dalla propria abitazione. Il rapporto Censis-Eudaimon sottolinea il dinamismo del mercato del lavoro italiano che vede un livello record di occupazione e un aumento della stabilità.

In questo contesto l’81,8% degli occupati sa cos’è il welfare aziendale (il 32,7% in modo preciso e il 49,1% a grandi linee), mentre nel 2018 era il 60,2%. Tra i lavoratori che ne beneficiano l’84,3% lo vorrebbe potenziato e, tra coloro che non ne beneficiano, l’83,8% vorrebbe fosse introdotto nella propria azienda.

“Conoscenza e apprezzamento sono segnali incoraggianti, sintomi di un fenomeno in costante diffusione e ormai consolidato, soprattutto come conseguenza di esigenze socio-politiche negli ultimi anni” spiega Alberto Perfumo, Ceo Eudaimon.

Dal rapporto emerge anche che il 79,5% degli occupati apprezzerebbe un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare. In generale, il 61,5% degli occupati reputa adeguata l’attenzione aziendale in relazione alle esigenze dai lavoratori con figli, il 71% quella alle esigenze delle donne che rientrano dalla maternità, il 62,9% alle esigenze delle persone con una salute fragile e il 52,3% alle condizioni basiche dei lavoratori, ad esempio la sicurezza.

Invece, per il 61,7% degli occupati, l’azienda non è abbastanza attenta al benessere psicofisico generale di tutti i lavoratori, anche di quelli senza problematiche specifiche. Sottolineano di più questo deficit di attenzione aziendale, gli impiegati (62,3%) e gli operai (68,4%).

Continua Perfumo:“Ciò che senza dubbio emerge dal Rapporto, è la necessità di un salto culturale del welfare aziendale – che poi è la riscoperta della sua identità – per cogliere le sfide del momento e per rispondere efficacemente ai bisogni di aziende e lavoratori. Le prime si trovano a fare i conti con un mercato del lavoro sempre più competitivo, ma con sempre meno mezzi per giocare la partita dell’attraction e della retention. I secondi, disaffezionati al lavoro, esprimono una domanda di ascolto, riconoscimento e attenzione al proprio benessere”.

E conclude: “Entrambi sono consapevoli che il welfare aziendale, oltre alle ormai consolidate ma fuorvianti finalità retributive, possa contribuire concretamente al benessere dei lavoratori attraverso un approccio nuovo, individuale, attivo, che superi l’obsoleto approccio riparativo o rivolto solo a lavoratori in difficoltà e che invece migliori la qualità della vita di tutti”.

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